Le unioni civili omosessuali in Italia. Un bilancio 2016-18

Neodemos 23 Giugno 2020  

Quattro anni dopo la legge sulle Unioni civili omosessuali, Maria Castiglioni e Gianpiero Dalla Zuanna rilevano che il loro numero è stato assai meno numeroso rispetto alle attese, pur scontando il fatto che tali coppie sono relativamente poche. Le unioni civili fra uomini sono il doppio di quelle fra donne, dato che i gay sono assai più numerosi delle lesbiche. Lo scarso numero di unioni, arguiscono gli autori, dipende anche dall’impossibilità, per le coppie in unione civile, di accedere all’adozione ordinaria.

di Maria Castiglioni, Gianpiero Dalla Zuanna

Dopo un sofferto iter parlamentare e grandi discussioni pubbliche, quattro anni fa la legge 76/2016 istituì le unioni civili omosessuali (UC). È quindi possibile fare un primo bilancio quantitativo della adesione delle coppie omosessuali a tale istituto giuridico.

Nel 2018 le UC sono state 2.800, meno numerose rispetto al 2017 (4.400) e – in termini relativi – agli ultimi cinque mesi del 2016 (2.300) (Istat – popolazione residente per stato civile). Come era nelle attese, le UC sono state più numerose nei primi mesi, quando le coppie già da anni conviventi hanno “legalizzato” la loro posizione, e si sono poi assestate su numeri più contenuti. Inoltre, le UC sono concentrate nel Centro-Nord, nelle aree metropolitane, fra le persone diplomate e laureate.

È lo stesso modello diffusivo di molti cambiamenti della vita intima (come le coabitazioni more uxorio e le nascite extraconiugali), ulteriormente accentuato dalla “migrazione” degli omosessuali verso le città. Nello stesso periodo, l’età media delle persone unite civilmente (1) è stata alta (50 anni per gli uomini, 46 per le donne), a causa anche delle UC fra partner da tempo conviventi. Infine, due terzi delle unioni civili sono fra uomini, un terzo fra donne.

Per approfondire e interpretare meglio questi dati, ricorriamo a una fonte recente. L’Istat pubblica ogni anno la popolazione per sesso, età e stato civile. Dal primo gennaio del 2018, vengono indicate anche le persone in UC e già in UC (per separazione o morte del partner). Al primo gennaio del 2019, risiedevano in Italia 11 mila 800 uomini e 5 mila 700 donne unite o già unite civilmente (2). Il numero di uomini e di donne è simile fino ai 35 anni di età, poi il numero di uomini continua a crescere fino ai 50-55 anni, restando relativamente elevato anche per le età successive, quando le donne sono molte di meno (Figura 1)

Perché le unioni civili fra coppie di uomini sono il doppio di quelle fra coppie di donne?

In Italia, dunque, le unioni civili fra uomini sono il doppio di quelle fra donne, e questa differenza è tutta dovuta all’alto numero di unioni civili maschili in età matura. Come spiegare queste differenze? Poiché: Persone in Unione Civile = Omosessuali x (Persone in Unione Civile / Omosessuali) i dati in figura 1 dipendono sia dal numero di possibili candidati a una UC – ossia dal numero di persone con orientamento esclusivamente omosessuale (che chiamiamo gay o lesbiche) – sia dalla propensione di gay e lesbiche a unirsi civilmente. Stimiamo queste due quantità, distinguendo fra uomini e donne per le due classi di età 18-34 e 35-69 (tabella 1).

Per farlo, supponiamo che nelle due classi di età la proporzione di gay e lesbiche al 2019 sia la stessa rilevata in una ricerca del 2006 fra la popolazione di età 18-69 anni (1,7% gay e 0,8% lesbiche), stimando così il numero di persone con identità omosessuale residenti in Italia al 1.1.2019 (2).

Questa stima è meno ardita di quel che potrebbe sembrare, perché la proporzione di persone esclusivamente lesbiche e gay in Europa, in tutte le indagini campionarie statisticamente valide del 21° secolo di cui disponiamo, non superano mai il 2% (uomini) e l’1% (donne), anche nei paesi dove le UC omosessuali sono state legalizzate ben prima che in Italia, e che hanno esteso il matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso (3).

Secondo le nostre stime, all’inizio del 2019 le lesbiche in età 18-69 residenti in Italia erano 143 mila, appena il 44% rispetto ai 323 mila gay. Se si guarda al rapporto Persone in UC / Omosessuali, le differenze di genere di figura 1 si ribaltano: la propensione a celebrare una UC nel 2018 è più alta per una lesbica che per un gay. Tale probabilità per i più giovani è doppia per le lesbiche rispetto ai gay, ma è superiore anche in età matura.

Quindi, le UC fra due donne sono meno numerose rispetto alle UC fra due uomini non perché le lesbiche siano meno propense a unirsi civilmente, ma perché le persone con identità esclusivamente e dichiaratamente omosessuale sono molte di meno fra le donne che fra gli uomini (4) C’è un’altra possibile spiegazione di questo gender gap (5).

Anche in altri paesi (come Danimarca, Svezia, Norvegia, Francia e Regno Unito) nei primi anni di applicazione di leggi sulle UC, le unioni fra uomini sono state più numerose delle unioni fra donne. Col tempo, però il rapporto si è riequilibrato, o addirittura rovesciato, specialmente quando agli omosessuali è stato consentito di adottare un figlio e/o di sposarsi, rendendo quindi pienamente praticabile un progetto genitoriale di coppia, perseguito in misura sensibilmente maggiore dalle coppie lesbiche che dalle coppie gay (6).

Poiché anche in questi paesi i gay sono più numerosi delle lesbiche, questo dimostra che la possibilità di legalizzare un’unione è molto gradita dalle coppie di donne omosessuali quando tale unione è paritaria, nei diritti e nei doveri, rispetto al matrimonio fra eterosessuali.

Le unioni civili sono tante o poche?

L’ultima questione sollevata da questi dati è sull’entità numerica delle UC. Quando uscirono i primi dati, in Italia come altrove, furono gli stessi militanti dei movimenti per i diritti degli omosessuali a stupirsi per i numeri inferiori alle loro attese (7). Questo stupore fu certamente dovuto a una loro sovrastima della popolazione con identità omosessuale, uno strabismo comprensibile fra quanti conducono ogni giorno battaglie quotidiane per i diritti di una minoranza.

Tuttavia, anche se i numeri di gay e lesbiche sono quelli di tabella 1, i dati mostrano che l’entusiasmo degli omosessuali verso le unioni civili resta assai inferiore rispetto a quello – a dire il vero già fiacco – degli eterosessuali verso il matrimonio. Nel 2018 la probabilità di sposarsi per un uomo non gay in stato libero di età 18-69 è stata del 2,2%, quella di celebrare una UC per un gay in stato libero dell’1,1%; la probabilità di sposarsi per una donna non lesbica in stato libero è stata del 2,1%, quella di celebrare una UC per una lesbica in stato libero dell’1,3% (8).

Quindi, per giustificare il basso numero delle UC in Italia non è corretto evocare la parallela disaffezione degli eterosessuali verso il matrimonio: la propensione a legalizzare una relazione di coppia è sensibilmente minore per gli omosessuali rispetto a quella degli eterosessuali. Di nuovo, per comprendere cosa sta accadendo in Italia è utile ritornare alle esperienze di altri paesi: anche altrove, dopo una fiammata iniziale, i numeri delle UC si sono ridimensionati, per crescere poi, specialmente per le lesbiche, solo quando l’UC viene sostituita dal matrimonio egalitario (9).

È possibile che molte coppie omosessuali, anche se conviventi, vedano pochi vantaggi nel sugellare la loro unione in municipio, se ciò non è connesso con un progetto genitoriale comune. Potrebbero farlo più avanti negli anni, quando diventerà concreta l’urgenza di includere il/la partner nell’asse ereditario o di garantire la reversibilità.

Ma forse, il motivo più importante della scarsa popolarità delle UC fra lesbiche e gay italiani va ricercato altrove. È possibile che in alcuni ambienti sociali, per due persone dello stesso sesso fra loro innamorate sia ancora difficile dare visibilità pubblica alla propria relazione affettiva. Anche questo ce lo dicono i dati, quando mostrano che le UC sono molto meno diffuse al Sud, nei piccoli paesi, fra le persone meno istruite.

Verosimilmente, le UC diverranno più numerose quando l’accettazione sociale dell’omosessualità si sarà fatta strada in tutta la società italiana.

Riferimenti bibliografici

Barbagli M., G. Dalla Zuanna e F. Garelli (2010) La sessualità degli italiani, il Mulino, Bologna.

Barbagli M. (2018a) “Gender gap anche fra lesbiche e gay”, La voce, maggio. Barbagli M. (2018b) “Due anni di unioni civili in Italia”, Neodemos, giugno.

Dalla Zuanna G., M. Caltabiano. A. Minello e D. Vignoli (2019) Catching up! The sexual opinions and behaviour of Italian students (2000-2017), W.P. del Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni, Università di Firenze, 2.

Kontula O. (2009) Between sexual desire and reality. The evolution of sex in Finland, Population Research Institute, Vaestoliitto, Helsinky, Finlandia.

Note

1) A questi dati corrispondono poco meno di 8 mila 800 UC iscritte in Anagrafe fra l’agosto 2016 e il dicembre 2018, contro le 7 mila 400 celebrate nei municipi. Questa differenza è dovuta prevalentemente a un certo numero di UC e matrimoni celebrati all’estero da residenti in Italia, magari anni prima della istituzione della legge, trascritti in Anagrafe come UC, senza che la stessa venisse celebrata in municipio. Un’altra ragione della sfasatura fra le due fonti è data dalle UC celebrate in Italia da persone residenti all’estero, che non danno

2) Barbagli et al. (2010, p. 141) La stessa fonte mostra che le persone che, nel corso della vita, si sono sentite attratte sessualmente da una persona del loro stesso sesso sono il 5,9% (uomini) e il 6,6% (donne), mentre quelle che hanno avuto esperienze sessuali con persone dello stesso sesso sono il 4,2% (uomini) e il 2,0% (donne). Tuttavia, è verosimile che – al di là di attrazione ed esperienze omoerotiche – le persone interessate a celebrare una UC siano quasi esclusivamente quanti maturano un’identità omosessuale.

3) Ad esempio in Australia nel 2002-03 si sono definiti omosessuali l’1,6% degli uomini e lo 0,8% delle donne, in Francia nel 2006 l’1,1% degli uomini e lo 0,5% delle donne, in Finlandia nel 2007 il 2% degli uomini e lo 0,6% delle donne (Barbagli 2018a, Kontula 2009). Anche negli USA del 2013 i gay erano il doppio delle lesbiche (2,2% contro 1,1% – Statista 2014). Fra gli studenti del primo e secondo anno di economia e statistica intervistati nel 2017 nell’indagine nazionale Selfy, l’1,3% degli uomini si dichiara esclusivamente gay, lo 0,8% delle donne esclusivamente lesbiche (Dalla Zuanna et al. 2019). Queste stime non includono le persone che dichiarano un orientamento bisessuale, perché presumibilmente meno interessate a celebrare una UC (Barbagli 2018b).

4) Barbagli (2018b).

5) Barbagli (2018b).

6) Ad esempio negli USA nel 2018 le coppie con figli conviventi erano più del doppio fra le lesbiche che fra i gay (22% contro 9%, Statista 2020).

7) Barbagli (2018b).

8) Questi numeri derivano da una procedura di stima un po’ macchinosa. Per il primo gennaio 2018 abbiamo calcolato – sempre partendo dai dati dell’Istat – il numero di persone potenzialmente candidate al matrimonio o all’UC in età 18-69 (tutte le persone non coniugate né in UC). All’interno di questo gruppo abbiamo stimato il numero di lesbiche e gay dichiarati, prendendo per buone le proporzioni del 2006, e considerando il fatto che in quell’indagine praticamente tutti i gay erano celibi e tutte le lesbiche nubili. Abbiamo poi costruito il rapporto statistico fra i matrimoni del 2018 e la popolazione eterosessuale potenzialmente coniugabile, per gli uomini e per le donne. Infine, abbiamo costruito il rapporto fra 2xUC e gli omosessuali potenzialmente unibili civilmente, distinguendo sempre fra uomini e donne.

9) Barbagli (2018b).