Scuola di Francoforte e strategia gramsciana dell’egemonia culturale. Scuole, università, media, arti, chiese, multinazionali: tutte le casematte della cultura occupate per trasformare la coscienza della società e minare le istituzioni democratiche. Gli Stati Uniti possono aver sconfitto l’impero del male di reaganiana memoria, ma non sono ancora riusciti a sconfiggere “l’idea”, tutt’altro, visto che il marxismo è vivo e vegeto, sano e robusto, ed è praticamente ovunque, nei college, in azienda, nello sport, nell’associazionismo… È nell’aria che respiriamo…
di Rob Piccoli
Una delle tante parrocchie cattoliche di New York City. Si tiene una sessione di preghiera a sostegno di Black Lives Matter. Il prete invita i parrocchiani a rinunciare al loro white privilege (“privilegio bianco”, espressione di gran moda negli Usa in questo periodo) per aiutare “a trasformare la cultura della chiesa”.
In molte chiese in tutta l’America, scrive John Eidson su American Thinker, i “marxisti culturali” utilizzano il pulpito per sostituire un po’ alla volta ai valori cristiani tradizionali quelli della falce e del martello. Si è espresso proprio così, senza mezzi termini.
D’altra parte di cosa diavolo stiamo parlando? Black Lives Matter, lo sappiamo tutti (o quasi), è un’organizzazione politica violenta la cui ideologia marxista è profondamente anticristiana e antiamericana. “Usano la nobile causa dell’uguaglianza razziale come una foglia di fico per nascondere la loro vera natura”, che è appunto il marxismo culturale, il quale persegue indefessamente e pervicacemente l’obiettivo dell’abbattimento delle democrazie occidentali.
Il tutto, per altro, “sovvertendo i pilastri della loro cultura, le strutture e le istituzioni della famiglia, della religione, dell’istruzione, della politica, della legge, delle arti e dei media poiché forniscono la coesione sociale necessaria per una società funzionante”.
In realtà, è una lunga storia, che affonda le sue radici piuttosto lontano nel tempo. Una lettura illuminante, da questo punto di vista, credo sia senz’altro un libro uscito nel 2015 e che ho letto quasi subito in edizione Kindle, “The Devil’s Pleasure Palace: The Cult of Critical Theory and the Subversion of the West” (Encounter Books), di Michael Walsh.
Interessante, tra l’altro, il fatto che Walsh sia stato per diversi lustri un critico di musica classica, per Time Magazine e prima ancora per il San Francisco Examiner, e che abbia iniziato a scrivere di politica soltanto a partire dal 2007, per il National Review, con il nome di David Kahane (@dkahanerules è l’account che usa tuttora su Twitter). Insomma, un musicologo prestato al dibattito politico, tanto da arrivare a sostenere che è nel nichilismo artistico ottocentesco, e in particolare nel mondo dell’opera lirica, che occorre rintracciare le radici del marxismo culturale…
Ma tralasciando le origini remote, è nella teoria critica che si è incarnata in quell’istituto per la ricerca sociale, comunemente noto come Scuola di Francoforte, che il fenomeno ha assunto i caratteri che oggi lo contraddistinguono. Ed ecco, accanto a Max Horkheimer e Theodor Adorno, spuntare Herbert Marcuse, Eric Fromm e colui che coniò l’espressione “rivoluzione sessuale”, Wilhelm Reich (o William, come lo americanizzano negli States). Nomi che la generazione che ha vissuto il ’68 ha ben stampati nel cervello.
È sorprendente pensare, osserva Walsh, che questo istituto apertamente marxista, fondato per minare la civiltà occidentale, sia stato calorosamente invitato a spostare le sue operazioni alla Columbia University nel 1935. È da questo alto trespolo che i summenzionati iniziarono a instillare il loro sottile veleno nella cultura americana.
Reich soprattutto, secondo Walsh, ebbe un’influenza nefasta. Quanto nefasta? Beh, durante le rivolte studentesche del 1968 a Parigi e Berlino, gli studenti lanciarono copie del suo libro “The Mass Psychology of Fascism” contro la polizia ed hanno scarabocchiato il suo nome sui muri. Fate un po’ voi.
Ma, più di tutto il resto, la rivoluzione sessuale da lui teorizzata è ora la moneta comune, la lingua franca della nostra epoca. Quelli della Scuola di Francoforte erano convinti che il marxismo economico sarebbe fallito a causa della resistenza delle classi lavoratrici (in particolare quel pazzo furioso di Reich attribuiva l’inevitabile fallimento alla sessualità repressa del proletariato…), e dunque che l’unico modo per far trionfare il loro credo fosse minare le istituzioni, tutte quante, dall’interno.
Era, poi, a ben vedere, l’applicazione del pensiero di Antonio Gramsci. “Il socialismo,” aveva scritto il politico e filosofo italiano, “è precisamente la religione che deve sopraffare il cristianesimo. Nel nuovo ordine, il socialismo trionferà catturando innanzitutto la cultura attraverso l’infiltrazione di scuole, università, chiese e media trasformando la coscienza della società”.
Gramsci aveva definito il suo programma “la lunga marcia attraverso le istituzioni”. La scuola di Francoforte si incaricò per l’appunto di questa impresa ciclopica. Per fare un esempio, chi avrebbe pensato anche solo pochi anni fa che i boy scout sarebbero diventati gay? Ebbene, della faccenda si è occupata con successo la Scuola di Francoforte.
Ma è superfluo spiegare agli italiani quanto gli effetti della strategia gramsciana dell’egemonia culturale siano stati capillari e incisivi: anche un cieco lo vede, è lo stato dell’arte in cui siamo immersi da almeno mezzo secolo a questa parte.
Ma torniamo ad Eidson: “I discepoli di Gramsci in questo Paese hanno lavorato diligentemente per abbattere ogni istituzione culturale in America, inclusa la sua religione predominante, il cristianesimo”. E continua illustrando “il piano comunista per diminuire la presa del cristianesimo sull’America”. Innanzitutto, c’è il libro dell’ex agente speciale dell’FBI Cleon Skousen, “The Naked Communist”, che elenca i 45 obiettivi comunisti per sovvertire l’America dall’interno.
Due di questi riguardano la diminuzione del cristianesimo: “L’obiettivo n. 27 invita i guerrieri comunisti a infiltrarsi nelle chiese e sostituire la religione rivelata con la religione “sociale”. La religione rivelata è basata sulla Scrittura; il concetto comunista di religione sociale insegna ai cittadini a guardare al governo, piuttosto che a Dio, per la loro salvezza. La religione scritturale riguarda la salvezza individuale; la religione sociale riguarda la salvezza collettiva, un concetto che non esiste nel cristianesimo. […] L’obiettivo n. 28 invita i guerrieri comunisti a infiltrarsi nelle scuole ed eliminare la preghiera e ogni tipo di espressione religiosa sulla base del fatto che viola il principio di separazione tra chiesa e stato”.
Per ottenere il risultato di escludere il cristianesimo dalla pubblica piazza, osserva Eidson, i marxisti culturali, quasi tutti appartenenti al Partito Democratico, prendono regolarmente in giro e ridicolizzano il cristianesimo e i suoi seguaci.
Segue una serie impressionante di atti sacrileghi e dichiarazioni blasfeme da parte di membri dell’industria dell’intrattenimento (uno l’ho censurato in parte perché siamo a livelli veramente inauditi):
– Bill Maher ha iniziato uno dei suoi programmi su HBO con un attacco al cristianesimo paragonando la Santa Comunione alla sodomia.
– Nel suo programma radiofonico diffuso a livello nazionale, Howard Stern ha detto: “Se fossi presidente, vi farei gasare pro-vita. Vorrei farvi entrare nei forni”.
– Dopo aver ricevuto un premio per il suo reality show via cavo, la comica Kathy Griffin ha detto: “Molte persone vengono qui e ringraziano Gesù per questo. Nessuno ha avuto meno a che fare con questo premio di Gesù. Tutto quello che posso dire [omissis].”
– In un episodio di “Curb Your Enthusiasm” della HBO, la star dello show, Larry David, ha urinato su una foto di Gesù. – In sfida ai cristiani, il film di Netflix “The First Temptation of Christ” ritrae Gesù come un omosessuale e dipinge Dio Padre come un lascivo seduttore di donne.
Inoltre, facendosi scudo di concetti come “diversità”, “inclusività” e ”multiculturalismo”, nelle aziende americane, nel governo, nelle scuole e nei college finanziati con fondi pubblici i marxisti culturali rimproverano, minacciano e puniscono sistematicamente i cristiani, oltre a censurare le attività religiose di cristiani e organizzazioni cristiane.
Eidson fa seguire un lungo elenco di misfatti. Ne cito alcuni per dare un’idea:
– Le decorazioni natalizie sono state vietate ai caselli autostradali della Florida. – La NBC ha tagliato “under God” dal pledge of allegiance [la promessa di fedeltà] recitato dai bambini durante la trasmissione del torneo di golf degli US Open.
– Il Pentagono ordina all’ufficiale della U.S.Air Force di rimuovere la Bibbia dalla sua scrivania.
– La Corte d’Appello sostiene il divieto del distretto scolastico sui canti natalizi.
– V.A. l’ospedale rifiuta i biglietti di “Buon Natale” inviati dagli alunni di 4a elementare a veterani malati e feriti.
– La base militare abbatte il presepe dopo le lamentale degli atei.
– Il giudice federale proibisce alla banda del liceo di suonare “How Great Thou Art”.
– Scuola del Texas vieta gli alberi di Natale, i colori rosso e verde dalle feste natalizie per paura di “offendere gli altri”.
– Ai bambini è vietato dire “Buon Natale” al “Winter Party” della scuola elementare.
La cosa più dolorosa, commenta Eidson, è che “i discepoli di Antonio Gramsci si sono infiltrati nelle posizioni di vertice di ogni importante ramo della religione cristiana”. In buona sostanza, fingono di portare avanti la causa di Dio, ma stanno consapevolmente sovvertendo la loro religione dall’interno.
E cita opportunamente un importante annuncio di Papa Francesco: la firma (slittata a data da destinarsi a causa del coronavirus) del , un patto educativo globale che introdurrà un “nuovo umanesimo”, in base al quale Dio viene in sostanza messo da parte onde rendere l’umanità “più libera”, ma in compenso “i bambini del mondo saranno indottrinati dal climate change e da altra propaganda delle Nazioni Unite, progettata per aprire la strada a un Nuovo Ordine Mondiale sotto la bandiera del comunismo globale”.
L’articolo di American Thinker, insomma, è di rara ferocia intellettuale, come del resto il libro di Michael Walsh. L’autore di “The Devil’s Pleasure Palace”, tra l’altro, è un fervente cattolico e un appassionato pro-lifer e pro-family. Egli capisce che gli Stati Uniti possono aver sconfitto l’impero del male di reaganiana memoria, ma non sono ancora riusciti a sconfiggere l’idea, tutt’altro, visto che il marxismo è vivo e vegeto, sano e robusto, ed è praticamente ovunque, nei college, in azienda, nello sport, nell’associazionismo… È nell’aria che respiriamo.
Sia Eidson sia Walsh non conoscono mezze misure nel dichiarare il proprio odio intellettuale per i figliocci di Gramsci. Entrambi sono convinti che la lotta contro il marxismo culturale sia una lotta contro Satana stesso… e dunque lotta dura senza paura.
Personalmente, da discepolo molto infedele di Hegel e della sua concezione dialettica della verità, suggerirei che forse, dico forse, ai marxisti culturali bisognerebbe riconoscere anche qualche piccolo merito culturale, perché in fondo quello che hanno contribuito a distruggere non era esattamente un paradiso terrestre…, ma guardando quello che succede in America e nel resto del mondo occidentale non si può non essere allarmati dalla virulenza dell’attacco all’intero complesso della civiltà occidentale, o meglio della civiltà tout court.
Insomma, siamo tirati per i capelli in questo scontro tipo Armagheddon. Sottrarsi o non fare una precisa scelta di campo sarebbe una vigliaccheria. Per concludere, avendo allargato il discorso al libro di Walsh prendiamo atto con piacere che quest’ultimo non è pessimista.
Egli crede che il marxismo culturale abbia esaurito, per dirla à la Enrico Belinguer, la propria spinta propulsiva. Allo stesso tempo, però, proprio come le unghie di un cadavere possono ancora crescere, è convinto che questa gente continuerà a fare danni, e che spetti a noi riconoscere innanzitutto lo stato dell’arte per quello che è, per poi fare in modo che le cose cambino.
Articoli furibondi come quello di Eidson e libri incendiari come quello di Walsh possono appunto servire egregiamente alla causa. By the way, in un’intervista del 2015 sul National Review, Walsh stesso ci ha dato una chiave di lettura per il suo libro: “Io sono un sostenitore della felix culpa, o colpa felice, che ha liberato l’uomo affinché possa compiere il suo destino eroico come qualcosa di diverso dall’umile e obbediente servo di Dio. Come scrisse sant’Agostino nell’Enchiridion, ‘Dio ha giudicato preferibile tirar fuori il bene dal male piuttosto che non permettere che esista alcun male’”.
La solita vecchia storia: Eros e Thanatos, di nuovo insieme.