Abstract: fermate il cambio di genere nei bambini, l’appello della società psicoanalitica italiana chiede di fermare la somministrazione della triptorelina, inserita lo scorso anno nel prontuario del Servizio sanitario e usata per “guadagnare tempo” ma che può provocare danni irreversibili alla salute
La Verità martedì 17 gennaio 2023
«Stop ai farmaci che bloccano la pubertà»
Con una lettera aperta alla Meloni, la società psicoanalitica italiana chiede di fermare la somministrazione della triptorelina ai bambini che vogliono cambiare genere. Oggi il medicinale è erogabile a carico del Ssn, ma solo (in teoria) per casi circoscritti.
di Patrizia Florer Reiter
E meno male che ci sono esperti, allarmati per la facilità con cui viene assecondata la «voglia» dei giovanissimi di cambiar sesso. La Società psicoanalitica italiana (SP)I ha scritto al premier Giorgia Meloni manifestando «grande preoccupazione per l’uso di farmaci, finalizzato a produrre un arresto dello sviluppo puberale in ragazzi di entrambi i sessi, a cui e diagnosti data una “disforia di genere”».
Si nasce o maschio, o femmina. Aiutare un bambino con soluzioni tecniche, ovvero ormoni utili a «guadagnare tempo», a non identificarsi nel proprio corpo per vivere «nel proprio genere»di fantasia, o a credere che possa essere «di tutti i generi», provoca danni irreversibili.
In qualità di presidente della SPI Sarantis Thanopulos psichiatra e psicoanalista, osserva che «la sperimentazione in atto e elude un’attenta valutazione scientifica accompagnata da un’approfondita riflessione sullo sviluppo psichico, e suscita forti perplessità».
La triptorelina (Trp), una molecola in grado di agire sul sistema endocrino e sospendere l’arrivo della pubertà, era stata inserita lo scorso anno tra i medicinali erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale. L’uso non era stato liberalizzato per la disforia di genere, bensì «in casi molto circoscritti», aveva tenuto a precisare il Comitato nazionale per la bioetica, come «la presenza di una profonda sofferenza dei ragazzi con psicopatologie psichiatriche e che giungono al rischio di comportamenti autolesionistici e/o tentativi di suicidio, a causa dello sviluppo del corpo nella direzione non desiderata, ove le loro condizioni patologiche non siano altrimenti trattabili».
La Spi, però, ricorda che la diagnosi di disforia di genere «in età prepuberale è basata sulle affermazioni dei soggetti interessati e non può essere oggetto di un’attenta valutazione, finché lo sviluppo dell’identità sessuale è ancora in corso. Solo una parte minoritaria dei ragazzi che si dichiarano di non identificarsi con il loro sesso conferma questa posizione nell’adolescenza, dopo la pubertà»
Intanto, si blocca lo sviluppo psicosessuale e, sospenderlo o prevenirlo «in attesa della maturazione di una sua definizione identitaria stabile, è in contraddizione con il fatto che questo sviluppo è un fattore centrale del processo della definizione», scrive l’esecutivo della società di cui fanno parte medici chirurghi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e psicoterapeuti.
Assuntina Morresi, oggi riconfermata nel comitato nazionale per la bioetica, nel motivare il suo voto contrario all’uso della Trp, che secondo la letteratura lascerebbe il corpo di un minore in un limbo, nell’agosto del 2018 si era chiesta aperte virgolette come è possibile in queste condizioni di non appartenenza a nessun genere, “esplorare la propria identità di genere”? Rispetto a quale ipotesi si verifica e si esplora, in assenza di un corpo sessuato, cioè in assenza dell’espressione fisica della propria identità di genere, se non ha un immaginario?».
La scorsa estate, il Centro il centro studi Livatino attento a tematiche riguardanti il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa, aveva inviato una lettera all’Aifa segnalando come «alto rischio, adoperando la triptorelina per bloccare la pubertà fino a quattro anni circa, dai 12 ai 16 anni d’età, di indurre farmacologicamente un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo del minore; inoltre, non esistono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel sesso di appartenenza».
E tipico dell’età adolescenziale provare ad assumere momentaneamente diverse identità, ma non si può bloccare o manipolare il corpo assecondando l’idea che il genere sia intrappolato nella biologia. Per questo, la Società psicoanalitica italiana chiede al presidente del Consiglio che sulla questione venga avviata «una rigorosa discussione scientifica», e si mette a disposizione per fornire il proprio contributo.
Pronta è arrivata la condivisione da parte di Pro Vita & Famiglia, che ritiene «fondamentale trattare l’argomento con la complessità e la delicatezza che merita, soprattutto considerando le controindicazioni che hanno i trattamenti che vogliono provocare un arresto dello sviluppo puberale, in ragazzi a cui è stata diagnosticata la disforia di genere».
L’associazione ricorda le decine di «casi drammatici che arrivano dall’estero, dei cosiddetti “detransitioner”, giovani che hanno portato avanti queste procedure e che si sono poi pentiti e che ora si trovano nel dramma di non poter più tornare indietro, con conseguenze quindi irreversibili dal punto di vista fisico e psicologico»,
Thanopulos, nel 2019, scrisse sul Manifesto un intervento,che gli provocò feroci critiche dal mondo Lgbt. «Interferire con lo sviluppo psico corporeo nell’infanzia, bloccandolo o modificandolo medicalmente, sulla base di convinzioni o comportamenti ancora da evolvere, che così si rendono definitivi, è un abuso », ammoniva l’oggi presidente Spi. La questione continua a rimanere urgente
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