Molti italiani hanno deciso di tenere il viso coperto anche se la legge non glielo impone più. Una forma di asservimento sanitario prodotto dallo stato di emergenza infinito. Ma, oltre alla faccia, l’individuo perde la personalità, diventando un burattino del potere
di Claudio Risé
Diciamo la sgradevole verità: a diversi nostri compatrioti, a parte le ragioni o sragioni sanitarie, mettersi una maschera in questi mesi piace, anche molto. Non però per mostrare la propria autentica personalità, nascosta dalle convenzioni abituali, come accadeva nella Commedia dell’arte italiana ma per nasconderla del tutto, anzi fingere di non averne alcuna. Neppure per innovare coraggiosamente, con nuove idee e volti, ma per obbedire al supponente capo, l’«avvocato degli italiani».
Si vedono così giovani e anziani in ottima salute avanzare guardinghi in territori a zero Covid 19, nascosti dietro alle loro cupe e impersonali maschere d’ordinanza. Pronti a reagire a nuove «esplosioni infettive» come dicono i media pro-emergenza.
Non risulta che siano i medici a stimolare questi comportamenti ansiogeni e clinicamente privi di senso. Certo, le settimane di trasmissioni televisive con aggiornamento in tempo reale del numero dei morti da parte di commissari in maglione scuro con stampato sopra il logo dell’emergenza e il tono di voce dolente e preoccupato, hanno avuto il loro effetto sugli utenti confinati in casa, impensierendoli a dovere.
La paura della morte, una volta risvegliata, diventa una compagna più assidua e insistente della stoica tranquillità, che si lascia sloggiare dall’ansia senza opporre troppa resistenza. Il fatto che a più di un mese dalla fine della fase attiva dell’epidemia la paura della morte la faccia ancora da padrona dimostra comunque l’ambigua gestione psicologica che ad essa è stata data dal governo.
Fa inoltre capire come nel caso di eventuali future emergenze non convenga affidarsi a persone e istituzioni che in poche settimane hanno trasformato un Paese attivo e operoso in una nazione spaventata e disorientata, a rischio fallimento. Condizione psicologica questa, che, per governanti spregiudicati e senza veri programmi, ha però il pregio di essere molto più principi né idee.
Come mai allora molti sono disponibili a indossare la maschera, come chiede il potere costituito?
Il fatto, banale, è che purtroppo molte persone non vedono l’ora di obbedire a qualcuno che le comandi, senza do versi prendere la responsabilità di sé. Che poi costui, oltre a dire di portare la mascherina perché siamo in emergenza, faccia altri e contraddittori discorsi, non pesa granché, anche perché sono frasi sconnesse, che cambiano anche più volte al giorno e la gente non le segue.
Ma l’indicazione che rimandano gli obbedienti mascherati sembra chiara: va bene, dicci cosa fare e lo faremo. Molti dei famosi fan di Giuseppi, sbandierati dai sondaggisti, sono anche in ciò tipici seguaci degli aspiranti tiranni: persone contenti di obbedire a qualcuno che ami esercitare il potere su di loro, esigendo qualcosa di molto personale e significativo come addirittura coprirsi il volto.
Pronti a nascondere perfino l’impronta della loro identità, unica e irripetibile: la faccia. Mostrarla è ormai diventato un atto di coraggio. L’identità personale ha così ricevuto una mazzata durissima nell’umiliante esperienza del terrorismo sanitario, praticato per continuare l’emergenza e lasciare in piedi il governo. Una situazione apprezzata dai fan della mascherina, cugini delle sardine e spesso sardine essi stessi: persone che (per ora) non vogliono tanto aderire o presentare programmi definiti, quanto obbedire a un potere che si presenta come salvifico e, come prima misura, ne cancella il volto, li fa sparire con i loro specifici connotati.
Liberandoli così della responsabilità di essere sé stessi e gratificandoli dell’appartenenza a una massa indistinta, un intero banco di individui indifferenziati, in cui sardinamente confondersi. Può sembrare strano, ma quella di appartenere a qualcuno che ti sollevi dalle responsabilità e scelte personali è una delle pulsioni più’ costanti dell’uomo, presenti lungo tutta la sua storia.
Il testo che la descrive più lucidamente è il Discorso sulla servitù volontaria, scritto nel 1576 da Etienne de la Boetie, grande amico del filosofo Montaigne. Vi si racconta come -da sempre- non tutti amino essere padroni di sé: molti preferiscono essere servi di un padrone che si occupi di loro impartendo ordini e compiti e così li aiuti a vivere, in un modo o nell’altro (Hegel approfondirà poi il tema, due secoli dopo).
Lo Stato moderno anzi, nasce anche per rispondere adeguatamente a questa esigenza. Il bisogno di guida e di comando era però già presente fin dalla notte dei secoli, come mostrano le narrazioni più antiche dell’umanità. Un bisogno, quello di essere posseduti e diretti, che continua anche, in modo diverso, nelle democrazie industrializzate. In Italia, oggi, la maggioranza delle persone lavora in modo diretto o indiretto per lo Stato, che (come il governo giallo-rosso sa benissimo, e ne approfitta), li rappresenta ma è anche, in parte, il «padrone» loro e dei loro voti.
Il confino obbligatorio nelle case e la sostanziale sospensione di ogni attività per un lungo periodo, assieme al potere statale gestito in chiave dark, per far crescere la paura e l’obbedienza nelle persone, ha così prodotto una sorta di collasso nel senso di Sé, nell’autonomia degli individui. Molti sono così divenuti incapaci di sciogliersi dall’abbraccio appiccicoso con un potere malato che ha come unica prospettiva per rimanere in sella la continuazione dell’emergenza.
Anche se in realtà quella sanitaria era ormai finita, sostituita però da un’altra, gravissima e reale (anche se poco menzionata): la rovina economica provocata dalla dissennata gestione della pandemia, con l’arresto per quasi due mesi di ogni vita e attività nel Paese, e dalla mancanza di conoscenza reale dei problemi in campo.
La maschera sanitaria, divenuta quasi obbligatoria nel governo dell’emergenza infinita, ha dunque un’importanza storica, anche se i Giuseppi forse lo ignorano (come tutto il resto).
Nella lunga storia della Maschera-Persona ciò che ci si mette addosso e in faccia, il «vestito», ha sempre rappresentato dalla cultura romana in poi la carta d’identità, il segno che dice chi siamo e quindi quali sono i nostri diritti. La maschera, come spiega il filosofo stoico Panezio, rivela «il significato della personalità individuale», sottraendola all’uniformità della massa informe, e attribuendo ad ognuno la sua fisionomia e le sue specifiche particolarità (da qui le maschere di guerrieri, animali, e altro).
Il governo giallorosso è il primo ad aver imposto una Maschera-Persona che, invece di rivelare chi sei o a chi o cosa ti ispiri, cancella la tua identità dietro quella del conformista sanitario, pronto a dimenticare, come gli chiede il capo, ogni fede, identità e entusiasmo pur di salvare la pelle (che peraltro nessuno minaccia, per ora). Una maschera di paura e viltà, per cancellare ogni possibilità di sviluppo come Persona libera.