L’economia in una pagina

Storia Libera anno VI (2020), n. 11

Mark SKOUSEN  

A cura e traduzione di Bernardo Ferrero*

________________

Mark Skousen (1947-viv.) è un economista americano, autore di oltre 25 libri. È former president di FEE – Foundation for Economic Education e membro della Mont Pelerin Society. Tuttora ricopre il ruolo di presidential fellow all’università di Chapman, in California. Economics in one page è un pezzo famoso del 1997 che ora viene proposto in traduzione italiana.

____________________

«Ciò che rende [l’economia] estremamente affascinante è il fatto che i suoi principi fondamentali sono così semplici che potrebbero essere sintetizzati in una sola pagina. Eppure sono in pochi a capirlo» (1) . La suddetta dichiarazione di Milton Friedman del 1986 mi ha fatto pensare a lungo: sarebbe veramente possibile riassumere i principi fondamentali dell’economia in una sola pagina?

Alla fine Henry Hazlitt, a suo tempo, in Economia in una lezione (2) ci diede prova di come fosse possibile sintetizzarli in un solo libro (3). E se provassimo addirittura a concentrarli in un’unica pagina?

Milton Friedman

Friedman stesso, quando fece quella dichiarazione in un’intervista nel 1986, non cercò di compilare alcuna lista. Io invece ci provai e dopo aver buttato giù una pagina preliminare che riassumeva questi principi, mi ricordo di avergli mandato una copia.

Nella sua risposta Friedman aggiunse alcuni suoi spunti, ma in definitiva rimase insoddisfatto del mio tentativo. Ora però che sono riuscito a completare questa lista ho raggiunto la conclusione che Friedman e Hazlitt avevano pienamente ragione. I principi dell’economia, in fin dei conti, sono semplici.

Abbiamo la domanda e l’offerta. Il costo di opportunità. Il vantaggio comparativo. Il concetto degli utili e delle perdite. Il processo di concorrenza. La divisione del lavoro. E così via.

Un mio collega arrivò, addirittura, a suggerirmi che l’economia potesse essere ridotta ad una sola parola: prezzo. Oppure “costo” come gli feci notare io. Tutto, effettivamente, ha sia un prezzo che un costo. Inoltre, le ricette per una politica economica sensata sono evidenti, dirette e chiare: bisogna lasciare che sia il mercato e non i burocrati di Stato a determinare i prezzi e i salari.

Il governo deve starsene alla larga dalle politiche monetarie. Le imposte devono essere ridotte al minimo. Il governo dovrebbe fare solo quelle cose che gli individui non sono in grado di svolgere. Il governo non deve vivere al di sopra dei propri mezzi.

Leggi e regolamentazioni devono essere le stesse per tutti, in modo che nessuno possa godere di diritti acquisiti o di privilegi erogati dall’alto. I dazi sulle importazioni e le barrierie commerciali devono essere eliminati per quanto possibile. In somma: il governo che governa meglio è quello che governa di meno.

Sfortunatamente, però, gli economisti — il più delle volte — si dimenticano di questi principi fondamentali perdendosi in modelli esoterici, teorie sciocche e inutili ricerche accademiche (4). In altre parole si sottraggono ad un’analisi economica realista importando i modelli matematici dalle scienze naturali.

Ecco perché propongo nella pagina che segue un riassunto di quelli che secondo me sono i principi fondamentali dell’economia oltre che i tratti caratteristici di una politica economica sensata.

Economia in una Pagina

1) L’interesse individuale. Come sosteneva Adam Smith, ogni individuo eredita il desiderio di migliorare la propria condizione dal grembo materno e questo desiderio accompagna l’essere umano fino alla tomba. L’individuo agisce sempre con il proposito di migliorare la sua condizione. Egli lavora, produce e consuma avendo come obiettivo supremo quello di migliorare il suo benessere. Una conseguenza di tutto questo è che nessuno spende il denaro degli altri con la stessa cautela e saggezza di come spende il denaro proprio.

2) La crescita economica. La chiave per uno standard di vita più elevato è quella di favorire ed espandere i risparmi, l’accumulo di capitale, l’educazione e la tecnologia.

3) Il commercio. In tutti gli scambi volontari sia il consumatore che il venditore guadagnano. La transazione, difatti, non si verificherebbe qualora ambedue le parti non fossero convinte di trarre beneficio dallo scambio. Di conseguenza, un aumento del commercio tra individui, gruppi e popolazioni beneficia, ex ante, tutti i partecipanti.

4) La concorrenza. Dato che le risorse esistenti sono limitate e scarse, e dato appunto l’imprescindibile fatto che i desideri e le necessità degli individui sono illimitate, la concorrenza esisterà sempre in tutte le società, e non può mai essere abolita attraverso decreti governativi.

5) La cooperazione. Dato che la maggioranza delle persone non è autosufficiente e pressoché tutte le risorse naturali devono essere trasformate perché possano diventare utilizzabili, tutti gli individui — lavoratori, proprietari terrieri, capitalisti e imprenditori — devono lavorare congiuntamente per produrre beni e servizi di valore.

6) La divisione del lavoro e il vantaggio comparativo. Ogni individuo è una figura a sé stante. Le differenze di talento, di intelligenza, di conoscimento, di destrezza e di proprietà in definitiva portano alla specializazione. Di conseguenza ogni individuo o gruppo di individui si concentrerà in quella linea di produzione dove risulta essere più efficente, ovvero dove detiene un vantaggio comparativo relativamente maggiore.

7) La dispersione della conoscenza. Le interazioni giornaliere tra milioni di individui producono una moltitudine di informazioni che sono impossibili da apprendere e processare per mano di un gruppo ristretto di persone. Le informazioni riguardo al mercato — ovvero riguardo le preferenze dei consumatori e la scarsità (o abbondanza relativa) di beni e servizi — sono diverse, disperse e diffuse, a tal punto che non potrebbero mai essere captate o calcolate da un’autorità centrale.

8) I profitti e le perdite. L’esistenza dei profitti e delle perdite garantisce un meccanismo spontaneo che guida gli imprenditori ad allocare le risorse in maniera efficente e produttiva. In definitiva il meccanismo del profit and loss indica ciò che si deve e non si deve produrre nel lungo termine.

9) Il costo di opportunità. Dato che il tempo e le risorse sono scarse, lo scambio è implicito in ogni azione dato che ogni scelta è accompagnata da un sacrificio. Se un individuo vuol fare qualcosa, dovrà scegliere tra una varietà di opzioni quella che ritiene essere la migliore nel contesto specifico della sua azione. Il prezzo di questa azione equivale al valore delle alternative che si è dovuto accantonare per conseguire il fine intrapreso.

10) La teoria dei prezzi. I prezzi sono determinati dalle valorizazzioni soggettive dei compratori (leggasi domanda) e dei venditori (leggasi offerta), e non da qualche misterioso costo obiettivo di produzione. Ceteris paribus quanto maggiore sarà il prezzo, minore sarà la quantità che i consumatori saranno disposti a comprare e maggiore la quantità che i venditori saranno disposti a mettere in vendita.  

11) La causalità. Ad ogni causa segue un effetto. Le azioni affettuate per mano di individui, imprese e governi hanno un impatto su altri agenti economici, impatti questi che possono essere previsti, anche se il livello di previdibilità dipende dalla complessità delle azioni coinvolte.  

12) L’incertezza. Il rischio e ancor di più l’incertezza sono due fattori imprescindibili nella vita di ogni giorno, inserti nella concezione di tempo futuro. Il futuro è sostanzialmente incerto perché le persone rivalutano completamente i loro piani d’azione, apprendono i propri errori e cambiano le proprie idee. Tutto ciò rende pressoché impossibile prevedere quale sarà il comportamento delle persone nel futuro.  

13) L’economia del lavoro. Nel lungo termine esiste solo una maniera per incrementare i salari dei lavoratori: aumentando la loro produttività. E maggior produttività è possibile solo con un incremento nel numero di beni capitali per lavoratore, così da rendere quest’ultimo più efficiente e produttivo. La disoccupazione cronica si ha invece quando ci si dimentica di questa grande verità e si procede con atti governativi o richieste sindacali che fissano il prezzo del fattore lavoro al di sopra del valore di mercato.  

14) I controlli governativi. Qualsiasi tipo di controllo governativo, sia esso sui prezzi o sui salari, potrà beneficare certi individui o gruppi, ma mai la società nel suo insieme. In ultima istanza, questi controlli generano carenze, mercati neri, e un deterioramento della qualità e dei servizi. I pasti gratis, per definizione, non esistono.  

15) Il denaro. I tentativi deliberati volti ad una svalutazione monetaria per mezzo di politiche di inflazionistiche riducono il tasso d’interesse. L’espansione creditizia e l’abbassamento artificiale del tasso d’interesse distorcono la struttura produttiva generando il ciclo economico. Gli agenti privati perciò — non lo Stato — devono arrogarsi la responsabilità di allocare il denaro e il credito secondo i criteri del mercato.  

16) Le finanze pubbliche. Qualunque amministrazione pubblica che voglia essere meno distruttiva possibile deve tener conto delle seguenti cose: 1) il governo non deve fare nulla che le iniziative private non possono fare meglio; 2) il governo non deve spendere più di quanto incassa; 3) il governo non deve vivere al di sopra dei propri mezzi; 4) occorre fare delle analisi costi/benefici: i benefici marginali devono sempre eccedere i costi marginali; 5) è fondamentale rispettare il principio di responsabilità: le persone che traggono beneficio da un servizio devono pagare con i propri soldi.

___________________

* Ha studiato alla School of Oriental and African Studies (parte delle University of London) dove ha conseguito la laurea in Economia e Scienze Politiche (Economics and Politics) nell’estate del 2018. Ha poi iniziato a seguire il master in Austrian Economics alla Juan Carlos Rey University di Madrid sotto la guida del prof. Jesús Huerta de Soto. È appassionato di liberalismo classico e dell’approccio Austriaco alle scienze sociali. È stato più volte un alumnus della Mises University presso l’istituto Mises in Alabama e contribuisce occasionalmente — con articoli su temi economico-politici e con traduzioni — al giornale online «mises.org» (https://mises.org/profile/bernardo-ferrero). Da aprile 2017 si è unito alla redazione di «StoriaLibera».

1) Milton FRIEDMAN, Interview in Roger W. SPENCER – David A. MACPHERSON (edited by), Lives of the Laureates: Twenty-three Nobel Economists – Sixth edition, MIT Press, Cambridge (Massachusetts) 2014, p. 55.  

2) Henry HAZLITT, L’economia in una lezione. Capire i fondamenti della scienza economica, Istituto Bruno Leoni Libri, Torino 2012.  

3) In questo stesso fascicolo di «StoriaLibera» è pubblicata la recensione di Marco Respinti del famoso testo di Hazlitt (cfr. p. 157- 162).

4) La situazione è stata descritta da Klamer e Colander. Cfr. Arjo KLAMER – David COLANDER, The Making of an Economist, Westview Press, Boulder (Colorado) 1990, p. XIV. Cfr. anche David COLANDER – Reuven BRENNER, Educating Economists, University of Michigan Press, Ann Arbor (Michigan) 1992.