Ahi, serva Europa perchè tutta questa propaganda islamica?

Newletter di Giulio Meotti

11 Febbraio 2022 

L’unico simbolo religioso scelto per la campagna sul “futuro dell’Europa” non sono croci o kippà, ma il velo. Psicologia della sottomissione (spendono decine di milioni di euro in progetti pro Islam)

di Giulio Meotti

Cinque anni fa, alcuni dei più importanti intellettuali europei – l’inglese Roger Scruton, il polacco Ryszard Legutko, il tedesco Robert Spaemann e il francese Rémi Brague – lanciarono la “Dichiarazione di Parigi“.

Rigettarono “l’utopistica crociata pseudo-religiosa votata a costruire un mondo senza confini” e invocarono un’Europa basata sulle “radici cristiane”, che s’ispiri alla “tradizione classica” e ripudi il multiculturalismo: “I padrini della falsa Europa credono che la Storia sia dalla loro parte e questa fede li rende altezzosi e sprezzanti, incapaci di riconoscere i difetti del mondo post-nazionale e post-culturale che stanno costruendo. Ignorano, anzi ripudiano le radici cristiane dell’Europa.  Allo stesso tempo, fanno molta attenzione a non offendere i musulmani, immaginando che questi ne abbracceranno con gioia la mentalità laicista e multiculturalista”.

Profetici, a giudicare dal poster per la “Conferenza per il futuro dell’Europa” che si terrà da oggi al 13 febbraio e organizzata dalle istituzioni dell’UE.

L’unica persona che indossa un simbolo religioso è una donna musulmana. Non una kippà o una croce.

No, perché la recente campagna della Commissione Europea per non augurare “buon Natale” era stata soltanto rimandata. Ha ragione il saggista canadese Mathieu Bock-Côté, che ieri alla tv francese ha detto: “Il velo islamico è diventato la bandiera della nuova società. Le nostre élite capitolano e hanno accettato l’idea che l’islamizzazione dell’Europa sia inevitabile. È una psicologia della sottomissione”.

A novembre il Consiglio d’Europa aveva prodotto una spudorata pubblicità a favore del velo islamico con foto e slogan inequivocabili come “Il mio velo, la mia scelta”, e “La bellezza è nella diversità, come la libertà nell’hijab”…

Ha ragione Le Figaro di oggi quando scrive che l’Unione Europea è diventata “un organo della propaganda della diversità”.

Ha ragione Thibault deMontbrial: “La scelta di una donna velata per illustrare il ‘futuro dell’Europa’ lascia senza parole.

I Fratelli Musulmani non osavano sognarlo, lo hanno fatto gli utili idioti”. Ha ragione Marie-Estelle Dupont quando dichiara: “L’Europa ci dice che in nome della tolleranza dobbiamo aiutare la Sharia a stabilirsi

Si tratta di uno tsunami. Nel 2013, l’Organizzazione per la cooperazione islamica (l’ente che rappresenta i paesi islamici di tutto il mondo) apre un ufficio al Parlamento Europeo. Nel 2014 la Commissione Europea inizia a finanziare e a partecipare alla “Giornata europea contro l’islamofobia”.

Nel 2015 Bruxelles finanzia il “Rapporto sull’islamofobia” redatto da una ong turca vicina a Erdogan. Nel 2016 una mostra finanziata dall’Unione Europea (2,5 milioni di euro) intitolata “L’Islam, la nostra storia!“.

E poi svariati progetti pagati dal Consiglio Europeo della Ricerca, come “Il Corano europeo” finanziato con 9.842.534 euro. E perché non citare “Il Corano globale, mega progetto finanziato dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea? Budget: 1.980.000 euro.

Al Parlamento Europeo, generosissimo nel finanziare queste campagne pro-Islam, il rapporto sull’Afghanistan (diventato il primo paese al mondo per la persecuzione dei cristiani) ha “dimenticato” di citare la sorte dei cristiani. 

A Bruxelles sembra che si faccia tutto a gloria dell’Islam.

“È semplicemente un problema di ‘pieno’ e di ‘vuoto'”, ha scritto Ernesto Galli della Loggia su Il Corriere della Sera. “È impossibile non considerare che mentre dietro il ‘pieno’ si stagliano i profili di due grandi tradizioni teologico-politiche — quella dell’ortodossia russa della Terza Roma da un lato, e quella dell’Islam dall’altro — dietro il ‘vuoto’, invece, c’è solo la progressiva evanescenza dell’Occidente europeo”.

Qual è il messaggio che l’Unione Europea sta trasmettendo forsennatamente? Che l’Islam è inseparabile dall’idea d’Europa? Che l’Islam è il “nostro avvenire”? Che l’Europa è solo un’organizzazione politica sovranazionale e non civiltà che affonda le radici nel retaggio giudaico-cristiano?

La campagna per il velo conferma l’analisi del grande romanziere algerino Boualem Sansal, l’autore di 2084, che scrive: “Dalla mia lunga osservazione dei paesi che l’Internazionale Islamica ha preso di mira ho imparato tre lezioni.

La prima è che le società sotto tiro si rendono conto molto rapidamente di non avere i mezzi per sconfiggere questo nemico invisibile. Questa misteriosa minaccia liquefa letteralmente la società.

A questo punto, stremati, scoraggiati, entrano in un processo di relativa sottomissione, credendo di placare il nemico, cedendogli sempre più terreno, portando avanti le sue richieste e diventandone eventualmente anche il suo avvocato.

La società finisce per ammirare questo nemico prodigioso e per disprezzarsi. Alla fine, si unisce a lui, ne diventa complice, vuole essere come lui e morire al grido di “Allahu Akbar”. 

Sembra che a Bruxelles abbiano preso sul serio quanto ieri in aula ha detto il terrorista Salah Abdeslam: “L’Islam trionferà con le buone o le cattive, con o senza di noi”. 

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