46 i milioni di cristiani uccisi per la loro fede tra il XX e il XXI secolo nel mondo.105 mila le vittime ogni anno
di Graziella Tetà
Le studentesse assalite erano quattro: una compagna fu salvata in extremis. Ricordarle, attraverso quella terribile immagine, è stato il primo gesto compiuto da Massimo Introvigne nel gennaio 2011, appena nominato rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, in particolare quella contro i cristiani e gli appartenenti di altre religioni, nell’ambito dell’Osce.
Un impegno durato un anno, e che oggi Introvigne, fondatore e direttore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni), porta avanti come coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa costituito dal Ministero degli Esteri italiano in collaborazione con Roma Capitale Le tre ragazzine indonesiane fanno parte di quei 105 mila cristiani uccisi ogni anno a causa della loro fede
Il Centro cattolico di documentazione di Marina di Pisa e Alleanza cattolica di Pisa hanno organizzato un incontro sul tema: «I cristiani: la minoranza più perseguitata del mondo», che si è svolto lo scorso venerdì 14 dicembre nella sala conferenze della chiesa pisana di Santa Maria del Carmine. Evento, ha spiegato il promotore Andrea Bartelloni «che intende far conoscere la difficile condizione dei cristiani nel inondo, per vivere più consapevolmente l’Anno della Fede appena iniziato».
L’iniziativa è stata dedicata alla memoria di don Mario Agosta, sacerdote salesiano, a vent’anni dalla sua scomparsa (1917-1992), indimenticato parroco di Marina di Pisa dal 1965 al 1979. «Una figura alta che ha inciso nella vita di quanti l’hanno conosciuto – ha detto Bartelloni – e numerosi giovani di allora hanno seguito i suoi insegnamenti, impegnandosi poi nel servizio alla chiesa, nelle parrocchie e nelle associazioni».
A metà degli anni ’70, è stato ricordato, don Agosta organizzò un incontro e una mostra sui cristiani perseguitati nei paesi comunisti, iniziativa che suscitò polemiche «Da allora -ha aggiunto Bartelloni – la persecuzione dei cristiani si è allargata in numerose aree del mondo».
Qual è la situazione Io ha spiegato il relatore dell’incontro Massimo Introvigne, partendo dalle statistiche dell’accreditato studioso protestante David Barret. «Nel 2000 – ha raccontato Introvigne – Barret scrisse un libro per indagare sui cristiani uccisi, dall’avvento di Cristo in poi: sono stati 70 milioni, di cui 45 nel solo XX secolo.
In un solo secolo, dunque, più della metà di vittime rispetto ai 19 secoli precedenti, e si è trattato principalmente di vittime delle persecuzioni del comunismo». Le proiezioni dello studioso per XXI secolo parlavano di 150 mila cristiani uccisi ogni anno.
Le statistiche più recenti, elaborate dai collaboratori di Barret (scomparso l’anno scorso) che continuano il suo lavoro d’indagine, si attestano a 105 mila. «Si tratta di cristiani uccisi perché cristiani – ha sottolineato Introvigne – non sono martiri, come spesso vengono impropriamente definiti, perché non gli è attribuibile la volontà di immolazione». La scorsa estate Introvigne, conferenziere in un convegno in Ungheria, fece un semplice calcolo dividendo quel numero, 105 mila, per i minuti di un anno: il risultato – un morto ogni 5 minuti – è stato ripreso e rilanciato dai media in tutto il mondo.
Le discriminazioni accertate sono numerose e il numero delle vittime è alto (cifre da genocidio, con 46/47 milioni di cristiani uccisi tra il XX e il XXI secolo), l’eco mediatica data al problema rimane bassa». Perché? «La risposta – ha continuato – sta nel dividere le vittime dai persecutori. Se si evocano casi, come quello della pakistana Asia Bibi, madre di 5 figli, in carcere per non aver rinnegato la sua fede cristiana, c’è attenzione a livello mediatico internazionale.
Ma se si passa a parlare dei persecutori, l’interesse scema, le sale delle conferenze si svuotano. Parlare di vittime non costa – ha incalzato Introvigne – parlare degli assassini costa, perché operano nei Paesi che danno il petrolio alle nazioni occidentali, che comprano le loro merci e i loro titoli di Stato: così i governi frenano».
Ma chi sono i responsabili delle persecuzioni dei cristiani? Introvigne li individua inserendoli in quattro «quadranti». «Il primo – ha spiegato – è il fondamentalismo in cui militano alcuni musulmani radicali, non certo tutto l’Islam: per esempio, il Senegal è un Paese islamico modello di convivenza pacifica con altre religioni. Il fondamentalismo -ha continuato il relatore – opera sia direttamente dove controlla i tenitori (come in Mali e Yemen), sia nei Paesi a maggioranza musulmana (come Somalia, Nigeria, Kenya).
Qui si muore per mano di organizzazioni terroristiche. Poi ci sono i morti “istituzionali”, vittime delle leggi contro l’apostasia, che ancora esistono nel mondo islamico, dove è considerato reato cambiare religione; e di altre leggi, come quella sul “delitto d’onore”, per cui un musulmano può sentirsi legittimato ad uccidere un congiunto convertito al cristianesimo, e quelle contro la blasfemia che colpiscono chi neghi che l’Islam sia la vera religione».
Proseguendo nella sua analisi, Introvigne, ha delineato «il secondo quadrante, costituito dai paesi comunisti, come la Corea del Nord, in cui negli ultimi anni sono morti 300 mila cristiani), ma anche Laos e Cambogia. In Cina invece il problema è il rispetto dei diritti umani, mentre ufficialmente il cristianesimo è accettato, sebbene sia rappresentato dalle chiese nazionali scismatiche, con vescovi nominati dal partito.
Nel terzo quadrante inserisco i movimenti ultrafondamentalisti hindu/buddisti. Il partito nazionalista indiano ha una componente violenta: per gli estremisti, un indiano non hindu è considerato un traditore della patria; nello stato indiano dell’Orissa, in particolare, è presente un nazionalismo virulento. C’è intolleranza verso le altre religioni».
Nel quarto quadrante Introvigne inserisce «tutti quei Paesi dove è violata la libertà religiosa, principio non negoziabile, come ha ribadito di recente Papa Benedetto XVI promulgando il suo messaggio per la Giornata della Pace 2013. Con un distinguo: in Africa e in Asia la mancanza di libertà religiosa può tradursi in persecuzione, in Occidente in discriminazione (che è presente anche negli Stati Uniti di Obama, la cui riforma sanitaria, per esempio, non prevede il diritto all’obiezione di coscienza in tema di aborto)».
Lo studioso mette in guardia dalla spirale perversa dell’anticristianesimo: «L’intolleranza (anche mediatica) è un veleno culturale, che può portare alla discriminazione (e diventa fatto giuridico, pensiamo a leggi e sentenze sull’esposizione del crocifisso), che può trasformarsi in persecuzione».
Che cosa possiamo fare? Si è chiesto il relatore, fornendo almeno due risposte: «Continuare gli sforzi diplomatici, sebbene non sia l’unico modo con cui gli Stati parlano tra loro, ci sono anche gli strumenti della protesta e della denuncia all’opinione pubblica. Sul terreno della diplomazia, va detto che l’Italia ha a cuore le cause dei cristiani – ha annotato Introvigne – insieme con Russia e alcuni Paesi dell’Est Europa, meno la Francia e la Spagna, dove tuttavia un certo impegno non manca, meno ancora i Paesi protestanti e gli Usa.
E ancora, noi cristiani – ha concluso – possiamo fare pressione sui nostri politici e accendere i riflettori per mostrare le discriminazioni. Quando si è al buio si può o maledire l’oscurità o accendere un fiammifero: se noi accendiamo tanti fiammiferi facciamo luce, e non avremo paura del buio». L’intervento di Massimo Introvigne è durato poco più di un’ora: nel frattempo, nel mondo sono stati uccisi 12 cristiani.