23 Ottobre 2020
Calata la polvere, guardiamo dentro il montaggio di «Francesco». E poi tiriamo diritto come sempre. (In coda, la Cina)
di Marco Respinti
Evidentemente il mondo non aspettava altro che il cubo di Rubik di incastri operato dal regista statunitense di origine russa Evgeny Afineevsky attraverso Francesco, il documentario proiettato mercoledì al Festival del cinema di Roma e insignito ieri del «Kinéo Movie for Humanity Award» nei Giardini vaticani. Un mondo che da due giorni esulta infatti «Dio è con noi» per un taglia-e-incolla inverecondo, ma che farebbe meglio a nascondersi per la vergogna.
Mercoledì pomeriggio non abbiamo infatti (tutti) nemmeno fatto in tempo a leggere la notizia che già ci raggiungeva la gragnola di esultanze eccitate dell’on. Alessando Zan, di sfoghi arricciati dell’on. Monica Cirinnà, di post a tacco 12 dell’on. Maria Elena Boschi e di meme a tempo di record di Più Europa. Quasi sapessero. Piccoli, semplici e stupidi agli occhi di lorsignori, noi abbiamo invece temporeggiato per cercare di capire.
I lanci di stampa offrivano del resto poco e nulla: frasi isolate che però hanno puzzato di pesce marcio da subito. Per questo ai mille messaggi trillati tutti uguali dal mio WhatsApp ho risposto sempre nel medesimo modo: se non vedo, non credo. Ora che la polvere si sta posando, in effetti qualcosa in più si intravede. E quel che io vedo è che il documentario è una trappola, una trappolona.
Come bene dimostrato dal portale di informazione Aleteia, alcuni frammenti di un’intervista esclusiva al Pontefice condotta dalla vaticanista messicana Valentina Alazraki nel maggio 2019, a suo tempo rilanciata anche per iscritto da Vatican News, sono stati campionati, scomposti e ricuciti alla moda del dottor Victor Frankenstein per far dire oggi al Papa molto di più e di diverso da quello che in realtà ieri disse. Risultato, il documentario è e resta una trappola, anzi, per associazione di idee, vista l’origine del regista e l’ambito cinematografico, un montaggio.
«Chi sono io per giudicare?» Il Papa
Acclarato questo primo punto di non ritorno, ve n’è un secondo, anzi diversi altri. Il Papa, pur montato ad arte, nel documentario dice, ripetendo(si), che «[…] per quanto riguarda la legge sul “matrimonio omosessuale” […] è incongruo parlare di “matrimonio” omosessuale». E, nettissimo, aggiunge: «Ho sempre difeso la dottrina».
Ed è vero, come testimonia per esempio l’intervista che rilasciò a Ferruccio De Bortoli per il Corriere della Sera del 5 marzo 2015: «Il matrimonio è fra un uomo e una donna. Gli Stati laici vogliono giustificare le unioni civili per regolare diverse situazioni di convivenza, spinti dall’esigenza di regolare aspetti economici fra le persone, come ad esempio assicurare l’assistenza sanitaria. Si tratta di patti di convivenza di varia natura, di cui non saprei elencare le diverse forme. Bisogna vedere i diversi casi e valutarli nella loro varietà».
Terzo, nelle parole pur estrapolate dal contesto che compaiono nel documentario, il Papa dice che non è possibile «[…] approvare gli atti omosessuali, nel modo più assoluto».
Quarto, il Papa spiega che la famosa frase sul «chi sono io per giudicare?» pronunciata a braccio durante la conferenza stampa del 28 luglio 2013 sull’aereo di ritorno dal viaggio apostolico in Brasile è stata oggetto di manipolazione e che la cosa lo ha fatto molto arrabbiare, perché, afferma il Pontefice, al tempo voleva dire: «Le persone omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, le persone con orientamento omosessuale hanno diritto a stare in famiglia».
Per completezza, all’epoca il Pontefice, rispondendo a una domanda, aveva detto, a proposito di una presunta «lobby gay» in Vaticano: «Credo che quando uno si trova con una persona così, deve distinguere il fatto di essere una persona gay, dal fatto di fare una lobby, perché le lobby, tutte non sono buone. Quello è cattivo. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?».
Il «chi sono io per giudicarla» si riferisce esclusivamente al fatto di non poter escludere una persona omosessuale dalla famiglia e dal non doverle impedire di cercare Dio con buona volontà. Infatti, ribadiva il Pontefice, «il problema è fare lobby di questa tendenza», quella cioè omosessuale. E, sempre per la completezza, si noti che la frase di cui qui sopra nel montaggio frankensteiniano di Afineevsky è tagliata. Completa suona così: «Le persone omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, le persone con orientamento omosessuale hanno diritto a stare nella famiglia, e i genitori hanno dovere di riconoscere quel figlio omosessuale, quella figlia omosessuale. Non si può cacciare qualcuno dalla famiglia e rendergli la vita impossibile per questo». La completezza della citazione spiega.
Ovvietà e banalità virtuose
Quinto, quel che il Papa ha detto, e che qui è riportato al quarto punto, è di una ovvietà tale da rasentare la banalità virtuosa, e anche di questo lo ringraziamo. Chi è quello sciocco cattolico, o comunque persona anti-gender, anti-lobby – per riutilizzare l’espressione adoperata dal Santo Padre – che pensasse che se si trovasse ad avere un figlio o una figlia omosessuale sarebbe cosa da galantuomini buttarlo o buttarla in mezzo a una strada in ragione di quel suo orientamento che un cattolico, o comunque una persona anti-gender, giudica lecitamente inaccettabile perché disordinato sul piano morale?
Sesto, quanto qui scritto al quarto punto e al quinto punto è tanto vero che nel montaggio frankensteiniano di Afineevsky il Papa sostiene pure che (forse l’unico a scriverlo è stato Andrea Morigi su Libero del 22 ottobre) i bambini che si trovassero a vivere nel contesto di una coppia omosessuale, uno dei componenti della quale potrebbe pure essere suo genitore biologico, debbono essere mandati in parrocchia al catechismo.
Sarebbe sempre oltremodo sciocco chi pensasse infatti di punire quella coppia omosessuale privando un bambino di tale insegnamento prezioso.
Libertà per il circolo degli scacchi
Settimo, il fulcro di tutto la confusione scatenata dal montaggio frankensteiniano di Afineevsky non è affatto né l’inesistente “matrimonio” omosessuale né l’inaccettabile rapporto omosessuale, bensì le convivenze fra persone dello stesso sesso e la necessità che la legge le protegga.
Ora, il Pontefice non mi ha nominato suo esegeta e pertanto vado a briglia sciolta. Ma l’unico significato che le sue parole possono avere in questo contesto, ovvero «quello che dobbiamo fare è una legge sulla convivenza civile: hanno diritto di essere legalmente tutelati. Io ho difeso questo», viste le premesse ai punti dall’uno al sei, è che ogni libera convivenza o associazione tra persone che non violi la legge positiva ha necessità di essere protetta dalla legge positiva stessa in quanto espressione del diritto umano fondamentale di associazione, a prescindere dalla ragione sociale di tale associazione.
Prendiamo il circolo degli scacchi. La legge non deve interessarsi delle scacchiere e non è necessario che il legislatore sia un mago del “gambetto scozzese”, anzi, può persino ritenere il gioco degli scacchi un’assurdità. Ma se la comunità degli scacchisti non viola la legge, la legge deve proteggere il diritto dei suoi animatori e membri a erigersi in unione, in “convivenza”: è il diritto umano di associazione che va protetto, non il motivo di tale associazione, appunto se questa non viola la legge.
Quindi gli scacchisti sì e l’associazione a delinquere no. Certo, la legge scopre se un’associazione sia criminale solo se e quando questa lo dica pubblicamente e/o se e quando questa commetta atti criminali. Prima no. Altrimenti cadremmo nel copione totalitario del magistrale Minority Report.
Se un’associazione finge di non violare la legge, ma al proprio interno i suoi membri complottano, la legge non può intervenire fintanto che quei suoi membri si comportano bene. Insomma, lo Stato non deve ficcanasare nella bocciofila, in quel convento di brave suore che conosco io e nemmeno sotto le lenzuola in casa della gente.
Dire che la convivenza civile va tutelata è cioè una fattispecie della difesa del sacrosanto diritto umano alla libertà di associazione, articolazione fondamentale della libertà di espressione. Ciò non significa né approvare moralmente gli atti omosessuali, che una certa convivenza civile praticasse o pratichi sotto le lenzuola di casa propria, né plaudire se essa pretende di essere un “matrimonio”: è cioè assurdo che la bocciofila o il circolo degli scacchi pretendano di essere “matrimonio”. Ovvio, se uno poi la butta in Gay Pride è diverso, ma, appunto, è diverso.
Trasbordo ideologico inavvertito
Chiarito che ciò che va tutelato è la libertà delle persone di associarsi se non violano la legge e non il motivo per cui si associano (vogliamo che lo Stato decida chi possa associarsi e chi no?), i partigiani che ora si danno di gomito ebbri di gioia credendo di avere arruolato anche il Pontefice nelle fila di detto Gay Pride gongolano perché in realtà vogliono pervicacemente l’esatto contrario di tutto questo: vogliono che a essere tutelata sia solo la ragione sociale della possibile (fra le tante) convivenza civile di tipo omosessuale o non il diritto umano fondamentale ad associarsi liberamente fra persone come fattispecie della libertà di espressione.
Tant’è che stanno facendo di tutto, per esempio con il «testo unico Zan», per silenziare definitivamente altre libere associazioni umane che certamente non violano la legge, trans/omosessualizzando indistintamente ogni fattispecie possibile di questa tematica. Della bocciofila e degli scacchisti si occuperanno poi quando dovessero ravvisarvi minaccia a quel monopolio del pensiero che stanno cercando di instaurare (delle suorine di mia conoscenza, infatti, si stanno già occupando).
Ottavo, se l’esposizione di queste verità, talora benedette ovvietà, venisse curata meglio sul piano formale e comunicativo, gli equivoci non nascerebbero; e se in presenza di montaggi frankensteiniani, una dichiarazione ufficiale vaticana fornisse l’interpretazione autentica, i polveroni non accecherebbero gli occhi di un mucchio di fedeli che, guidando al buio, adesso sbandano pericolosamente con il rischio serio di far male a sé e ad altri.
Il Pontefice continua a non avermi nominato né suo esegeta né suo addetto stampa, ma se lo fossi, avrei fatto così. Rilevo in finis, come ha correttamente notato Aleteia, che nel montaggio frankensteiniano di Afineevsky l’espressione spagnola «convivencia civil» adoperata dal Papa viene immediatamente normalizzata (nei sottotitoli) nell’inglese «civil union», con grave trasbordo ideologico dal genere alla specie inavvertito dai più. Vengono in mente i persuasori occulti del giornalista statunitense Vance Packard (1914-1996),
Di calcio e sigari, di papere e Hazet 36
Continuando a non essere l’esegeta del Papa, ma solo un giornalista, rilevo che se il Pontefice esplicitasse quel ragionamento, che certamente gli appartiene, sulle convivenze civili e le associazioni tra persone, sviluppato umilmente qui sopra al settimo punto, qualora ne avesse una occasione prossima, i montaggi frankensteiniani alla Afineevsky si farebbero più difficili da produrre e la chiarezza sulla verità delle cose ne guadagnerebbe.
Il sottoscritto, infatti, avrebbe evitato di citare solo la fattispecie delle convivenze civili di tipo omosessuale perché così la purezza del ragionamento si coglie meno. Lo scrivo apertamente così solo perché esattamente così la pensano sia il Papa sia la collega Alazraki che lo ha intervistato nel maggio 2019.
Infatti, dall’intervista video del maggio 2019 e dalla sua trascrizione operata da Vatican News la frase «quello che dobbiamo fare è una legge sulla convivenza civile: hanno diritto di essere legalmente tutelati. Io ho difeso questo» è stata tagliata. Eliminata, cancellata, kaputt.
Il magistero pontificio, per i cattolici, è infallibile a determinate condizioni. Decisivo, dirimente, bello. Ma se io tifo Juventus e Papa Francesco stravede per il Club Atlético San Lorenzo de Almagro non è uno scandalo; non lo è nemmeno se personalmente detestassi la qualità di sigari fumati da Papa san Pio X (1835-1914).
Un gran sacerdote, teologo di vaglia, mi dice però che persino un post-it di un Papa non possa essere preso sottogamba. Illuminante. Se infatti un Pontefice lascia un talloncino giallo sullo schermo del pcper ricordare chi votare nelle prossime elezioni di Roccacannuccia, è rilevante, ma io posso continuare tranquillamente a sostenere da cattolico che appoggiare Donald J. Trump contro Hillary Clinton e Joe Biden è necessario, benché un Pontefice sia di avviso diverso.
Ovvero, per essere un buon cattolico non occorre imitare il Vicario di Pietro anche se, parlando, s’impaperasse. Ora, la frase di cui sopra dall’intervista del maggio 2019 è stata tolta. Perché? Perché non doveva starci, è importante. Qualcuno l’ha però conservata e ora la usa come una Hazet 36. Perché? È importante, qualcuno risponda.
Il buon senso dei popoli
Tutto quanto fin qui detto ha un valore specifico ovviamente per i cattolici. Per gli altri, tra cui “iFamNews”, riveste comunque un’importanza notevole, essendo il Papa il Papa. “iFamNews” però non è una testata cattolica: del resto, per esserlo, bisognerebbe che noi non ce lo dicessimo addosso, ma che altri ci riconoscessero quella patente.
Certo, diversi di noi sono cattolici, ma il punto che conta qui è stato altrove brillantemente esaurito, e lo trascrivo volentieri: «[…] la battaglia culturale e politica per il riconoscimento della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio fra persone di sesso diverso, e per la libertà di manifestare il proprio pensiero su questo come su temi collegati, ha fondamento antropologico e non confessionale, ancor meno clericale. È una battaglia non favorita da uscite equivoche, che senza dubbio disorientano e confondono, soprattutto quando la gestione mediatica non viene curata né spiegata, e resta affidata alle esegesi di comodo dominanti. Ed è una battaglia che deve continuare. Ma, premesso che il Magistero ininterrotto della Chiesa è univoco sul punto, sostenere che ci si sposa fra un uomo e una donna, e che il bambino non ha necessità di duplicare la medesima figura di genitore, bensì di due figure di genitori differenti e complementari, può anche non essere ricordato dal Papa: da qualche millennio appartiene al buon senso dei popoli».
La coda
Tiriamo innanzi, dunque, sereni, lucidi e diritti, come prima e più di prima: per la vita, la famiglia, la libertà contro la strage degli innocenti, l’ideologia gender e le follie Zan. Semmai quel che ci scandalizza è il silenzio degli uomini di Chiesa sulla recrudescenza della cristianofobia nel mondo (Italia compresa) e sullo scempio sacrilego che sta investendo il Cile o il rinnovo dell’accordo (segreto, ancora segreto: che mai ci sarà scritto dentro?) fra la Santa Sede e il totalitarismo neo-post-nazional-comunista cinese, che il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, in una intervista concessa ad Avvenire, ha glossato dicendo: «Ma, che persecuzioni…! Bisogna usare le parole correttamente. Ci sono dei regolamenti che vengono imposti e che riguardano tutte le religioni, e certamente riguardano anche la Chiesa cattolica».
Evidentemente tutti coloro che quotidianamente ne danno cronaca, per esempio, per restare in area cattolica, l’agenzia missionaria AsiaNews, sono stolidi.