L’ascesa della donna e del matrimonio nel medioevo

Liberà e Persona 15 Dicembre 2022

di Christian Peluffo

Il matrimonio ‘poliginico’

Per la nostra riflessione, è opportuno notare che la stragrande maggioranza delle civiltà prevedeva e prevede la possibilità del matrimonio poligamico, o meglio poliginico, se vogliamo essere precisi, un uomo che può sposare contemporaneamente varie donne, testimoniando in tal modo la loro inferiorità rispetto a lui, essere dotato di dignità (e di patrimonio) tale da poter disporre – oltre che di terreno, case e preziosi – anche di varie e certo avvenenti mogli.

Eccessivamente radicati nella mentalità antica e troppo potenti per accettare l’integrale potestà del Vangelo, è vero che i primi re cristiani s’avvalevano ancora dei favori delle concubine, tuttavia la loro religione si dimostrò da subito assolutamente fondamentale per difendere, da culture esterne e movimenti eretici interni, il matrimonio monogamico già presente nell’Antica Roma, nella quale però, è bene rammentarlo, il pater familias vantava un potere quasi assoluto.

Condividere le attenzioni tra più mogli

All’interno del rapporto coniugale, la moglie, già costretta a condividere con altre donne l’amore, o meglio, le attenzioni del marito, viveva nel continuo timore del ripudio, consapevole che per il gentil sesso il matrimonio era a scadenza, raggiunta se e quando l’uomo voleva.

“Se d’ora in avanti Bastum (la moglie) dirà a suo marito Rîmum: Non ti voglio più come marito verrà legata e annegata. Se Rîmum (il marito) dirà a sua moglie: Non ti voglio più, moglie, le verserà la somma di dieci sicli d’argento (circa 80 grammi) e la manderà via” (1) .

Non facciamoci ingannare dalla particolare collocazione geo-storica nella quale vigeva la clausola matrimoniale presente a Babilonia; quella del ripudio subito dalla moglie è dinamica pressoché universale, attestata anche nel più “femminista” Antico Egitto, nonché capace di vincere i secoli, tanto che in molti Paesi odierni le mogli possono facilmente subire il così detto “Talaq” dal marito, come prevede la legge islamica.

Ripudiata perché

Poi, gran parte della storia delle civiltà si comprende con il buon senso; ovviamente, alla ripudiata si aprivano tempi di stenti e miseria, e il coniuge si poteva trattenere da quella decisione non per misericordia, ma se la consorte proveniva da famiglia influente, capace dunque di fargli intendere, in questo o quel modo, che simili slanci non le erano affatto graditi.

Un altro “ovviamente” indica la principale motivazione del ripudio; l’infertilità della donna (2), la sua incapacità di donare discendenti al consorte, in particolare figli di serie A, cioè maschi e sani.

Con l’indissolubilità Gesù protegge anche la dignità della donna

In seguito, giunse una nuova religione, quella proclamata dalla Chiesa di Roma, e qui altri “ovviamente” sarebbero immediati, quasi spontanei se non fossimo stati sommersi da interi decenni di mistificazioni storiche, censure, mezze verità.

Sorprendendo anche i suoi discepoli, Gesù sancì, con la sua divina volontà, l’indissolubilità dell’unione matrimoniale.

Dunque, la moglie rimane tale sino a che “morte non vi separi”, nemmeno se inferma e sterile, proclamava la comunità ecclesiale, può subire il ripudio, e in ogni caso il marito non può contrarre nuove nozze.

Gli storici sottolineano che sino all’anno mille circa qualche forma di ripudio e divorzio era prevista dai legislatori civili, che in ogni caso, già dal primo avvento della nuova religione, cristianizzavano sempre più le loro disposizioni a favore della donna e dell’unità della famiglia.

Quale inaspettato, immenso dono offerto alle signore, una volta sposate protette socialmente ed economicamente dai flutti che la vita riserva ad ognuno, preservate dai profondi gorghi che non di rado gli stessi umani generano, vorticando di qua e di là per i loro interessi, nelle acque navigate dai loro simili.

Donne in tribunale già dall’oscuro Medioevo

Se in passato fosse esistita la comunicazione odierna, le varie civiltà avrebbero faticato a trattenere schiere di donne decise ad emigrare verso il piccolo continente della croce, tuttavia, ad onore del vero, alcuni viaggi prendevano vita anche in Europa.

Questo o quel marito tentava infatti la via del ripudio, così la moglie correva in tribunale per dimostrare ch’era veramente tale, che aveva fin qui vissuto all’interno di un rapporto benedetto da Dio. I giudici dovevano dunque sancire se la coppia era sposata oppure se l’uomo, dichiarandosi pubblicamente peccatore, stava ponendo fine all’unione fraudolenta.

L’insigne Jean Gaudemet, nella sua opera Il Matrimonio in Occidente, ha dimostrato l’imparzialità di alcune sentenze giunte sino a noi, attestando una volta di più che nell’oscura epoca medievale – priva di femminismo e depressioni – al centro della società non c’era l’uomo in quanto tale, come vogliono far credere schiere di documentari e manuali, bensì la famiglia, certo protetta e rappresentata all’esterno dal maschio (nonno compreso), ma vivificata al suo interno soprattutto dalla donna.

Gli avvisi matrimoniali

In ogni caso, proprio durante quei secoli tenebrosi – privi d’emancipazioni e suicidi – la Chiesa introdusse la notorietà pubblica delle nozze anche per il popolo, infatti gli avvisi matrimoniali e i testimoni sono sostanzialmente delle novità derivate dalla comunità ecclesiale, e giocarono un ruolo determinante soprattutto a garanzia della moglie e dei figli, sempre più protetti dall’arbitrio di mariti e padri pentiti.

Ancora in quest’ottica s’inquadrò la possibilità di opporsi al previsto matrimonio, il “se qualcuno è contrario parli ora o taccia per sempre”, per dirla in parole povere.

Senso tutelativo dei matrimoni religiosi segreti

Non finisce qui, perché i nostri antenati cattolici compresero presto l’occasionale necessità di modulare o persino evitare la pubblicità del matrimonio; ecco, dunque, la possibilità di contrarre unioni clandestine per il potere civile, cioè in segreto, nei casi estremi persino celati alle famiglie di provenienza, decise a tutto per evitare quel futuro coniugale ai loro figli.

Ulteriore esempio storico di Chiesa che non segue il mondo, a garanzia della reale volontà dei futuri sposi che – opponendosi alle imposizioni di parenti, istituzioni e chissà chi altri – decidevano di appellarsi alla dottrina cattolica, identificante nel matrimonio un sacramento, dunque da contrarre liberamente; il “vuoi tu prendere in sposo/a ecc.”, per dirla in parole povere…, o meglio, alquanto ricche di fede e umanità.

Note

(1) Pubblicato da B. Meissner, Beitrage zum altbabylonischen Privatrecht, 1893, in Maurice Bardèche, Storia della donna, vol. I, U. Mursia & C., Milano 1973, 102.

(2) Generalmente le civiltà consideravano la mancanza di figli come un difetto della donna, la quale veniva in un certo senso equiparata ad un terreno che non riusciva a far nascere, a sviluppare il nascituro. E’ ovvio che tale discorso è alquanto generale, tuttavia l’accusa d’infertilità spesso proveniva più da equivoci scientifici che da misoginia, del resto, sebbene alcuni avessero già intuito la sua presenza, la scoperta della cellula uovo avvenne solo a XIX secolo inoltrato.

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