Fu lui infatti che inventò il subbotnik, il lavoro volontario obbligatorio
di Alessandra Nucci
In realtà, le radici dell’iniziativa risalgono a molto prima del 1970, non c’entrano niente con l’America e c’entrano molto invece con la data del 22 aprile: si tratta infatti del compleanno di Vladimir I. U. Lenin nonché del centenario dalla nascita, il fondatore dell’Unione Sovietica, che aveva istituito fin dal 1920 delle giornate di volontariato obbligatorio in cui si imponevano, per patriottismo, le attività che oggi si propongono in nome della salute compromessa di «Madre Terra»: rimuovere la spazzatura e raccogliere il materiale riciclabile.
Lenin chiamava queste corvée «subbotnik,» dalla parola russa per «sabato»; all’apice della potenza sovietica fu istituito il subbotnik annuale obbligatorio, chiamato «il subbotnik di Lenin», da tenersi appunto il 22 aprile, data che Kruscev nel frattempo aveva reso festa nazionale in suo onore. Dei subbotnik e del riciclaggio dei rifiuti conservano memoria anche i paesi che furono dominati dall’Urss, Est europeo compreso.
Le affinità fra ideologia comunista e fede verde sono rintracciabili, osserva a questo riguardo il Heritage Institute, nel comune disprezzo per la libertà e la proprietà privata. Ma dove Lenin imponeva l’adesione gioiosa e universale al lavoro coatto chiamando all’orgoglio proletario, la militanza ecologista chiama invece al risentimento verso l’umanità in generale, accusata dapprima di inquinare, e oggi semplicemente di esistere.
È il messaggio inconfondibile che si ricava ad esempio dalla pagina web dedicata al preservativo dall’autorità italiana per Earth Day. Intitolato Il condom (inglese per preservativo) salva la specie, il sito spiega che «la sovrappopolazione mondiale è uno dei fattori principali dell’estinzione di molte specie animali» perché «maggiore è il numero di persone che affollano il nostro pianeta, più diminuiscono le risorse per le specie già minacciate come pantere, tartarughe marine..»
Per questo il Center for Biological Diversity «saluta ogni anno la Giornata della Terra distribuendo 100.000 preservativi gratuiti». A qualcuno verrà da sorridere di fronte a questa contrapposizione frontale – mors tua, vita mea – fra l’uomo e l’animale, dove si auspica che sia l’uomo ad avere la peggio, ma è il caso invece di prendere molto seriamente questa campagna, alle cui idealità afferiscono organizzazioni quali il VHE («Volunary Human Extinction») il cui motto è «Che si possa vivere a lungo ed estinguerci».
Che non si tratti di iniziative rare e remote lo prova il tentativo del presidente boliviano Evo Morales, il 22 aprile dell’anno scorso, di far approvare dall’Onu un documento che avrebbe dato alle piante e agli animali gli stessi diritti riconosciuti all’Uomo dalla Dichiarazione Universale del 1946, stabilendo un «Ministero della Madre Terra» e fornendo al pianeta personificato, un difensore civico col compito di ascoltare le lamentele della Natura contro l’uomo che ne depreda le risorse. Morales, cui l’Assemblea Generale dell’Onu ha conferito il titolo di «Eroe mondiale della Madre Terra», chiarisce utilmente il connubio fra ambientalismo e comunismo ripetendo chiaramente «Il nemico centrale della Madre Terra è il capitalismo».
Nei mesi successivi alla sua proposta il presidente indigeno ha perso in popolarità, per aver tentato di imporre a casa sua un’autostrada che ha suscitato rivolte in stile Valle Susa. Ma c’è da immaginarsi che la sua iniziativa presso l’Onu sarà ripresa, se non da lui da altri. E i reclami della natura a cui daranno voce gli attivisti più estremisti e radicali dell’ambiente potranno sfociare in pagamenti di indennizzi a favore dei Paesi in via di sviluppo da parte delle nazioni accusate di violare i diritti umani della Madre Terra.