Arriva in Italia una nuova pillola che impedisce all’embrione di anidarsi nell’utero dopo il concepimento. Un aborto dalla raffinata malizia
di Raffaella Frullone
Già approvata dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, e in commercio in Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, la pillola agisce dopo il concepimento impedendo l’annidamemento dell’embrione nell’utero.
Ma in questo caso, possiamo parlare di contraccettivo? Lo abbiamo chiesto a Bruno Mozzanega, ginecologo alla clinica ostetrica universitaria di Padova e autore di “Da Vita a Vita- Viaggio alla scoperta della riproduzione umana” (Seu editore).
«Certamente no, per una ragione semplice. L’aborto impedisce ad un individuo concepito di venire alla luce, interrompe una gravidanza in atto. La contraccezione, al contrario, per essere tale deve deve impedire il concepimento e così prevenire la gravidanza. I rapporti che possono portare al concepimento avvengono nel periodo fertile della donna, vale a dire i 4 o 5 giorni che precedono l’ovulazione. Se c’è un rapporto fertile in questi giorni, magari proprio a ridosso della ovulazione, e il farmaco può essere efficacemente assunto fino a cinque giorni dopo, è evidente che il suo effetto si palesa dopo il concepimento. In questo modo impedisce che un essere umano già concepito si annidi in utero e possa vivere».
Dunque come è possibile che un organo ministeriale lo cataloghi come «contraccettivo»?
«Si tratta di un inganno culturale. Il mondo scientifico, tramite alcune delle sue associazioni più rappresentative, pretende di stabilire che la gravidanza inizi solamente dopo l’impianto, ma come è facile intuire la vita inizia prima. La legge 405 del 1975, che istituisce i consultori familiari e definisce i contorni della procreazione responsabile, la finalizza alla tutela della donna e del prodotto del concepimento, il concepito che emerge dall’incontro di uovo e spermatozoo e che in quel preciso istante inizia a vivere. Siamo in presenza di un tentativo di svalutare la vita dell’embrione prima del suo impianto e di consentirne l’eliminazione facendo rientrare il tutto nell’ambito della “contraccezione” ».
In realtà, qualora il farmaco dovesse essere adottato, sarà somministrato soltanto dopo che la donna avrà effettuato un test di gravidanza. E il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha definito questa procedura «un paletto importante»…
«Questo rende ancora più palese la contraddizione. Mi spiego. Innanzitutto dobbiamo chiarire che il test di gravidanza è in grado di rilevare una gestazione in atto grazie all’hCG ossia la gonatropina prodotta dall’embrione al fine di mantenere nell’utero le condizioni indispensabili al proprio sviluppo, ma essa si rileva solo 7-8 giorni dopo il concepimento, non certo nei 5 giorni successivi ad un rapporto potenzialmente fertile. Dunque non siamo in presenza di nessun paletto. Credo che il sottosegretario Roccella tema piuttosto il rischio che molte donne ricorrano a ellaOne come sostitutivo della RU486, con la quale condivide molte affinità di azione, e dunque a gravidanza già diagnosticata. Produrre il test dovrebbe scongiurare questo abuso, ma nulla vieta alla donna di attendere prima di assumerla, o di farsene una riserva da utilizzare al bisogno. D’altra parte, questo non fa che confermare che siamo in presenza di un farmaco in grado di determinare l’aborto».
Il presidente emerito del Pontificio Consiglio per la vita, mons. Elio Sgreccia, ha parlato di «aborto dalla raffinata malizia»…
« E io lo ribadisco, si tratta di un grande inganno culturale. Mi preoccupa certamente che le ragazzine o le donne assumano questa pillola, ma ancora più grave è che le stesse vengano indotte ad usarla, tranquillizzate da una informazione artatamente falsa, senza sapere. E’ evidente che si tratta di un inganno perché il concepito è vivo. I morti non vanno da nessuna parte, e certo non si annidano in nessun utero».