Euro Pride, pagine di cultura gay

Dall’1 al 12 giugno si svolge a Roma una grande manifestazione gay, chiamata Euro Pride, che come al solito sarà accompagnata da dibattiti e interventi sui media che “promuovono” la cultura gay e denunciano l’omofobia, l’intolleranza della nostra società verso gli omosessuali. Nelle tante pagine e spazi audio e video in cui sarà celebrata la normalità, o meglio, la naturalità gay saranno però omessi alcuni particolari che rischierebbero di creare qualche perplessità . Ma per completezza di informazione, crediamo sia necessario proporre almeno qualche breve saggio di pensiero e cultura gay, così come viene proposto da esponenti e leader del movimento.

In particolare proponiamo alcuni brani tratti da un libro di Aldo Busi, noto attore omosessuale, e altri brani di Mario Mieli, milanese, leader e ideologo del movimento gay italiano, a cui è intestato uno storico “Circolo di cultura omosessuale” di Roma, tra gli organizzatori dell’Euro Pride. Ci scusiamo fin da ora per alcune espressioni forti e crude riportate, ma ci sembravano necessarie per far capire, tenendo conto che abbiamo accuratamente evitato frasi e passaggi decisamente più pesanti.

Da: Aldo Busi, Manuale del perfetto papà, Mondadori, Milano, 2001.

Io poi volevo ucciderlo fisicamente (mio padre, ndr), speravo sempre che mia madre l’avrebbe fatto per me pugnalandolo al cuore mentre dormiva, o che lui non tornasse a casa perchè sfracellato in un burrone dentro l’auto di uno dei suoi compagni di baldoria” (p. 31)

“E’ probabile che nella mia omosessualità ci sia una forma di attrazione non verso i maschi ma verso l’odio che mi suscitano tutti gli uomini, odio che il fare sesso con loro non ha fatto che fomentare” (p. 33)

“Perchè alla mia età escludo che ci sia stato amore per gli uomini al di là dell’attrazione sessuale” (p.36)

“Se tuttavia, come penso, avesse anche contribuito alla mia omosessualità l’odio per mio padre e un giovinotto di quindici anni che con ogni grazia me lo dava in mano quando ne avevo cinque…doppia sarebbe la mia riconoscenza nei loro confronti” (p.37)

“Qualcuno come mio padre è un gingillo di vita e di morte che mi interesserebbe ancora e abbastanza: da spellare vivo, senza fretta e fino all’ultimo respiro, stavolta, o suo o mio…” (p.40)

“Siccome non posso essere riconoscente all’amore per un uomo e di un uomo, visto che non l’ho mai provato, io sarò sempre riconoscente a mio padre per l’odio che mi ha dato, unico sentimento che tutto supera…” (p.40)

“Spero solo che l’Aids decimi loro e tutte le loro belle famigliole di crape rasate col cappellino ciellino ora in versione Forza Nuova, Forza Italia, Forza Pirla.” (p.103)

“Vorrei di nuovo sintetizzare il mio pensiero in tema di pedofilia….è ora di finirla di mischiare bambini veri e propri con gente di quindici, sedici, e spesso anche quattordici anni” …”quanto al mio concetto di adulto è del tutto rispondente alla mia generazione post bellica: io ero adulto a 13 anni”, a quell’età “il mio vero problema sessuale non era che ero molestato dagli adulti, cui appartenevo per necessità di sopravvivenza…ma perchè toccava sempre a me molestarli per primo per scoparci insieme” (p.126-130)

“Se avessi avuto la disgrazia di nascere eterosessuale, avrei scelto la castità, soprattutto se fossi nato donna” (p.39)

MARIO MIELI

Mario Mieli è un un milanese nato nel 1952 che teorizza il “comunismo polimorfo perverso”, pratica pubblicamente la coprofagia, rituali alchemici e muore suicida a 31 anni. Mieli, figlio di industriali della seta, al liceo Parini di Milano abbraccia la dottrina marxista, aderisce a “Lotta Continua” che abbandona per fondare il “Fuori” (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani) prima e poi i “Collettivi Omosessuali Milanesi”, protagonisti della contestazione dal 1971 al 1977.

A 25 anni dalla morte, viene ricordato sul sito del Circolo Mario Mieli, con un articolo firmato da Francesco Paolo dal Re (Mario Mieli, dinamite frocia contro la Norma), che inizia così: “Vestiti da donna, teatro d’avanguardia, teoria, militanza, droga, coprofagia… Il 12 maggio 1983 usciva volontariamente di scena, suicida a 31 anni, il più grande intellettuale queer italiano. Lo scintillio di una ricerca instancabile contro ogni ordine costituito, all’inseguimento dell’Eros polimorfo e perverso”.

Di Mario Mieli proponiamo alcuni brani tratti dal suo libro “Elementi di critica omosessuale”, pubblicato la prima volta da Einaudi nel 1977 e poi rieditato da Feltrinelli nel 2002.

“La società agisce repressivamente sui bambini, tramite l’educastrazione, allo scopo di costringerli a rimuovere le tendenze sessuali congenite che essa giudica «perverse» (e, in realtà, si può dire che ancor oggi vengano considerati «perversi» più o meno tutti gli impulsi sessuali infantili, compresi quelli eterosessuali, dal momento che ai bambini non viene riconosciuto il diritto di godere eroticamente). L’educastrazione ha come obiettivo la trasformazione del bimbo, tendenzialmente polimorfo e «perverso», in adulto eterosessuale, eroticamente mutilato ma conforme alla Norma.

L’ambiente in cui viviamo (in primo luogo la famiglia, cellula del tessuto sociale) è eterosessuale: in quanto tale costringe il bambino, colpevolizzandolo, a rinunciare alla soddisfazione dei propri desideri auto- e omoerotici e lo obbliga a identificarsi con un modello monosessuale di tipo eterosessuale mutilato. Ma non sempre ci riesce, evidentemente. (…) Le bambine sono tutte anche lesbiche, i maschietti sono tutti anche froci”. (p.13)

“L’eterosessualità maschile, così come si presenta attualmente, è basata pertanto sulla rimozione della «femminilità» nell’uomo e sulla rinuncia al desiderio gay e in quanto tale rappresenta una forma di sessualità alienata, poiché fondata sull’estraneazione dell’essere umano da sé. Così come si manifesta, l’eterosessualità maschile è misconoscimento di sé e quindi misconoscimento dell’altro: poiché, infatti, proiettando la propria «femminilità» sulla donna, l’uomo non riconosce più la propria «femminilità» né riconosce la donna”. (p. 24)

“Come per gli animali, così anche per quel che concerne la specie umana, considerare necessariamente la procreazione quale scopo del sesso, significa mistificare la scopata eterosessuale attribuendole una «finalità metafisica»; vuoi dire misconoscere il piacere in primo luogo fine a se stesso, o meglio al soddisfacimento della pulsione sessuale; significa essere ipocriti”. (p.44)

“In ogni caso, possiamo osservare fin d’ora quanto sia assurdo continuare a rifiutare l’omosessualità perché estranea alla procreazione, quando il pianeta soffre, tra l’altro, a causa della sovrappopolazione. La sovrappopolazione è soprattutto determinata dal repressivo persistere dei tabù antigay”. (pp.44-45)

“D’altra parte, il dogma della procreazione quale unico fine autentico della sessualità fa parte della religione e della cultura patriarcali. E’ quindi espressione di società maschili, in cui la donna, che è il vero soggetto della riproduzione (l’uomo non genera, scopa), viene repressivamente vincolata a un ruolo subordinato”. (p.45)

“La nostra ambiguità è più prossima al modo di essere dei bambini. Non per nulla siamo gay, siamo folles; e per un mondo migliore, penso davvero che l’«educazione» dei piccoli dovrebbe essere affidata alle checche e alle lesbiche: lasciate che i pargoli vengano a noi!” (p.48)

“Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro”. (p.55)

“Troppa gente pretende di «liberare il sesso» senza mettere in discussione l’ideologia del primato eterosessuale. Il culo, in particolare, resta proibito (il culo dei maschi, si intende). Intanto, la religione consacra nel matrimonio il rapporto etero, che lo Stato istituzionalizza. In questa società, la concezione diffusa dell’«amore» è di stampo prettamente eterosessuale (…) E, se l’omoerotismo viene bandito dalla società o tutt’al più tollerato, l’ideale dell’amore» eterosessuale è propagandato in ogni maniera: ma questo «amore» pubblicizzato non è amore.

Il capitale propaganda l’alienazione dell’amore: la coppia cosiddetta «normale» è basata su un legame amoroso alienato, dal momento che la donna oggettualizzata e stereotipata non è la donna, bensì la negazione della donna, e il maschio fallico e deficiente non è l’uomo, ma la negazione dell’uomo e della donna. Non si può identificare lo spettacolo dell’eterosessualità con il desiderio amoroso profondo: l’eterosessualità quale oggi si presenta non è che la forma dominante «normale» dell’Eros mutilato ed è in primo luogo negazione dell’amore tra persone di sesso diverso, oltre che negazione dell’orno-erotismo”. (p.57)

“Il tabù antiomosessuale che caratterizza la nostra civiltà occidentale è — a quanto pare — di origine ebraica: gli antichi Ebrei condannarono per primi l’omosessualità nella storia…. tramite il cristianesimo, la condanna giudaica dell’omosessualità è giunta fino a noi”. (p.61-62)

“La lotta omosessuale rivoluzionaria non ha come obiettivo il conseguimento della tolleranza sociale per i gay, bensì la liberazione del desiderio omoerotico in ogni essere umano: finché vi saranno persone «normali» che «accettano» gli omosessuali, la specie non avrà riconosciuto il proprio desiderio omosessuale profondo, non si sarà resa conto della sua universale presenza e soffrirà senza rimedio delle conseguenze di questa rimozione che è repressione.

Noi omosessuali rivoluzionari, oggi, seduciamo gli altri a imitarci, a venire con noi, affinché tutti insieme si giunga al sovvertimento della Norma che reprime l’(omo)erotismo”. (pp. 67-68)