n.84 Dicembre 2019
di James Bascom
A prima vista sembrerebbe che marxismo, socialismo e comunismo abbiano poco a che fare con l’ecologia. Dopotutto, i paesi comunisti ed ex comunisti come Russia e Cina sono probabilmente i peggiori trasgressori ambientali della storia. Basta citare Chernobyl per ricordare l’immenso disprezzo dei governi comunisti per la natura. Ed oggi la Cina è di gran lunga il paese che inquina di più al mondo.
Tutto ciò non sorprende, in quanto Marx, Lenin, Stalin e Mao elogiavano l’industria pesante – le acciaierie, le raffinerie di petrolio e le fabbriche chimiche – come parte integrante del comunismo. Nei loro scritti difesero la necessità di dominare in maniera brutale e opprimente la natura, costruendo enormi centrali idroelettriche, canali e altri simili progetti.
Perché, allora, a partire dalla caduta del muro di Berlino, i socialisti hanno abbracciato l’ecologia in modo così entusiasta? Perché le persone che vivevano il marxismo come un credo e trascuravano la devastazione comunista dell’ambiente durante la guerra fredda sono diventate adoratrici di Gaia? Perché il colore verde è diventato il nuovo rosso?
Perché, dopo un’attenta analisi, è chiaro che il marxismo e l’ecologia moderna hanno davvero molto in comune. L’ecologia è sia il naturale successore che l’applicazione più radicale dei principi del marxismo, del socialismo e del comunismo. Tutti condividono gli stessi principi e gli obiettivi finali. L’ecologia, infatti, è una tappa più avanzata dello stesso processo storico descritto dal professore brasiliano Plinio Correa de Oliveira nel suo libro «Rivoluzione e Controrivoluzione». Gli stessi desideri anarchici ed egualitari, evidenti nella rivolta protestante, nella Rivoluzione Francese e in quella comunista, trovano la loro realizzazione e il loro sbocco nell’ecologia e nella sua incarnazione del XXI secolo: il tribalismo indigeno, che il Sinodo dell’Amazzonia sta proponendo alla Chiesa.
Il marxismo, ispirandosi alla Rivoluzione francese, adottò l’uguaglianza economica assoluta come principio fondamentale. Nel pensiero comunista, la giustizia e la moralità esistono nella misura in cui vengono eliminate le disuguaglianze di ricchezza. Applicando alla società gli stessi principi utilizzati da Charles Darwin alla biologia, il comunismo sposa anche l’evoluzionismo.
Comunismo ed ecologia
Per il marxismo, la lotta di classe è il principale mezzo per raggiungere la perfetta uguaglianza. “La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classe“, scrissero Karl Marx e Friedrich Engels nel «Manifesto del Partito Comunista».
Per imporre l’utopia comunista, le classi superiori devono essere eliminate, se necessario anche con la violenza. Il fine ultimo è una società utopica senza classi, gerarchie, disuguaglianze e soprattutto proprietà privata. “I comunisti – continuano Marx ed Engels – possono riassumere le loro teorie in questa proposta: l’abolizione della proprietà privata“.
Pochi sanno, tuttavia, che Karl Marx e Friedrich Engels incorporarono l’ecologia nelle loro teorie comuniste.
Secondo Marx, l’uomo è un tutt’uno con la natura: “Le piante, gli animali, le pietre, l’aria, la luce, ecc., costituiscono (…) una parte della vita umana e dell’umana attività (…). (il fatto che) l’uomo viva della natura vuol dire che la natura è il suo corpo, con cui deve stare in costante rapporto per non morire. Che la vita fisica e spirituale dell’uomo sia congiunta con la natura, non significa altro che la natura è congiunta con se stessa, perché l’uomo è una parte della natura” (Karl Marx, Manoscritti economici e filosofici, p.110-111).
A sua volta, Engels afferma che, essendo “una sola carne” con la natura, inizialmente l’uomo la rispettava. Il suo dominio sulla natura era fraterno più che oppressivo: “Non dominavamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero, opprimendolo. Non dominavamo la natura come qualcuno diverso da lei, ma come qualcuno che è un tutt’uno con la natura. Apparteniamo alla natura, siamo una sola carne e un solo sangue con la natura, siamo un solo cervello con la natura. Viviamo nel suo grembo” (Dialettica della natura, 1876).
Questo stato idilliaco – che Engels identifica con le tribù primitive – è stato reso possibile dall’assenza di proprietà privata. Gli uomini non pensavano nei termini di “io” e “mio”, ma in termini di “noi” e “nostro”. Non c’erano gerarchie e quindi nessun dominio dell’uno sull’altro.
Ad un certo punto, ci fu una violenta rottura nelle relazioni umane. Il “noi” comunitario ha lasciato il posto all”‘io”, e quindi al “mio” individualista. Alcuni iniziarono a esercitare il proprio dominio sugli altri. Innanzitutto appropriandosi delle donne (da cui viene la famiglia). Quindi dei mezzi di produzione (da cui la proprietà privata). Infine, appropriandosi dei meccanismi del potere (l’emergere dello Stato). Nacque così la gerarchia, e con essa l’oppressione e l’alienazione. Tale rottura influì anche sui rapporti con la natura, in relazione alla quale l’uomo iniziò a esercitare lo stesso tipo di dominio oppressivo esercitato dalle classi superiori sulle quelle inferiori (Engels, L’origine della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato, 1890).
Engels conclude che l’epitome di questa oppressione dell’uomo sulla natura è il capitalismo basato sulla mentalità borghese, il cui unico scopo è il profitto indipendentemente dal danno ambientale. Un pensatore comunista italiano ha ben riassunto questo pensiero: “Le radici della violenza contro la natura e l’ambiente vanno cercate nella proprietà privata, nelle leggi del massimo profitto, nelle ragioni e regole della società capitalistica‘” (Giorgio Nebbia, L’Ecologia è una scienza borghese?).
Da queste premesse, pensatori comunisti e anarchici come Piotr Kropotkin e Henry David Thoreau iniziarono ad analizzare le radici della violenza dell’uomo contro la natura come intrinseca al sistema capitalista e borghese basato sul consumismo. Di conseguenza, videro l’ecologia come un elemento necessario della rivoluzione socialista / comunista / anarchica dei quali erano alfieri.
Essi sostenevano che la Rivoluzione avrebbe trionfato del tutto solo se la “liberazione” del proletariato dalla borghesia sarebbe stata accompagnata dalla “liberazione” della natura dell’oppressione dell’uomo. Non c’è da stupirsi che Marx abbia chiesto la liberazione degli animali, citando Thomas Münzer, leader della rivolta contadina tedesca all’inizio del XVI secolo: “Tutte le creature sono state trasformate in proprietà: i pesci nell’acqua, gli uccelli nell’aria, le piante sulla terra; anche le creature devono liberarsi!” (Sulla questione ebraica, 1844).
Più tardi, le scuole neo-marxiste svilupparono il concetto di “imperialismo di specie”, cioè l’imperialismo dell’uomo sulla natura, che rispecchia quello esercitato dalle classi superiori su quelle inferiori e da quelle più forti su quelle più deboli. Sviluppando ulteriormente queste idee, le correnti rivoluzionarie degli anni ’50 e ’60 arrivarono a mettere in discussione l’intera società industriale per essere intrinsecamente oppressiva della natura. Da qui sono nati i movimenti ecologisti e anti-consumisti.
Ecologia
L’ecologia moderna è nata nello stesso periodo in cui Karl Marx e Friedrich Engels svilupparono le teorie comuniste. Il termine “ecologia” venne coniato nel 1866 dal naturalista tedesco Ernst Haeckel. Per ecologia egli intendeva una sorta di “economia della natura” che studiava lo scambio di materia ed energia tra gli organismi viventi e l’ambiente. Con questo, creò le basi scientifiche del moderno movimento ecologico.
Discepolo fanatico di Charles Darwin, Haeckel vedeva la natura come un ecosistema in cui organismi più capaci lottano per la sopravvivenza.
Come Darwin, anche lui fondò una nuova religione naturalista e panteista che intendeva sostituire il cristianesimo in Germania: la Lega Monista. A differenza del cristianesimo, che fa una distinzione tra l’universo materiale e Dio, il principio primo del monismo è che l’universo è composto da un’unica sostanza. Haeckel scrive: “Il dualismo (…) divide l’universo in due sostanze completamente distinte: il mondo materiale e un Dio immateriale, rappresentato come suo creatore, reggitore e sovrano. Il monismo, al contrario (…) riconosce una sostanza unica nell’universo, che è allo stesso tempo Dio e natura, corpo e spirito (o materia ed energia), che considera inseparabili. Il Dio extra-mondano del dualismo conduce necessariamente al teismo; e il Dio intra-mondano del monismo porta al panteismo “.
Secondo Haekel, il monismo vede l’intero universo come un’unità fatta della stessa sostanza. Pertanto, umani, animali, piante e minerali hanno tutti lo stesso valore morale e una fondamentale uguaglianza. Il monismo è essenzialmente panteismo. Come ha scritto lo stesso Haekel: “L’idea monistica di Dio (…) riconosce lo spirito divino in tutte le cose (…) Dio è ovunque (…) Possiamo quindi rappresentare Dio come la somma infinita di tutte le forze naturali, la somma di tutte le forze atomiche e di tutte le vibrazioni eteree“.
Haeckel insegnava che la natura è la fonte di ogni verità, la sola guida del comportamento umano. Disprezzava la Rivelazione cristiana come un mito abominevole che allontana le persone dalla vera fonte della verità, che è la natura stessa. “Solo nel tempio dello studio della natura si può trovare la verità non adulterata, e (…) la dea della verità dimora nel tempio della natura, nei boschi verdeggianti, nel mare azzurro e sulle cime innevate delle colline – non nell’oscurità del chiostro (…) né nelle nuvole di incenso delle nostre chiese cristiane (…) I percorsi che conducono alla nobile divinità della verità e della conoscenza sono lo studio amorevole della natura e delle sue leggi (…) e non delle cerimonie insignificanti e delle preghiere prive di pensiero“.
La società umana, insegnava, deve essere demolita e riorganizzata secondo le regole del mondo naturale. Tutte le istituzioni sociali, le tradizioni e le religioni che separano l’uomo dal mondo naturale devono essere abolite.
Le idee di Haeckel sull’ecologia si diffusero rapidamente alla fine del XIX e anche nel secolo XX. Charles Darwin, Konrad Lorenz, Alexander von Humbolt e Cari Ritter in Europa, e Henry David Thoreau, John Muir, Aldo Leopold, Rachel Carson e David Brower in America, tra gli altri, contribuirono o svilupparono le idee di Haeckel e del monismo. Non c’è da stupirsi che fossero tutti socialisti o di estrema sinistra.
Nel 1890, il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer parlò a nome di molti scrivendo che “l’errore fondamentale del cristianesimo [è] (…) la distinzione innaturale che fa tra l’uomo e il mondo animale, a cui effettivamente appartiene. Considera l’uomo come molto importante e gli animali semplicemente come delle cose“.
Ecologia profonda
La cosiddetta “ecologia profonda”, sviluppata dal filosofo norvegese Arne Naess negli anni ’60 e ’70 e resa popolare dal filosofo americano George Sessions, ha portato ancora più avanti le idee del monismo e dell’ecologia; su di essa si basa quasi tutto il pensiero ecologico attuale.
L’ecologia profonda va oltre le idee radicalmente egualitarie del monismo. Ritiene che tutta la vita non umana, dagli animali agli organismi monocellulari, abbia pari valore dell’uomo e un obiettivo ultimo che non si trova nell’uomo ma in se stessa. Un cane, un fiume, un serpente, una mosca, un microbo, una montagna e un bambino hanno tutti lo stesso valore. Pertanto, la Terra non esiste per servire l’uomo, ma ha un fine in sé stessa.
I suoi seguaci detestano ciò che chiamano “arroganza cristiana verso la natura”. Fu la Chiesa Cattolica che insegnò all’uomo occidentale ad usare la natura per i suoi fini egoistici e a non vivere in comunione con essa, in perfetta uguaglianza, come fanno i buddisti o gli indiani delle Americhe. L’ecologista profondo Chellis Glendinning arriva persino a comparare gli effetti della nostra civiltà moderna al dogma cattolico del peccato originale, definendolo il “Trauma Originale” che presumibilmente causa diffusi disturbi psicologici ed emotivi. –
L’ecologista profondo americano Gary Snyder scrive che quando gli esseri umani si considerano superiori alle piante e agli animali, “ignoriamo la nostra stessa natura e ci confondiamo sul concetto di essere umano. Tale confusione deriva dal fatto che ci consideriamo indipendenti e superiori alle altre forme di vita, piuttosto che accettare di partecipare come uguali in un mondo apparentemente caotico e totalmente interdipendente dalla vita selvaggia“.
Gli ecologisti profondi odiano la civiltà occidentale per il suo ruolo nello stabilire una gerarchia dell’uomo rispetto alla natura. Thomas Berry, un sacerdote passionista nord-americano autonominatosi “geologo”, descrive la civiltà umana contemporanea come una forma di “patriarcato” che opprime il mondo naturale. Per lui, esistono quattro oppressioni patriarcali di base che devono essere distrutte: quello dei governanti sulle persone, degli uomini sulle donne, dei proprietari sui non proprietari e degli umani sulla natura.
Questo egualitarismo arriva a un punto tale che l’ecologista profondo Jack Turner scrive che dovremmo “vederci come cibo” per gli altri animali così come loro servono di alimento per noi. Gli esseri umani devono “abitare” l’ordine biologico senza privilegi rispetto agli altri animali, “per essere in armonia con Gaia“. Se i bisogni umani dovessero entrare in conflitto con quelli dei non umani, gli umani dovrebbero dare loro la priorità.
Arne Naess ammette che la società deve cambiare il suo atteggiamento verso la Terra e sottomettersi a quella che chiama la “democrazia del nucleo della biosfera”, cioè l’ideologia radicalmente egualitaria dell’ecologia profonda. Altrimenti, ammette che “avremo bisogno di una dittatura per salvare ciò che resta della diversità delle forme di vita (…). Una via ‘morbida ‘ che richieda una vita in armonia con la natura o una via ‘dura’ che richieda dittatura e coercizione – sono le opzioni“. “Quanto più aspettiamo per apportare le modifiche necessarie, tanto più drastiche saranno le misure richieste“.
Gli ecologisti profondi sono entusiasti della vita in comunità e rifiutano la proprietà privata. Gary Snyder scrive che “la complicazione di possedere dei beni, le nozioni di ‘mio e miei’ sono ostacoli che ci impediscono di avere una visione vera, chiara e libera del mondo “.
In effetti, per gli ecologisti profondi, le società più vicine all’ideale sono le tribù primitive degli indiani delle Americhe. Il loro stile di vita è di sussistenza, senza tecnologia, civiltà, gerarchia o proprietà privata, e adorano come divinità la terra, il sole e la natura.
L’ecologista profondo George Sessions elogia le “culture della maggior parte delle società primitive (di caccia/raccolta) in tutto il mondo (…) permeate da religioni orientate alla natura che esprimevano la prospettiva ecocentrica“.
Odio a Dio
Come abbiamo visto, il comunismo e l’ecologia hanno molti principi in comune. Entrambi sono utopici e radicalmente egualitari, rifiutano il cristianesimo e la nozione di un Dio personale, odiano la civiltà dell’Europa occidentale, sono anarchici, difendono l’evoluzione e rifiutano qualsiasi forma di proprietà privata. Di fatto, l’ecologia moderna può essere vista semplicemente come una forma più avanzata di socialismo, con connotazioni quasi religiose.
Questo tipo di ecologia fa parte del processo rivoluzionario analizzato da Plinio Correa de Oliveira in «Rivoluzione e Controrivoluzione». Commentando l’incontro di Eco 92 sponsorizzato dall’ONU a Rio de Janeiro, dichiarò: “[La] Rivoluzione ha voluto rovesciare l’autorità ecclesiastica attraverso il protestantesimo, l’autorità temporale attraverso la Rivoluzione Francese e le disuguaglianze socioeconomiche attraverso il comunismo. Ora vuole rovesciare la gerarchia in modo che l’uomo non possa più dominare la natura, ma debba obbedirle. Da re della natura, l’uomo ne diventa servo. A quanto pare, l’ecologia altro non è che la metamorfosi del comunismo. La rivoluzione vuole distruggere l’autorità che Dio ha dato all’uomo sulla natura e metterlo al servizio di qualcosa a lui inferiore. Questo è contro l’ordine della creazione stabilito da Dio. Quindi, a coloro che affermano che il comunismo è morto, rispondiamo che questo egualitarismo ecologico realizza l’utopia egualitaria e anarchica del comunismo“.
Tuttavia, l’elemento comune più importante tra ecologia e socialismo è l’entusiasmo per la vita tribale primitiva, pagana e precristiana, esemplificata dagli indiani delle Americhe.
Già nel 1928, al Sesto Congresso Mondiale dell’Internazionale Comunista a Mosca, i partiti comunisti dell’America Latina furono istruiti a lottare per l’autodeterminazione delle tribù indigene, a produrre propaganda nelle lingue indigene e a tentare di conquistare gli indios alla causa comunista. Negli anni ’30, i partiti comunisti peruviani e cileni iniziarono a muoversi per la creazione di repubbliche indigene indipendenti nei rispettivi paesi. Nel 1950 i comunisti messicani lanciarono lo slogan: “Autonomia nell’amministrazione regionale e locale” per le popolazioni indigene. E la Seconda Dichiarazione dell’Avana, pubblicata nel 1962 a Cuba da Fidel Castro, invocava la causa degli indios, dei meticci e dei neri con il fine di trasformarli in un potente esercito per la rivoluzione.
L’indio primitivo pre-cristiano delle Americhe funge da modello per il socialismo e per l’ecologia. Fu in America Latina, e in particolare in Brasile, negli anni ’70, che la sinistra cattolica adottò e attuò tali idee. Il marxista Leonardo Boff, ex frate francescano brasiliano, teologo della liberazione e coautore della Laudato Sii, lo riassume bene quando afferma che “il grido della Terra è il grido dei poveri e il grido dei poveri è il grido della Terra, la nostra Madre Terra” che è “crocifìssa ed è nostro compito salvarla, come abbiamo fatto con i poveri per decenni”.
In risposta a questa rivoluzione, nel 1977 Plinio Correa de Oliveira scrisse «Tribalismo indigeno: ideale comunista-missionario per il Brasile del XXI secolo».
Lì, il professor Plinio mostrò come i missionari della sinistra cattolica in Brasile vedevano nello stile di vita, nella morale e nella religione degli indios brasiliani l’espressione, nel suo più alto grado, dei principi del socialismo e dell’ecologia. Gli indios primitivi vivono senza capitalismo, proprietà privata, fede o morale cristiana, in armonia con la terra. In altre parole, vivono l’utopia socialista ed ecologica.
Pertanto, per salvare la Terra e sé stessi dalla distruzione, gli occidentali devono distruggere le loro istituzioni economiche, politiche e sociali e imitare la vita tribale degli indios amazzonici.
Il vescovo Pedro Casaldàliga, una delle figure di spicco del tribalismo indigeno in Brasile negli anni Settanta, descrive sé stesso e il movimento come “transcomunista”, cioè basato sugli stessi principi del comunismo, ma portati alle più radicali conseguenze, ovvero alla perfetta realizzazione del comunismo. Allo stesso modo, il tribalismo indigeno ecologico che il Sinodo Panamazzonico intende sposare non è altro che il vecchio progetto comunista metamorfìzzato.
Il comunismo non è morto, ma vive sotto forma di ecologia. Il verde è il nuovo rosso. L’ecologia è la perfetta realizzazione del sogno egualitario di Karl Marx e la totale sovversione dell’ordine gerarchico che Dio ha stabilito nell’universo. Sarebbe impossibile concepire un maggiore rifiuto di questo ordine.
Preghiamo la Madonna di Guadalupe, patrona delle Americhe e simbolo del trionfo del cattolicesimo sul paganesimo, e della civiltà cristiana sulla barbarie, affinché smascheri e schiacci questa diabolica manovra dentro la Chiesa e nella società.