La brutta eredità del brutalismo in architettura

Abstract: la brutta eredità del brutalismo in architettura. La società “woke”, sempre più totalitaria, ha bisogno di uno stile architettonico che esprima la sua bruttezza repressiva e la sua filosofia di lotta di classe. Il “brutalismo” potrebbe essere la scelta giusta.

Tradizione famiglia proprietà newsletter 5 Gennaio 2023 

Oppressione per il corpo e distruzione per l’anima:

la brutta eredità del brutalismo

di Edwin Benson

La società “woke”, sempre più totalitaria, ha bisogno di uno stile architettonico che esprima la sua bruttezza repressiva e la sua filosofia di lotta di classe. Il “brutalismo”1 potrebbe essere la scelta giusta.

I rivoluzionari amano manipolare le parole, spesso “centrifugandole” in significati apparentemente semplici ma relativamente oscuri. Si pensi, ad esempio, all’uso improprio che fanno di termini come “accompagnamento”, “giustizia sociale” o addirittura “woke”. Ma non è questo il caso dello stile architettonico noto come “brutalismo”.

L’architettura della disperazione

I dizionari definiscono l’aggettivo brutale come freddo, duro, severo, sgradevole e privo di sensibilità. Si parla di brutalismo come di “uno stile nell’arte e specialmente nell’architettura che usa l’esagerazione e la distorsione per creare un effetto (come quello della massività o della potenza)”. (Dizionario Merriam-Webster)

Sebbene molti non conoscano questa parola, ben pochi sono quelli sfuggiti alle strutture brutaliste. Un attimo di riflessione probabilmente porrà fine al mistero. Chiunque immagini un edificio freddo, duro, severo e sgradevole probabilmente immagina una struttura brutalista.

Quando si parla di uno stile di costruzione, gli architetti parlano spesso di “elementi” tipici. Talvolta possono mancare alcuni singoli elementi, ma la maggior parte di essi compare in uno stile determinato. Gli elementi del brutalismo sono i seguenti:

  •  Massiccio
  • Costruito principalmente in un grezzo cemento armato non verniciato.
  • Pareti rudimentali e non rifinite
  • Meccanica strutturale esposta, spesso travi, condotte e tubi.
  • Forme irregolari
  • Mancanza di ornamenti
  • Uso limitato minimo del colore
  • Radicalmente utilitaristico
  • Elementi modulari che potrebbero essere stati costruiti altrove e portati sul sito.

Ironicamente, il termine brutalismo non si riferisce all’assalto ai sensi che molti di questi edifici rappresentano. Deriva dall’espressione francese che indica il cemento grezzo, “béton brut”.

L’onnipresente brutalità

Purtroppo gli esempi di brutalismo abbondano. Tra il 1960 e il 1980, molti funzionari pubblici e imprese abbracciarono con passione questo stile. La sua massività e l’espressione di utilità implicano il potere schiacciante dell’edificio che riduce gli individui a un senso di chiusura, insignificanza e disagio.

Un’ispirazione per questo articolo è stata la recensione dell’autobiografia Se i muri potessero parlare di Moshe Safdie, uno dei principali architetti brutalisti. Safdie aprì il suo studio di architettura nel 1964, dopo essersi laureato all’Università canadese McGill. Il mondo dell’architettura si accorse di lui nel 1967, quando il suo palazzo Habitat ’67 di dodici piani fu esposto all’Esposizione Universale di Montreal di quell’anno.

Una versione orribile del futuro

Habitat ’67

Habitat ’67 è costituito da moduli identici prefabbricati in cemento armato collegati tra loro senza alcuno schema apparente, costituendo una rivoluzione contro ogni precedente regola dell’architettura. Il libro sopra citato ne descrive il significato.

“Safdie prese 354 moduli prefabbricati in cemento e li raggruppò insieme…. Sfidò l’idea che un edificio fosse un oggetto con una forma distinta; qui non c’era alcuna linea formale, ma solo un agglomerato…. Habitat ’67 abolì di fatto il tradizionale spazio stradale e forse, se portato alla sua logica conclusione, la città stessa. Anticipò un futuro in cui l’abitazione umana stessa avrebbe potuto essere trasformata, in cui non si sarebbe più pensato in termini di edifici e stanze, ma di celle e capsule“. (corsivo aggiunto).

In effetti, Habitat ’67 ha infranto le regole per il gusto di infrangerle. Ancora oggi in piedi, l’edificio immerge l’osservatore in un mare di disarmonia. È un’espressione architettonica che riflette bene i caotici anni Sessanta e Settanta, che furono come si sa un focolaio di rivoluzione.

Un segno dei tempi

L’inaugurazione dell’Esposizione Universale di Montreal avvenne nello stesso periodo in cui la cosiddetta Estate dell’Amore di San Francisco balzò agli onori delle cronache e dell’immaginazione di legioni di “baby boomers” nella fase tra la fine dell’adolescenza e i vent’anni. L’anno successivo fu l’epoca della rivoluzione della Sorbona a Parigi e delle rivolte in molte città americane alimentate dal movimento contro la guerra in Vietnam. Era l’epoca dell’LSD e delle altre droghe “psichedeliche”.

Spuntarono altri architetti e urbanisti che presero atto del cambiamento di umore. Mentre lo Stato sociale cercava di affrontare i problemi dei centri delle città in rovina, essi guardarono al nuovo stile brutalista. Sebbene Habitat ’67 fosse troppo poco efficiente dal punto di vista dello spazio per essere un modello per gli agenti dei sogni di rinnovamento urbano di Lyndon Johnson, le lezioni tratte dalla sua costruzione furono utili.

Un progetto di costruzione che si basa sul cemento armato è veloce ed economico. I costruttori possono assemblare rapidamente sezioni prefabbricate. Coprire le condutture e le tubature con intonaci e modanature è costoso e il nuovo stile lo rendeva superfluo. L’irregolarità del brutalismo liberava architetti e costruttori dalle “regole di arte” di qualsiasi singolo stile. Finalmente l’utilità poteva prevalere sullo stile; la forma poteva seguire la funzione come gli architetti d’avanguardia avevano desiderato fin dal 1900.

Essi apprezzarono anche l’aspetto simbolico dello stile, che proiettava un’immagine di massiccia elargizione governativa, di radicale egualitarismo e di rivolta contro l’establishment.

La vita in una capsula

Insomma, cosa dovevano essere i grattacieli urbani, specialmente quelli costruiti per ospitare i poveri, se non una serie di “celle e capsule”? La burocrazia decretò la sostituzione di case a schiera vittoriane con “progetti di edilizia pubblica” scientificamente progettati per milioni di poveri.

Il brutalismo divenne anche lo stile preferito dai tiranni socialisti e comunisti. La loro ideologia rifiutava i concetti “borghesi” come quello di bellezza. Il Partito scartava tutto ciò che era individuale in nome della “comunità”. La necessità di ospitare milioni di nuove fonti di lavoro implicò la costruzione di un numero sempre maggiore di celle e capsule con ogni nuovo edificio meno umano e più egualitario di quello che aveva sostituito.

Tuttavia, le persone vogliono vivere in case, non in capsule di cemento. Per loro, la casa deve essere calda e accogliente, non proibitiva e fredda. Deve essere un rifugio dalla disumanità del mondo esterno, non uno spazio senz’anima per plasmare persone senz’anima. Così, molti hanno rifiutato l’incubo urbanistico dei “progettisti”.

Sfortunatamente, questo rifiuto ha richiesto alcuni anni per essere messo in pratica. Nel frattempo, milioni di municipi brutalisti, stazioni di polizia, tribunali, banche, aule universitarie e strutture per uffici hanno segnato la nazione. Questi nuovi edifici hanno rifiutato l’uomo e l’uomo ha rifiutato gli edifici.

Brutalismo ecclesiastico?

Forse l’aspetto più sorprendente dello stile brutalista è stato il modo in cui la Chiesa post-conciliare l’ha abbracciato. Facendo eco agli urbanisti, gli “spazi di culto” in cemento armato hanno sostituito centinaia di edifici ecclesiastici in stile gotico vittoriano. Nelle parrocchie che non potevano permettersi nuovi edifici, gli altari alti, le statue e le superfici dipinte hanno lasciato il posto a elementi brutti, semplici, lisci e piatti e a pareti dipinte di beige. Gli stendardi di iuta e feltro che pendevano dai muri erano gli unici, pietosi tentativi di umanizzare questi luoghi.

Chiesa in stile brutalista

Tutto questo fu fatto perché c’erano degli “esperti” che asserivano che i nuovi spazi conferivano dignità alla comunità. Lo stile gotico, al contrario, faceva sentire i fedeli “insignificanti”. Ispirare soggezione significava rendere l’esperienza di culto “impersonale”. Naturalmente, nessuno chiese un parere alle persone che gli esperti sostenevano di “rappresentare”. Le comunità piangevano mentre le palle da demolizione e i martelli distruggevano quella bellezza creata grazie ai sacrifici dei loro nonni e bisnonni.

Così, molti membri di queste comunità “votarono con i piedi”, abbandonando in massa questi abomini architettonici, mentre altri rimasero nei nuovi spazi alieni, senza trovarsi mai a proprio agio. Eppure qua e là si vedono segni di una ondata di ritorno di questi “spazi di culto”.

Nessuna idea è troppo brutta per tornare

“Si dice che le tendenze siano circolari e che ciò che è vecchio diventi ancora una volta nuovo. Questo vale per la moda, la musica e l’arte. Nel caso dell’architettura, non c’è stile architettonico che esemplifichi questo principio meglio del brutalismo. A partire dalla metà del XX secolo, questo stile è cresciuto in popolarità prima di raggiungere il suo apice a metà degli anni Settanta, quando è crollato come modello di cattivo gusto. Ma ora tutto sta cambiando, con un rinnovato interesse e apprezzamento per questo stile architettonico un tempo deriso”.

La società “woke”, sempre più totalitaria, ha bisogno di uno stile architettonico che esprima la sua bruttezza repressiva e la sua filosofia di lotta di classe. Il brutalismo potrebbe essere la scelta giusta.

Nota

1) Corrente architettonica, nata negli anni ’50 del Novecento in Inghilterra, vista come il superamento del Movimento Moderno in architettura.

Fonte: Tfp.org, 29 Dicembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.