Tempi.it 23Maggio 2022
Uno studio ripreso dal Financial Times rivela che le persone più scolarizzate cercano in politica solo fatti che confermino le loro opinioni. Un paradosso
di Rodolfo Casadei
Cittadini più istruiti e più politicamente informati non sono garanzia di un migliore funzionamento della democrazia e di un uso più saggio del voto: al contrario, l’istruzione e la lettura della stampa politica più accreditata favoriscono il radicalismo che polarizza la società e la faziosità sorda a qualunque argomento avverso.
A sostenerlo non è qualche penna populista, ma il Financial Times per la voce del suo commentatore Stephen Bush, che si fa forte dello studio prodotto da Michael Hannon dell’università di Nottingham.
Contro la epistocrazia
In un paper apparso all’inizio dell’anno – uscito dall’anonimato grazie all’articolo del Financial Times – basato su una bibliografia di 90 titoli, questo docente di epistemologia spiega che «è opinione diffusa che le democrazie richiedano cittadini informati per funzionare bene.
Ma gli individui più politicamente informati tendono ad essere i più partigiani e la forza dell’identità partigiana tende a corrompere il pensiero politico. Ciò crea un paradosso. Da un lato, si sostiene che una cittadinanza informata è necessaria per una democrazia fiorente. Dall’altro, gli elettori più informati e appassionati sono anche i più propensi a pensare in modi corrotti e faziosi».
Con ciò Hannon (e Bush) respingono l’”epistocrazia”, cioè quella corrente di pensiero che sostiene che sarebbe necessario filtrare coloro che sono ammessi al voto nelle elezioni di ogni ordine e grado attraverso criteri che riguardano il livello di istruzione, la frequenza di corsi di educazione civica, il superamento di esami che dovrebbero dimostrare la preparazione politica dei potenziali elettori. E arrivano a sostenere che elettori più istruiti non sono, come generalmente si crede, garanzia di una democrazia più sana e funzionante.
Il ragionamento motivato
Il discorso parte dalla psicologia cognitiva: è dimostrato che tendiamo a interpretare e filtrare le argomentazioni in modo da confermare i punti di vista che già abbiamo. «(…) tendiamo a cercare, ad accettare acriticamente e a ricordare meglio le prove favorevoli al nostro punto di vista; mentre tendiamo a evitare, dimenticare e ad essere più critici delle controprove (Taber and Lodge, 2006).
Questa tendenza umana generale è nota come “motivated reasoning”, ragionamento motivato. In linea di massima, il ragionamento motivato è la tendenza a cercare, interpretare, valutare e soppesare prove e argomentazioni in modi che sono sistematicamente orientati verso le conclusioni che “vogliamo”.
Quando ciò accade, due persone possono guardare lo stesso insieme di prove e tuttavia trarre conclusioni opposte su ciò che l’evidenza mostra, ricavandone un indebito supporto per la loro iniziale posizione».
Ora, sta di fatto che le persone col più alto grado di istruzione sono anche quelle che si interessano di più alla politica.
Per esempio alle elezioni politiche britanniche del 2019, ricorda Bush, sono andati a votare il 69 per cento dei laureati sotto i 35 anni di età, mentre fra i non laureati delle stesse classi di età si è recato alle urne solo il 41 per cento.
Razionalizzare le proprie credenze
Fra i primi il “ragionamento motivato” funziona in maniera più estrema che fra i secondi, perché la loro istruzione e l’abitudine analitica gli permette di cercare e trovare gli argomenti di cui hanno bisogno per dimostrare la giustezza del loro pregiudizio.
Vengono citati gli studi di Charles Taber e Milton Lodge, di John Zaller e di Michael Huemer. Ha scritto quest’ultimo: «Normalmente, l’intelligenza e l’educazione sono ausili per acquisire convinzioni vere.
Ma quando un individuo ha preferenze non epistemiche per certe convinzioni, le cose non vanno necessariamente così; l’elevata intelligenza e l’estesa conoscenza di un argomento possono anche diminuire le prospettive di un individuo di arrivare a una convinzione vera.
Il motivo è che una persona di parte usa la sua intelligenza e la sua educazione come strumenti per razionalizzare le sue credenze. Le persone altamente intelligenti possono pensare razionalizzazioni per le loro convinzioni in situazioni in cui i meno intelligenti sarebbero costretti a rinunciare e ad ammettere l’errore; le persone altamente istruite dispongono di un più grande archivio di informazioni da cui cercare selettivamente le informazioni a supporto della convinzione che prediligono».
Faziosi più istruiti
L’opzione politica sarebbe soprattutto una questione di identità, di storia personale, di ambiente frequentato; e il sapere sarebbe lo strumento attraverso il quale i più istruiti radicalizzano le loro convinzioni, a prescindere dalla verità o falsità dell’argomento in discussione.
«In Il ragionamento quotidiano e le radici dell’intelligenza, David Perkins e i suoi colleghi (1991) hanno studiato la relazione tra istruzione, Quoziente di Intelligenza (QI) e capacità di trovare ragioni.
Hanno scoperto che il QI era il predittore più significativo di quanto bene le persone fossero in grado di argomentare, ma solo riguardo al numero degli argomenti a favore del proprio punto di vista.
In altre parole, le persone intelligenti sono dei buoni avvocati e addetti stampa, ma non sono brave a trovare ragioni per le opinioni contrarie alle loro. Allo stesso modo, Mark Joslyn e Donald Haider-Markel (2014) hanno scoperto che “i faziosi più istruiti sono i più arretrati nella comprensione delle realtà fattuali”.
Invece di fornire “una vera salvaguardia alla democrazia”, come pensava Franklin Roosevelt, l’educazione sembra intensificare potenti motivazioni di parte. (…) Se la conoscenza è ciò che dà ai faziosi più “munizioni” per distruggere informazioni minacciose, allora l’intelligenza è l’”arma”. Più potenza di fuoco cognitiva si ha a disposizione, più si è in grado di distorcere dati e argomenti per adattarli alle conclusioni che si vogliono. Questo sfata l’idea che il “ragionamento motivato” sia una caratteristica delle persone meno intelligenti. Conforta anche l’affermazione di Hume secondo cui la ragione è schiava delle passioni».
Obiettività politica
Hannon non ha una soluzione per il problema che ha individuato, ma sostiene che la strada per risolverlo passa per la valorizzazione dell’obiettività politica: la propensione a guardare alle questioni politiche senza pregiudizi.
Purtroppo questa qualità è concentrata fra le persone che non si occupano di politica…:
«Ci troviamo quindi di fronte a quello che potrebbe essere un paradosso senza vie di uscita, che chiamerò il paradosso dell’obiettività: più un soggetto è motivato a ricoprire il ruolo di cittadino democratico, meno è cognitivamente capace di soddisfare i requisiti epistemici di un comportamento razionale per la democrazia. Al contrario, più un soggetto è cognitivamente capace di soddisfare i requisiti epistemici di responsabile cittadinanza, meno è motivazionalmente capace di svolgere questo ruolo».
Dire: ho sbagliato a votarlo
L’articolo sul Financial Times esprime profonda preoccupazione di fronte a queste prospettive: le democrazie, spiega Bush, fanno errori o approvano atti criminali come le autocrazie, ma hanno il grande merito di saper correggere i propri errori attraverso successive elezioni. Se però i cittadini che vanno a votare sono degli istruiti estremisti, la qualità decisiva della democrazia viene meno.
«Il problema è che più elettori hai che sono capaci di convincersi di aver sempre avuto ragione, più difficile è per le democrazie correggere gli errori. Le democrazie dipendono dall’avere abbastanza elettori in grado di dire che gli piaceva un certo candidato quando parlava di tagli alle tasse e rilocalizzazione dei posti di lavoro, ma sono meno entusiasti di lui ora che sta dicendo che le elezioni che ha perso sono state un atto di frode.
Gli stati prosperano se un numero sufficiente di elettori sono in grado di ammettere a se stessi che il tipo carismatico che hanno sostenuto l’ultima volta non ha ottenuto molto in carica.
A causa della pressione politica sulle democrazie affinché i governanti aumentino il livello di istruzione della popolazione, è improbabile che l’ascesa di elettori altamente istruiti e abili nel “ragionamento motivato” si arresti».
Con le conseguenze che si vedono: radicalizzazione, polarizzazione, prevalere della “post-verità”.
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