Sulla pressione fiscale: qua c’è un terzo di troppo

Ricognizioni 21 Maggio 2020  

di Marco Manfredini

Qualche giorno fa esponevamo un’affermazione di principio legata al buon senso che diceva: Le tasse sono un furto se travalicano un certo livello. Se qualcuno non è d’accordo è inutile che continui a leggere; per tutti gli altri credo sia di un certo interesse provare a rispondere alla domanda “Sì, ma qual è questo livello?”

Gli esperti propongono un indice, un tetto entro il quale il prelievo fiscale può essere contenuto. Lo indicano intorno al 30/35 percento del prodotto interno lordo […]. Tale percentuale è comprensiva sia della quota derivante dalle imposte dirette (oltre un terzo) sia da quella delle imposte indirette (circa un quarto), sia, infine, da contributi sociali (la più elevata delle due). (1)

Non sarà magistero (che del resto non può entrare in questioni troppo “tecniche”), ma l’indicazione di massima fornita dal teologo francescano padre Gino Concetti (1926-2008) in un vecchio libretto sull’etica fiscale ci sembra alquanto ragionevole.

La logica dei terzi viene abbastanza naturale per suddividere certi aspetti della vita: in una giornata tipo equamente organizzata ad esempio abbiamo un terzo del tempo per lavorare, uno per riposare, e un altro da dedicare ad ulteriori attività più libere.

Se percepiamo un certo reddito non pare inopportuno che un terzo finisca all’erario per far funzionare il sistema-paese con tutti i suoi servizi e funzioni, un terzo copra il necessario per sopravvivere dignitosamente e l’ultimo sia utilizzabile a nostra discrezione (interessi, investimenti, vacanze, beneficienza, risparmio, eccetera).

Prendiamo per buona quindi la norma “naturale” che l’imposizione fiscale si debba sommariamente aggirare sul 33% del PIL, vale a dire un terzo del reddito di un privato o dell’utile di un’azienda. Traduciamo il tutto arrotondando in semplici percentuali:

  • Imposte dirette 11% (1/3 di 1/3)
  • Imposte indirette 8% (1/4 di 1/3)
  • Contributi 14% (il rimanente, 5/12 di 1/3)

Per un totale del 33%. Le imposte dirette sono quelle che colpiscono direttamente il reddito o il patrimonio, principalmente IRPEF, IRES, IRAP, IMU, ritenute su dividendi; le imposte indirette incidono sugli acquisti: IVA, imposte di registro, bolli, successioni e donazioni; per contributi si intendono i versamenti obbligatori ai fini pensionistici. Specificato ciò, vediamo come stanno le cose nella realtà, utilizzando una tabella elaborata dal Centro Studi Unimpresa in base a dati previsionali ufficiali relativi al 2019 (in miliardi di €, arrotondati al miliardo) (2).

  • PIL 2019 1.778 (100%)
  • Imposte dirette 249 (14%)
  • Imposte indirette 257 (14,4%)
  • Contributi 241 (13,5%)

A occhio sono distribuite piuttosto equamente, ma il totale fa 747, ovvero il 42% sul PIL. Inoltre questi dati vanno corretti, perché succede che non tutto il PIL in realtà è soggetto a imposizione. Nel dato ufficiale vengono comprese infatti anche attività un po’ particolari: il contrabbando di sigarette, la prostituzione, il traffico di stupefacenti, e non vogliamo sapere altro. Si calcola che circa un ottavo di questo dato sia sommerso, quindi, come insegna la nota CGIA di Mestre (3), occorre rifare i conti per calcolare l’incidenza fiscale solo su chi effettivamente la “subisce”:

  • PIL 2019 1.555 (100%-12,5%)
  • Imposte dirette 249 (16%)
  • Imposte indirette 257 (16,5%)
  • Contributi 241 (15,5%)

Sono sempre 747 miliardi, ma aggiornando il denominatore adesso rappresentano un più realistico 48% del PIL legale, un dato che inizia ad avvicinarsi all’imposizione “percepita”. Sempre calcolatrice alla mano vediamo di quanto i prelievi eccedono la sopportabilità naturale media: risulta che le imposte dirette siano un 45% in più di quanto dovrebbero essere, le indirette un 106% in più (il doppio abbondante), mentre i contributi previdenziali “solo” un 11% in più.

Le proporzioni tra i vari tipi di imposizione però possono essere opinabili; per non sbagliare vediamo cosa risulta sul totale: 747 miliardi effettivi contro i 513 che sarebbero il 33% di tassazione accettabile, significa che paghiamo il 46% in più di quello che lo Stato ci potrebbe lecitamente chiedere secondo la legge naturale, o il naturale buon senso che dir si voglia. O un minimo di assennatezza. O senso della vergogna… vedete voi.

Questi sono macro dati ricavati dai bilanci di stato. Sempre il Centro Studi Unimpresa ha calcolato che per una piccola impresa le cose stanno molto, molto peggio (4). Riportiamolo nel solito schema, dove al posto del PIL sta il fatturato, stavolta in migliaia di euro:

  • Fatturato 50 (100%)
  • Imposte dirette 22 (44%)
  • Imposte indirette
  • Contributi 11 (22%)

Se ne vanno in tasse 33 mila euro su 50, il 66%, che è esattamente il doppio di una tassazione accettabile, senza considerare nemmeno le imposte indirette. Sono due terzi a fronte di un terzo, la proporzione di ciò che dovrebbe rimanere a chi lavora e ciò che dovrebbe andare allo stato è esattamente capovolta: in un mondo invertito, il fisco non fa eccezione.

Per i dipendenti non cambia molto: è noto che sul lordo che appare in busta un buon impiegato paga circa 35 su cento tra imposte dirette e contributi (a lui ne rimangono 65), e l’azienda, conteggiando annessi e connessi, deve aggiungerne altri 35-40 (sborsando in totale 135-140).

Al dipendente rimane non più del 50% di ciò che paga l’azienda; aggiungendo IMU, bolli, balzelli vari, imposte indirette sugli acquisti, in un attimo si raggiunge il 60-70%. E che dire di manager e professionisti che secondo alcuni conteggi arrivano anche all’80% (5)?

Va bene la progressività, ma un conto è praticarla partendo da un terzo, un altro dal doppio. Chiunque, soprattutto se NON ha studiato economia, può intuitivamente comprendere che nel sistema c’è qualcosa che non funziona. Magari ne parliamo la prossima volta.

NOTE

1)Etica fiscale – Perché e fin dove è giusto pagare le tasse, di Gino Concetti, Edizioni Piemme (1995).

2) https://www.unimpresapicena.it/ultime-notizie/fisco-unimpresa-stangata-65-miliardi-prossimo-triennio/

3) http://www.cgiamestre.com/wp-content/uploads/2019/07/PRESSIONE-FISCALE-REALE-03.07.2019.pdf

4) https://www.italiaoggi.it/news/in-tasse-due-terzi-del-fatturato-202001020804572031

5) https://scenarieconomici.it/esclusivo-simulazione-pressione-fiscale-contributiva-reale-9-figure-professionali-dipendenti-ed-autonome-64-80/