di Ettore Gotti Tedeschi (*)
Caro direttore,
premetto che la crescita, in questo momento storico, è indispensabile per molte ragioni. La prima è per prevenire ogni disagio sociale e valorizzare la persona, mantenendo e perfino accrescendo l’occupazione. La seconda è creare sviluppo economico e reddito, domanda e consumi, con la conseguente necessaria diminuzione reale e sostenibile del debito pubblico. La terza è dare un altro esempio di capacità realizzatìva del nostro Paese a livello internazionale per guadagnare altro prestìgio e vederlo valorizzato in termini di rating.
Semplificando, i vantaggi sono la sua struttura di cosiddette Piccole e medie imprese e il risparmio delle famiglie.Gli svantaggi specifici sono il peso del pubblico in economia, la nostra economia duale e quella governance che scoraggia gli investimenti. Le Pmi sono circa il 90% del sistema manifatturiero e quasi il 90% della occupazione nel manifatturiero (il resto è pubblico e servizi). Sono però, o sembrano, spesso troppo piccole per competere sui mercati, sottocapitalizzate, talvolta non hanno bilanci certificati e perciò credibili.
Lamentano, in specifico, scarsi capitali di rischio e finanziamenti necessari alla realizzazione dei loro piani di crescita, n risparmio famoso deDe famiglie italiane, pur in decrescita accelerata negli ultimi due decenni e in gran parte investito in immobili (circa il 60%), è il più importante fra i Paesi europei, circa 5 volte il debito pubblico: diecimila miliardi di euro. Anch’esso, quale risorsa o vantaggio competitivo, è in perenne pericolo. Tutti lo vorrebbero tassare, prelevare con «patrimoniali», nessuno vuole o sa remunerarlo spesso neppure per coprire l’inflazione.
I risparmiatori lamentano la mancanza di investimenti disponibili che preservino il capitale. Ma se non si trovano idee per sostenere le Pmi, chi farà la crescita? Se non si valorizza il risparmio e lo si perde, cosa resta?
Allora, qua! è l’idea da valutare e organizzare al più presto? È quella che valorizza il nostro risparmio (impiegandone una parte, in modo opportunamente garantito), per ricapitalizzare le nostre Pmi, sostenendone una crescita più aggressiva, conse-guentemente facendo crescere l’occupazione, trasformando i loro bilanci in trasparenza e concorrendo a ridurre il sommerso. Creando così un valore di crescita, di reddito, di salati e consumi conseguenti.
Tutto ciò è anche indispensabile per la sostenibile diminuzione del debito pubblico. Per realizzare detto miracolo di utilizzo dei due nostri vantaggi e riuscire a renderli sinergici, va compiuto il progetto sopra citato in modo opportuno. Come si pensa altrimenti di far confluire capitali di rischio alle nostre imprese? Come si pensa d’altra parte di valorizzare il risparmio se il sistema industriale non cresce, l’occupazione diminuisce e il debito pubblico continua a crescere?
Per riuscirci però è indispensabile un catalizzatore, un intermediario che sappia raccogliere questa fetta di risparmio, garantirla, investirla e controllarla. L’intermediario deve esser una struttura credibile, prestigiosa, pubblica-privata, soprattutto esperta ed efficente (in Italia questa Istituzione esiste).
Lo strumento di raccolta può esser un fondo garantito e remunerato a un tasso simbolico di copertura inflazione. Lo strumento di investimento può essere un obbligazionario convertibile a dieci anni ad un tasso sostanzialmente basso equivalente.
Il vantaggio diretto che si propone al sottoscrittore è la remunerazione minima garantita (obbligazionario) e il capitai gain (azionario) a dieci anni. Ma il vantaggio indiretto è il sostegno e rilancio dell’economia in cui il risparmiatore-sottoscrittore vive e lavora, lui o i suoi figli. Senza questo sostegno alla «sua» economia dove valorizzerà i suoi risparmi? È questo concettualmente il punto chiave del progetto.
Destinatarie dell’investimento saranno imprese medie sane, già o potenzialmente competitive, con progetti di crescita e in grado di sviluppare altra occupazione e indotto. Le condizioni di questo investimento stanno nella realtà competitiva delle imprese e nel piano ag gressivo di crescita che sapranno giustificare, nel piano di occupazione conseguente e nella disponibilità a certificare (al minimo) i loro bilanci.
Verranno selezionate e proposte dalle banche e Associazioni industriali locali e valutate da una Commissione mista centrale e sul territorio. L’elargizione dei fondi verrà fatta attraverso il sistema bancario, coinvolto nella valutazione e controllato dalla Istituzione centrale garante. Si consideri che oggi nel nostro Paese le entrate/Pil sono poco più del 45% e sono suddivise in dirette, indirette e oneri contributivi. Si consideri che il sommerso è stimato in 16% del Pil (250 miliardi di euro), farlo emergere con siffatto modello è una opportunità ragionevole.
Vi sono naturalmente altri «miracoli» possibili nel nostro Paese, che riguardano per esempio la creazione di efficienza nel settore pubblico (il pubblico vale circa il 50% del Pii), attraverso privatizzazioni domestiche adeguate (reti di distribuzione gas e acqua, aeroporti, porti, alcuni servizi…). Basterebbe questo per stimolare la ricerca di efficienza e redditività.
Si può fare, è impegnativo e con risultati a medio termine, ma da subito si creerebbero aspettative positive. Questa può essere una risposta diretta alla domanda di sviluppo, specifica del nostro Paese e centrata sui suoi vantaggi competitivi: valorizza entrambe le risorse private del Paese e non chiede altri sacrifici.
(*) Economista e presidente dell’Istituto per le Opere Religiose