International Family News
7 Ottobre 2021
Parla il prof. Boer, ex sostenitore della legge: «Molti si chiedono dove andremo a finire»
di Federico Cenci
Vent’anni fa i Paesi Bassi ruppero un tabù mondiale. Con l’approvazione della legge sul «controllo dell’interruzione della vita su richiesta», diventavano il primo Paese a legalizzare l’eutanasia. Il voto in parlamento fu l’epilogo di un dibattito durato decenni. In tanti accolsero con favore la nuova legge, salutandola come una liberazione. Tra i sostenitori dell’eutanasia c’era anche il prof. Theo Boer, docente di Etica sanitaria. Dopo l’approvazione, per nove anni ha fatto parte della Commissione neerlandese di controllo preposta a vigilare sull’esecuzione della legge nei termini previsti. È durante quel periodo che il prof. Boer ha iniziato a rivedere il proprio punto di vista sull’eutanasia. E adesso ne parla con «iFamNews».
Boer, nei Paesi Bassi come si è arrivati alla legge sull’eutanasia?
È stato un processo lungo, partito da discussioni e da processi giudiziari negli anni 1970 e 1980. Nel 1994 è stata approvata una legge provvisoria e quindi si è arrivati a quella definitiva nel 2002.
Quali effetti ha prodotto negli anni questa legge?
Prima che la legge venisse approvata l’eutanasia si verificava già in migliaia di casi all’anno. La legge ha reso questa pratica più trasparente e ha offerto ai medici una maggiore protezione giuridica. Ma ha anche introdotto una nuova dinamica, in tre sensi. In primo luogo, il numero di casi è passato dai 2mila del 2002 ai 7mila del 2020 e continua a crescere. Secondo, ha coinvolto nuove patologie. All’inizio si poteva ricorrere all’eutanasia principalmente se si fosse affetti da malattie terminali (cancro, patologie neurologiche), ma ora sono comprese anche polipatologia, demenza, patologie psichiatriche, un certo numero di handicap e altre. E terzo, le persone lo considerano sempre più un diritto, anche se giuridicamente non lo è. Questo mette sotto pressione molti medici.
C’è stato un “momento chiave” in cui lei ha cambiato idea?
Non c’è stato un momento, ma nel corso degli anni in cui ho lavorato nella Commissione di controllo, dal 2005 al 2014, ho assistito a questi sviluppi e mi sono reso conto che, in molti casi, l’eutanasia non era più l’ultima risorsa, bensì un’opzione predefinita. Mi sono reso conto che la legge portava sì un po’ di stabilità, ma che pure introduceva instabilità nuove.
Negli anni è aumentato il numero di cittadini olandesi contrari all’eutanasia?
Sì e no. Penso che molte persone siano arrivate a considerare l’eutanasia un aspetto normale dei compiti di un medico, proprio come fare nascere bambini o eseguire un intervento chirurgico. Ma ho l’impressione che una minoranza considerevole e crescente si ponga una domanda proccupata: “Dove si andrà a finire?”.
La «sofferenza psicologica» è oggi un motivo sufficiente per richiedere l’eutanasia nei Paesi Bassi?
Sì, e questo vale per circa 80 pazienti all’anno. Nella maggior parte di questi casi le procedure richiedono molto più tempo rispetto alle malattie fisiche. Il problema è duplice. Primo, raramente si sa con certezza che un paziente è senza speranza: dopo molti anni di sofferenza psichiatrica alcuni pazienti si rimettono in piedi, trovando equilibrio e felicità. In secondo luogo, come si può sapere se il desiderio del paziente è libero e ben informato? Molte malattie psichiatriche includono, quasi per definizione, un paziente animato da desiderio di morte.
Che fine ha fatto il progetto di legge sull’eutanasia per «vita compiuta»?
È una proposta di legge che concederebbe a qualsiasi paziente di età superiore a 74 anni il suicidio assistito, indipendentemente dalle ragioni. È stata discussa per la prima volta nel 2011, poi annunciata nel 2016 e infine presentata in parlamento nel 2020. Nel frattempo, tuttavia, due progetti di ricerca governativi hanno fortemente sconsigliato questa legge.
Cosa affermavano questi due progetti di ricerca?
Il primo, del 2016, sosteneva che, se varata, quella legge avrebbe influito sulle persone vulnerabili, sostenendo che la maggior parte di questi casi sarebbe stata coperta dalla legge sull’eutanasia esistente. Il secondo, del 2020, ha sostenuto che il numero di persone che desiderano morire è piccolo e che un numero almeno altrettanto grande è costituito da persone tra i 50 e i 70 anni. Attualmente sono in atto trattative molto complicate tra due partiti di estrazione liberale e due di impronta democristiana per formare una coalizione di governo. Spero che la coalizione che nascerà lasci decidere al parlamento, poiché ho fiducia che il sostegno parlamentare a questa legge sia sceso ben al di sotto del 50%.
C’è stata una diminuzione di casi di eutanasia durante la pandemia?
Solo inizialmente. Ciò è in parte dovuto al fatto che un grande protagonista nel settore, lo «Euthanasia Expert Center» (precedentemente noto come «End of Life Clinic»), ha cessato di praticare l’eutanasia a metà marzo 2020, sostenendo che l’eutanasia non fosse una «cura prioritaria». L’attività del Centro è però ripresa nel maggio 2020 e alla fine dell’anno scorso si è scoperto che i numeri dell’eutanasia erano più alti di quanto non fossero mai stati prima. Non ne conosco i motivi, ma la solitudine durante il lockdown potrebbe avere contribuito al desiderio di morte.
È vero che nei Paesi Bassi l’eutanasia è stata estesa anche ai bambini minori di 12 anni?
Formalmente no. Tuttavia il governo ha emanato linee guida che renderanno praticamente possibile l’eutanasia dei bambini, ordinando al pubblico ministero di non perseguire i medici che la praticano ai minori di 12 anni, purché soddisfino determinati criteri. Ma non sono sicuro che il pubblico ministero “obbedirà” a queste istruzioni governative.
In Italia c’è chi sta promuovendo un referendum per legalizzare l’eutanasia. Vuole mandare un messaggio ai parlamentari italiani?
Non aspettatevi che l’eutanasia aiuti a ridurre il numero dei suicidi. Nei Paesi Bassi i casi sono aumentati considerevolmente nell’ultimo decennio. Coinvolgete l’aspetto medico il meno possibile. Non seguite l’esempio neerlandese. In ogni modo il fatto che il suicidio assistito sia già possibile in Italia, a mio avviso lascia abbastanza spazio a coloro che tragicamente insistono nell’avere il diritto di morire.