Corrispondenza Romana 20 Ott0bre 2021
di Roberto de Mattei
In alcuni ambienti del tradizionalismo cattolico nelle ultime settimane è stato lanciato l’allarme contro il carattere satanico di una mostra che si è aperta il 18 ottobre 2021 alle Scuderie del Quirinale, sul tema dell’Inferno. Lo stesso 18 ottobre, nel suo messaggio ai no-vax di Torino, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò si è fatto eco di queste preoccupazioni, affermando che la Porta dell’Inferno di Rodin che apre la Mostra, ne svelerebbe l’indole massonica e anticattolica.
Purtroppo, negli ambienti della destra politica e religiosa, si parla spesso di ciò che non si conosce. E poiché io la Mostra l’ho visitata, voglio tranquillizzare chi se n’è fatto un’idea sbagliata.
Innanzitutto è importante sapere che i curatori dell’evento sono lo storico dell’arte Jean Clair e sua moglie Laura Bossi, che con questa iniziativa. hanno voluto rendere omaggio a Dante nel settimo centenario della sua morte. Nessuno di essi appartiene al campo della cultura progressista. Jean Clair, pseudonimo di Gérard Régnier, Accademico di Francia, è uno dei pochi storici dell’arte che ha osato criticare a fondo l’arte moderna, con opere (ne cito l’edizione italiana) come Critica della modernità. Considerazioni sullo stato delle belle arti (Umberto Allemandi, 1984), De immundo (Abscondita, 2005) e Processo al surrealismo: Del surrealismo considerato nei suoi rapporti con il totalitarismo e i tavolini medianici (Fazi, 2007).
Di Laura Bossi, una neurologa specializzata nei rapporti tra medicina e filosofia, ricordo l’interessantissima Storia naturale dell’anima (Baldini Castoldi, 2005), in cui demistifica il concetto di morte cerebrale.Ma ciò che più importa è il contenuto della Mostra, che non è dedicata al demonio, ma all’Inferno, e in particolare all’Inferno dantesco. La distinzione è importante, perché i cultori del satanismo amano parlare del demonio, dipingendolo in maniera seducente, ma evitano di ricordare l’esistenza dell’Inferno, che essi negano
La Mostra delle Scuderie riporta invece alla luce questa tragica verità escatologica e non ispira nei visitatori il fascino di Satana, ma l’orrore dell’Inferno e delle sue pene. Una frase dello storico dell’iconografia medioevale Jérôme Baschet, che, nella Mostra, commenta un’immagine della bocca dell’inferno, è significativa: «L’Inferno è altrettanto terribile e minaccioso quanto il mostro che lo rappresenta».
La Porta dell’Inferno (1917) di Auguste Rodin, che tanto fa scandalo, è stata posta all’inizio del percorso espositivo a immagine della porta evocata da Dante nel III canto dell’Inferno. Essa è stata scolpita sul modello della Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, ed esprime non la soddisfazione, ma «tutta la disperazione dei dannati, che invano cercano di scuoterne gli implacabili battenti», come scrivono Chloé Ariot e François Blanchetière, nel Catalogo della Mostra, Inferno (Electa, 2021, p. 83).
Accanto alla Porta di Rodin campeggia nella prima sala, il celebre Giudizio Finale (1425) del Beato Angelico, mentre nella stessa sala, vengono esplicitamente evocati i Novissimi (Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso), presentati dai curatori come elemento «fondativo della cultura europea». Splendide anche due opere che rappresentano la caduta degli angeli ribelli: una scultura di Francesco Beros (1725-1735 circa) e un olio su tela di Andrea Commodi (1612-1614), proveniente dalla Galleria degli Uffizi.
La Mostra sull’ Inferno è, come scrive Laura Bossi, una «topografia del male» (Catalogo, cit., p. 43). I demoni sono sempre rappresentati come personaggi orripilanti, mentre i dannati soffrono sullo sfondo delle fiamme e dei ghiacci dei paesaggi infernali. Lungo il percorso si alternano gli esemplari miniati della Città di Dio di sant’Agostino, le pergamene illustrate di Sandro Botticelli, i disegni drammatici di Federico Zuccari e di Giovanni Stradano, le visioni apocalittiche di Jeronimus Bosch, Pieter Huys e Jan Brueghel il Vecchio. Ma le sale più importanti sono dedicate a Dante e alla Divina Commedia, con dipinti classici come la maestosa tela di quattro metri di Gustave Doré Virgilio e Dante nel IX girone dell’Inferno (1861).
Tra le altre opere esposte meritano di essere ricordate: il celebre Demonio di Valladolid, del XVIII secolo, in legno policromo; i Dieci episodi della Divina Commedia (1842-1844) di Carl Christian Vogel von Vogelstein; Lucifero (1890-91) di Franz Von Stuck; il Teatrino napoletano “Inferno” (1920) con pupi catanesi e palermitani. Suggestiva è infine la proiezione, lungo il percorso, di uno dei primi film muti, L’Inferno (1911) di Francesco Bertolini, che si ispira fedelmente all’Inferno dantesco, con una serie di quadri animati ispirati alle illustrazioni di Doré.
La Mostra delle Scuderie si conclude con la rappresentazione dell’inferno in terra, che è la degenerazione della modernità, attraverso i temi della fabbrica, della follia, della guerra e dell’universo concentrazionario. Certamente si sarebbe dovuto dare più spazio all’inferno del comunismo, ma le didascalie sono abbastanza chiare, come un brano della lettera di Varlam Salamov del 1972: «Il tema del Lager è l’espressione, il riflesso la conoscenza della più grande tragedia del nostro tempo. E la tragedia consiste in questo: come hanno potuto uomini educati per generazioni sulla letteratura umanistica arrivare ad Auschwitz, alla Kolyma». Salamov (1907-1982) fu per lunghi anni prigioniero dei lager sovietici ed è autore dei Racconti della Kolyma. Storie dai lager (Newton Compton, 2012).
Il tema dell’ultima sala è “Riveder le stelle” (Inferno, XXXIII, 139). Il visitatore conclude il percorso sotto un manto celeste, illustrato da opere come Sternenfall di Anselm Kiefer (1945) e da didascalie che richiamano l’idea di Dio, creatore del Cielo e della terra.
La Chiesa si è sempre servita delle icone pittoriche per fare opera pedagogica, trasmettendo attraverso le immagini l’idea della dannazione eterna, destinata a coloro che trasgrediscono la legge divina. L’Inferno non è una fantasia ma, come ricorda in una didascalia della Mostra il matematico Kurt Gödel, è «una regione dello spazio». E’ la stessa pedagogia che il 13 luglio del 1917 la Madonna ha usato a Fatima, mostrando ai tre pastorelli l’orrore dell’Inferno, «dove vanno le anime dei poveri peccatori».
«Si può salvare l’uomo dall’inferno eterno solo se se ne parla di nuovo», ha scritto padre Serafino Lanzetta, presentando il libro da lui curato Inferno e dintorni. E’ possibile un’eterna dannazione? (Cantagalli, 2010, p. 10), che raccoglie gli atti di un importante convegno di studi svoltosi a Firenze su questo tema dall’11 al 13 dicembre 2008.
La Mostra delle Scuderie non celebra l’Inferno, ma ci parla di questo mistero di Giustizia troppo spesso ignorato dai Pastori di anime nella loro predicazione e nella loro catechesi.