(articolo inedito)
La Civiltà cristiana – è questo il primo equivoco da cui occorre sgombrare il campo – non è una utopia da inventare, ma si è concretamente realizzata nella Storia , e coincide grossomodo con quello che si suol chiamare Medioevo. Il cristiano chiamato a rievangelizzare l’Europa, a diffondere la cultura cattolica, a realizzare la dottrina sociale cristiana, deve cominciare la sua azione da sé stesso, facendo innanzitutto posto alla verità.
di Rino Cammilleri
Il tempo in cui ci è toccato vivere è quello del declino della civiltà occidentale, intendendo per “civiltà occidentale” quella che si è formata coi principi del cristianesimo sulle rovine dell’Impero Romano e di cui qualche agonizzante traccia ancora rimane, nella mentalità, nelle leggi e nelle istituzioni.
La Civiltà cristiana – è questo il primo equivoco da cui occorre sgombrare il campo – non è una utopia da inventare, ma si è concretamente realizzata nella Storia , e coincide grossomodo con quello che si suol chiamare Medioevo. Il cristiano chiamato a rievangelizzare l’Europa, a diffondere la cultura cattolica, a realizzare la dottrina sociale cristiana, deve cominciare la sua azione da sé stesso, facendo – oltre alla essenziale vita di pietà, sia personale che collettiva, sia privata che pubblica – innanzitutto posto alla verità: deve cioè non lesinare sforzi per cercare di eliminare le menzogne che secoli di cultura anticristiana hanno alimentato e instillato in ciascuno di noi, specialmente tramite la scuola di Stato.
Ripeto: la Civiltà Cristiana non è da inventare, ma – con le forme adatte ai tempi – è già esistita ed è stata solida e durevole proprio perché partiva dal presupposto, profondamente cristiano, che il paradiso in terra non si può mai raggiungere. L’uomo ha tuttavia il dovere di tendervi, perché la politica – correttamente intesa – consiste nell’occuparsi del bene comune degli uomini viventi in società.
Il sommo Pontefice Leone XIII, nell’Enciclica “Immortale Dei” del 1885, riassumeva così il concetto: «Fu già tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati, quando la forza e la sovrana influenza dello spirito cristiano era entrata bene addentro nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in tutti gli ordini e ragioni dello Stato, quando la religione di Gesù Cristo, posta solidalmente in quell’onorevole grado che le conveniva, traeva su fiorente all’ombra del favore dei Principi e della dovuta protezione dei magistrati; quando procedevano concordi il Sacerdozio e l’Impero, stretti avventurosamente tra loro per amichevole reciprocanza di servizi. Ordinata in tal modo la società, recò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata ad innumerevoli monumenti storici, che niuno artifizio di nemici potrà falsare ed oscurare».
Il crollo della Civiltà Cristiana è stato un processo molto lento. Esso si deve alla naturale debolezza degli uomini, feriti dal peccato originale, ma anche – e giova sottolinearlo – all’attacco costante di filosofie ed ideologie contrarie al cristianesimo. Nei libri di scuola – come tutti ricorderanno – al capitolo dedicato al Medioevo succede quello dedicato all’Umanesimo. Bene, non tutti sanno che l’Umanesimo si pone in posizione leggermente critica nei confronti della religione: l’accento fu posto sull’Uomo più che su Dio.
Il cosiddetto Rinascimento “riscoprì” l’antichità romano-pagana e si allontanò ancora un poco. La cosiddetta successiva Riforma luterana si erse contro la Chiesa inizialmente in nome di supposti abusi del clero. Ma poi rivelò il suo vero volto di ostilità ai dogmi del cattolicesimo, generando massacri e spaccando per sempre l’unità della cristianità. Messo in dubbio il principio che Roma sia depositaria della Verità di Nostro Signore Gesù Cristo – che su Pietro fondò la sua chiesa – il movimento di pensiero anticristiano accelerò il suo corso e prese varie forme: il Giansenismo (esasperazione e sclerosi della vita spirituale), il Razionalismo e l’Illuminismo (con la Rivoluzione Francese che mutò persino il calendario per cancellare le ultime tracce di religione), il Liberalismo (che finì nella breccia di Porta Pia e separò la Chiesa dallo Stato), poi il Nazionalsocialismo e il Comunismo marxista-leninista che hanno portato a perfezione l’odio contro ogni religione.
Ho descritto molto grossolanamente, per brevità, un processo secolare che ha il suo fondamento teologico nel Genesi e nell’esistenza di Satana, più volte ribadita dai Pontefici, compreso l’attuale. Cioè è realistico ammettere che, oltre alla personale debolezza, gli uomini “errano” anche per l’esistenza del Tentatore, «bugiardo e omicida fin dall’inizio» come Gesù stesso lo definisce. Per cui è doveroso distinguere l’errore dall’errante, ma occorre prendere atto del fatto che l’errore esiste e si divulga a causa di “erranti”, cioè di persone che è dovere di carità cercare di ricondurre alla verità.
O almeno fermarle (che è dovere di carità verso i più semplici, che ancora non sono stati irretiti dalla tentazione rivoluzionaria). Un esempio pratico chiarirà meglio: combattere l’aborto senza combattere la legge e quelli che la difendono, è come voler riparare il motore di un’auto che non funziona senza aver tirato il freno – e l’auto è in discesa -.
Il cristiano allora dovrà praticare la verità della Prudenza, che non consiste nel cedere. Al compromesso o nel non farsi male, ma è la Virtù Cardinale che ci permette di applicare la Volontà di Dio a ogni circostanza concreta della vita. Munito di questa Virtù non cadrà nel falso pietismo, ma saprà – come il salvatore – essere indulgente e intransigente quando le circostanze lo richiederanno.
Il Santo Padre Giovanni XXIII, nel messaggio natalizio del 1960, così diceva: «Pensare, onorare, dire e fare la verità. Enunciando tali basilari esigenze della vita umana e cristiana, un lamento sale dal cuore alle labbra: dov’è sulla terra il rispetto della verità? Non siamo noi talvolta o anche troppo spesso in faccia ad un antidecalogo sfacciato ed insolente, che abolisce il non, il prefisso cioè di ogni indicazione netta e precisa dei cinque precetti del Signore, che seguono l’”Onora il padre e la madre”?. La vita che passa sotto i nostri occhi non è praticamente un esercizio studiato della contraddizione: quinto, ammazzare, sesto, fornicare; settimo, rubare; ottavo, dire il falso testimonio; come per una diabolica congiura contro la verità?»
Questo è solo uno dei tantissimi avvertimenti del Magistero sull’esistenza di un processo – che chiameremo Rivoluzione con la maiuscola – storico-filosofico che da secoli attacca sistematicamente il cristianesimo e la civiltà che da esso deriva. Basti pensare che la sola Massoneria ha ricevuto a tutt’oggi come 586 condanne da parte dei Pontefici dal 1717 ad oggi.
A che pro questa non breve premessa? Per intendere che cosa sia la Dottrina sociale della Chiesa che abbiamo il dovere di propagandare e applicare. La nostra meta è una civiltà in cui Cristo sia Re. Ricostruire sarà dal pari un processo che richiederà forse secoli. A noi è comandato di porre le prime pietre. Secondo le parole di Giovanni Paolo II, ricostruire l’Uomo, ricostruire la cultura cristiana («una fede che non si fa cultura…»), ricostruire la Società cristiana («non abbiate paura del ruolo anche pubblico…»).
Bene, a questo punto sarà più facile intendere cosa sia una cosa, se si dice a cosa serve: la Dottrina sociale cattolica sta alla società come il catechismo sta all’individuo. Come il Catechismo insegna al bambino a vivere da cristiano, così la Dottrina sociale consiste nell’insieme dei principi cristiani che le nazioni devono osservare se vogliono avere la pace (che è, secondo San Tommaso d’Aquino, la «tranquillità nell’ordine»), se vogliamo prosperare anche economicamente («cercate il Regno di Dio e il resto vi sarà dato in sovrappiù») e se vogliono la Giustizia. In una parola, essere cristiani, per le nazioni, non è una scelta tra modelli tutti egualmente indifferenti. Al contrario il cristianesimo è per la società l’unica possibile salvezza.
Di questo occorre essere molto convinti, altrimenti non si potranno convincere gli altri: gli individui vanno all’inferno ma per le Nazioni il destino si compie su questa terra. Qui e adesso.
Qual è allora il dovere del cristiano?
a) il Santo Padre Pio XII diceva che è peccato grave non approfondire la conoscenza della dottrina cattolica, ciascuno al proprio livello di capacità e istruzione. Essendo che la Dottrina sociale è «parte integrante della dottrina cristiana», ciascuno ha il dovere di dedicarvi il tempo che può.
b) il cattolicesimo vissuto come esperienza personale e basta, non è sale, ma come diceva il professor Tangheroni, «cacao». Cioè non basta dire: santifico me stesso, così, man mano che lo faccio, irradio un buon esempio attorno a me e gli altri ne saranno attratti. E’ insufficiente come la fede senza le opere e non si distingue dalla “scelta religiosa”.
c) la Dottrina sociale (che è parte integrante della dottrina cattolica: ripetiamolo e ripetiamocelo) implica un’azione sociale che non è velleitaria e lasciata all’immaginazione del singolo, bensì sarà organizzata e avrà una strategia e una tattica, si batterà su singole battaglie senza perdere di vista l’insieme della guerra.
d) sottovalutare la formazione nel cristiano che agisce nel sociale ha dato luogo ai disastri che sono sotto gli occhi di tutti. Di fronte alle domande che ci vengono rivolte (del tipo: ma voi allora cosa proponete?) si è spesso nell’imbarazzo anche per la mancanza di questo momento formativo. La Dottrina sociale non è un manuale per uomini politici : la Chiesa non dà e non deve dare (spetta ai laici) “ricette”. Saranno gli uomini, guidati dai principi della Dottrina sociale, a dare ai regimi la forma che più converrà ai tempi, ai popoli e ai luoghi.
e) «chi controlla il passato controlla il presente, e chi controlla il presente, controlla il futuro». Questa frase, con cui si apre il “1984” di Orwell, deve “vaccinarci” dal pericolo dell’utopia: cioè il recupero del patrimonio culturale (che non è archeologismo, ma “radicarsi” – la mamma permette al bambino di allontanarsi per giocare fin dove può ancora vedere la casa, altrimenti “erra”), della tradizione del pensiero laico cristiano, ci confermeranno che non siamo “orfani”, ma – secondo una espressione medioevale – “nani sulle spalle di giganti”, che, per questo, vedono più lontano. Ma guai a scendere dalle spalle che ci reggono. Quindi: abbiamo una tradizione, veniamo da lontano; abbiamo nel nostro passato geni – filosofi, scienziati, uomini politici, capi di stato, regine, santi – che hanno applicato il cristianesimo sociale alla realtà dei loro tempi. Conoscerli e riproporli è fondamentale, anche perché un apostolato senza esempi rischia l’astrazione. Tenere presente che gli Apostoli testimoniavano non sé stessi e l’esempio edificante che pur magari davano, ma un fatto: che Cristo era risorto e lo avevano visto con i loro occhi. Sarà allora obbligo dei fratelli più versati nelle discipline storiche, economiche, sociali, filosofiche, servire i fratelli che hanno altre vocazioni, in spirito di umiltà e servizio, magari riassumendo brevemente e in un linguaggio semplice determinati argomenti, e approntare strumenti agili come il presente. La stampa, il computer, le fotocopie offrono oggi dei mezzi di apostolato che Don Bosco non aveva; ce ne sarà chiesto conto.
f) al giorno d’oggi il veleno anticristiano è penetrato così a fondo che gente in buonissima fede contribuisce a quella «autodemolizione della Chiesa» che Paolo VI lamentava. La battaglia oggi si svolge soprattutto sul piano delle parole: non facciamoci disarmare; la ricerca sincera della verità non è polemica, ma dovere sacrosanto di carità. Quel che è successo dimostra come sia mutato anche il linguaggio: attenzione alle parole trappola tipo “democrazia”, “popolo”, “dialogo”, “diritti umani”, etc. Nel parlare con la gente non bisogna mai stancarsi di definire (ad esempio: scusa, cosa intendi quando dici che non sono “democratico”?).
g) «ogni uomo è l’obiettivo della Rivoluzione» scriveva Mao Tze Tung; nessuno si illuda (è un buon argomento contro le “scelte religiose”) di sottrarsi alla lotta. «Chi non è con Me è contro di Me, e chi non semina con Me disperde». Questo vale per ciascuno di noi e per quelli che non ci ascoltano. Facciamo nostro quello che era il motto dell’Azione Cattolica di un tempo: Preghiera, Azione, Sacrificio;
h) ogni essere umano conserva una pur minima nostalgia di Dio, che si rivela in un suo aspetto che non è stato avvelenato dal virus rivoluzionario-edonista. Scoprirlo è nostro compito: su quello faremo leva per il nostro apostolato;
i) la conoscenza della Dottrina ci permetterà in ogni circostanza di “leggere” gli avvenimenti e di “scegliere”, cioè di dare un giudizio morale, per cui potremo illuminare gli altri («non si mette una lucerna sotto il moggio»);
l) non cascare nella trappola dei “contrari” (capitalismo/comunismo, liberalismo /totalitarismo, democrazia/fascismo, stasi/progresso): ci metteremmo in bocca al marxismo che è dialettica delle contraddizioni (che suscita, quando sono armonicamente composte: bianchi/negri, vecchi/giovani, maschi/femmine, etc.). Un grande pensatore cattolico del secolo scorso, De Maistre, diceva che il contrario di uno squilibrio non è lo squilibrio opposto, ma l’equilibrio. A volte occorrerà scegliere il male minore, ma questo non santifica il male minore. Ad esempio: tra i fondamenti della Dottrina sociale c’è la proprietà privata. Tuttavia il concetto cristiano di proprietà privata non coincide con quello liberale. Purtuttavia la richiesta marxista della sua abolizione è un male peggiore, per cui ci vedrà momentaneamente schierati con gli economisti liberali (ai quali però è carità chiarire che i nemici dei miei nemici no sono necessariamente amici miei). I Vandeiani che presero le armi contro i Giacobini non combattevano per restaurare l’assolutismo del Re, ma si fregiavano del Sacro Cuore, anche se momentaneamente gli schieramenti coincidevano;
m) ricostruire il mondo secondo la Dottrina sociale cristiana sarà un lavoro simile a quello di un uomo che vuole ricostruire la sua casa, abbattuta dalle intemperie e dalla sua incuria. Egli non contribuirà a spianarla del tutto, ma cercherà da prima quel che è rimasto in piedi, quel che ancora si può salvare. Su quello ricostruirà meglio di prima e più solidamente solo se avrà attentamente studiato come è potuto accadere lo sfacelo, con quali crepe è cominciato, dove si è prodotta la prima fessura. Solo così saprà quali parti deve puntellare e raddoppiare perché non succeda più.
n) un buon criterio per sapere se una cosa è vera o falsa, di primo acchito, è osservare chi la dice. O meglio, esercitarsi ha capire chi ci guadagna alla fine. Difficilmente si sbaglierà (questa non è tanto Dottrina sociale, quanto buonsenso).
o) insisto sulla battaglia delle parole (a tutt’oggi vinta dal vocabolario post-sessantottino): proprietà, famiglia, Stato, persona umana, diritti umani, etica del lavoro, associazioni, libertà di insegnamento, capitalismo e modo di accumulazione capitalistico, etc. In concetti che stanno dietro a queste parole, nella Dottrina sociale cattolica sono diversi da quelli che vengono comunemente usati. Lo studio della Dottrina sociale consiste soprattutto e innanzitutto in questo. Non sarà inutile, ma sommamente opportuno, studiare dei modi per formare dei gruppi di studio interni, ciascuno dei quali poi irradierà all’esterno (ma in modo scientifico, cioè pianificato) quello che avrà imparato. Questo non è “razionalizzare” troppo l’esperienza cristiana, al contrario ci aiuterà a depurarla di quel vago sentimentalismo che la maggior parte dei gruppi cosiddetti ecclesiali odierni scambia per “autenticità” cristiana. Lo spontaneismo (l’esperienza insegna) comincia con Gs e finisce nelle BR. Usare tutti i talenti – la ragione in primo luogo – è essenziale per la salvezza; il padrone evangelico punì il servo che aveva nascosto il suo. Contrariamente a quel che si crede, il metodo suggerito è proprio quello dei primissimi cristiani. La riprova è data dal fatto che lo stesso Lenin dedicò molto tempo allo studio accurato dei metodi di apostolato dei cristiani dei primi secoli.
p) la mancanza di tempo non è un argomento. Un corretto esame di coscienza personale ci rivelerà nella nostra giornata un numero incredibile di “tempo morti” che, se sommati, danno ore. Imparare a sfruttarli è segno di buona volontà. C’è solo un modo di vincere un’abitudine: introdurre l’abitudine contraria. In breve tempo i risultati saranno stupefacenti.
q) quel che si richiede non è solo un dovere; l’incredibile consiste nel fatto che in breve tempo diventa un piacere. Conoscere nei dettagli la vita e come hanno concretamente risolto dettagli di quotidianità i laici cristiani che ci hanno preceduto nella Casa del Padre è entusiasmante. Non solo, ma il rafforzamento della fede che deriva da una più approfondita conoscenza di essa è psicologicamente più che salutare: “tonifica” dentro, dà la “carica”. Saremo più simili al Maestro, che parlava «come uno che ha autorità» e ci darà minori occasioni di sconfitta e di cadute personali.
r) una volta più “motivati”, i fratelli saranno meno propensi a “scaricare il barile”, ma si potrà contare su una maggiore ripartizione dei compiti. In questo, purtroppo, “i figli delle tenebre” sono più accorti dei “figli della luce”. Ognuno di noi deve essere un leader naturale nel posto in cui Dio lo ha messo. Un punto di riferimento per gli smarriti, non un “trascinato”. Vela al vento, non zavorra.
s) questo ci darà unità maggiore; non si dovrà più vedere lo scandalo di due appartenenti ad un movimento che la pensano in modo diverso s punti essenziali, o (per dirne una) non sanno riportare all’ovile un “convertito” dai Testimoni di Geova per mancanza di argomenti.