anno XX n. 1 Gennaio 2020
Giuseppe Brienza
Il volume offre un’analisi chiara e approfondita delle previsioni della legge n. 219/2017 in tema di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (DAT), alla luce dei principi che la stessa normativa dichiara di tutelare, tenendo conto dei risultati osservati nel primo periodo dalla sua entrata in vigore.
In questo senso un impatto determinante ha avuto l’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale in tema di legittimità costituzionale dell’incriminazione penale dell’aiuto al suicidio (art. 580 cod. pen.: c.d. caso Dj Fabo-Cappato), la quale ha chiesto un maniera inedita al Parlamento italiano di approvare una legge che, a talune condizioni, consenta ai pazienti di terminare la propria vita attraverso «un farmaco atto a provocare rapidamente la morte», inserendo la relativa disciplina «nel contesto della legge n. 219/2017 e del suo spirito».
Da ultimo, il 25 settembre 2019, un comunicato stampa della Corte ha annunciato di non ritenere punibile colui che agevola l’esecuzione del proposito suicida di un paziente, a determinate condizioni.
L’Autrice, che è Professore associato di Diritto pubblico presso il Dipartimento di Studi giuridici ed economici della Facoltà di Giurisprudenza, nell’Università La Sapienza di Roma, esamina criticamente tale ipotesi, considerandone i significati e le conseguenze.
In relazione al problema, individua quindi soluzioni interpretative ad alcune previsioni di difficile lettura della legge 219, in coerenza con i consolidati principi costituzionali, europei e internazionali, che non mancano di trovare corrispondenza nel Codice di deontologia medica.
Quest’ultimo, infatti, in consonanza con la World Medical Association e con i codici deontologici di tutto il mondo, prevede fra i doveri del medico quello della «tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona» e chiarisce altresì che «il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte».
Anche per questo suscita perplessità la costruzione di un’ammissibilità giuridica dell’aiuto alla morte altrui e, a maggior ragione, di un diritto (pretensivo) all’aiuto al suicidio anche se in particolari situazioni e a determinate condizioni, come rileva nella Prefazione del libro l’ex Ministro della salute (tra il 2011 e il 2013) Renato Balduzzi, preoccupato della prevedibile«china di scivolamento che permetterà di opporre la dignità “personale” alla vita “personale” (con l’ulteriore rischio, nonostante tutta la buona volontà e la serietà di Corti e legislatori, di pervenire a una relativizzazione della stessa nozione di “vita” attraverso la locuzione “vita degna”)».
In definitiva attorno al tema del c.d. fine vita, come conferma anche la recente diatriba francese sul caso Lambert, la battaglia non è terminata e la lettura del libro La legge 219/2017 su consenso informato e DAT conferma sicuramente come tali argomenti siano cruciali non solo nel dibattito pubblico, ma soprattutto nella realtà del sistema sanitario italiano, il quale, peraltro, ancora non risulta conforme alle previsioni di un’altra legge sul fine vita, la n. 38 del 2010.
A dieci anni dalla sua approvazione infatti, come ricorda l’Autrice, il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore, qualificati «livello essenziale di assistenza», sono di fatto ben lungi dall’essere garantiti ai pazienti adulti e a quelli pediatrici che ne avrebbero diritto, come emerge sia dall’ultimo rapporto del Ministero della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge (presentato a fine gennaio 2019), sia dai risultati dell’indagine conoscitiva presentata nell’aprile 2019 dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.
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Giovanna Razzano La legge 219/2017 su consenso informato e DAT, fra libertà di cura e rischio di innesti eutanasici Giappichelli, Torino 2019, pp. XVIII-190, €22