Thatcher, tutti gli uomini della presidentessa

Margaret_ThatcherLibero 24 aprile 2013

Il marito Denis, ma anche Tony il cadetto e un ignoto agricoltore (che poi lei passò alla sorella). La prima biografia autorizzata della Lady di ferro ne rivela la strategia pure negli affari di cuore

Maurizio Stefanini

Ve l’immaginate la Lady di Ferro innamorata? Sembra strano: un po’ come Beppe Grillo che annuncia di votare per Silvio Berlusconi, o Stalin che studia in seminario per diventare prete,o Dario Fo che si arruola con i paracadutisti della Repubblica di Salò. Ma ci sono più cose in cielo e in terra che nei sogni dei poeti, avvertiva lo shakesperiano Amleto.

E come sono veramente esistiti un Grillo berlusconiano e uno Stalin seminarista e un Fo repubblichino, così anche Margaret Thatcher ha avuto un marito e due gemelli, e prima ancora è stata una ragazza che scambiava lettere con la sorella a proposito di corteggiatori e spasimanti. Sono anzi queste lettere una delle chicche più succose di una biografia autorizzata che l’ex direttore del Telegraph Charles Moore aveva preparato d’accordo con lei, e il cui primo volume è uscito appunto ieri: Margaret ThatcherThe Authorised Biography – Volume One: Not for Turning (Allen Lane, pp. 896, £30).

Proprio che l’opera fosse pubblicata dopo la sua morte e che lei non la dovesse mai leggere erano state le due condizioni che Maggie aveva posto a Moore quando nel 1997 lo aveva prescelto per questo lavoro. In cambio Moore ha potuto farle tutte le interviste che le ha chiesto, e ha avuto pieno accesso ad archivi, amici e parenti. E questo primo volume ha iniziato a essere stampato la notte di mercoledì, poche ore dopo il funerale.

Not for turning, il sottotitolo, era una delle sue frasi preferite: quella con cui spiegava che non era disposta a cambiare le sue idee o politiche solo perché si rivelavano impopolari. E il periodo coperto è dalla nascita fino alla vittoria delle Falkland: un periodo lungo, e in cui però sono compresi i suoi innamoramenti giovanili. Come lo stesso Moore ha spiegato, non è stata lei a parlargliene. Come era da aspettarsi, la Lady di ferro su questi particolari era estremamente riservata.

Ma ci sono in compenso le lettere, i documenti, e soprattutto le testimonianze della sorella maggiore Muriel, morta nel 2004. Proprio queste fonti rivelano come nel dire che non c’era stato nessun altro nel suo cuore prima del marito Denis Thatcher, in realtà, Maggie non era stata sincera. Possibili amori infantili a parte, sembra che il suo primo fidanzato sia stato nel 1944 un certo Tony Bray: «Bassetto e non particolarmente aggraziato», e oltretutto 18enne, cioè di un anno più giovane di lei. Ma in compenso era un cadetto, mandato dall’esercito a studiare a Oxford. E probabilmente in quegli anni la divisa di un eroe della guerra contro Hitler doveva sembrare particolarmente attraente alla futura condottiera della guerra delle Falkland.

Proprio una lettera a Muriel parla di una «giornata meravigliosa» in cui Maggie e il cadetto fecero un picnic e poi andarono a ballare. Tony per lei noleggiava auto e comprava garofani, e lei si fece prestare un abito azzurro con cui stava talmente bene che nel ricordarla sessant’anni dopo all’ex cadetto vennero le lacrime agli occhi. Ma la sensazione di «stare sul tetto del mondo» svanì in Maggie quando lui le presentò i suoi genitori: a quanto sembra, troppo freddi anche per la futura Lady di Ferro. E la storia finì.

Cinque anni dopo ci sarebbe stato un farmer scozzese. «Non mi ricordo come si chiama, anche se me lo hanno presentato due volte», scrisse a Muriel. Si chiamava Willie Cullen, e fu il primo uomo a chiedere la sua mano, ma sembra che lei abbia arricciato il naso, quando cenò la prima volta a casa sua e si rese conto che tutte le mogli degli amici di lui erano casalinghe. A quanto pare, il problema con Maggie era proprio portarla a casa…

Maggie lo presentò però a Muriel, che finì per diventare lei la signora Cullen. Nel frattempo, dopo il cadetto e il farmer, era venuto un medico di nome Robert Henderson: 47 anni, il doppio di lei. «Nelle lettere di Margaret a Muriel è l’unico fidanzato cui lei si riferisce sempre in forma rispettosa, a volte anche con tenerezza», osserva Moore.

La storia fu intensa e durò fino al 1951, ma nel frattempo lei aveva già scoperto la politica. E proprio a una cena per farsi conoscere come aspirante candidata conservatrice nel collegio di Dartford, nel febbraio del 1951, le capitò di conoscere un uomo d’affari così descritto in una lettera a Muriel: «Un certo comandante Thatcher (36 anni, carico di soli), una creatura non troppo attraente, molto riservato ma bastante gradevole». Ci volle un po’ di tempo: lui era ancora scioccato per il disastro del suo primo matrimonio; lei continuava a sperare che fosse il dottor Henderson a chiedere la sua mano. Ma infine, nel dicembre del 1951, Margaret Roberts divenne Margaret Thatcher, lasciando anche la fede metodista del padre droghiere per la Chiesa d’Inghilterra del marito.

________________

Nei discorsi di Maggie l’economia è un’arma

Antologia in formato e-book

di  Marco Respinti

Margaret Thatcher? Quella vera risplende in un libro a lungo atteso, This Lady is not for turning. I grandi discorsi di Margaret Thatcher, curato da Stefano Magni (giornalista e attento studioso delle destre dell’ecumene anglofono), che l’IBL Libri di Torino pubblica esclusivamente in formato ebook (www.brunoleoni.it, euro 3,99). Sì, perché Magni, affidandosi alla strada sicura dell’interpretatio autentica dell’ex premier conservatore britannico, offre una rosa di discorsi assolutamente rappresentativi, facendo parlare finalmente lei al posto degli interpreti non autorizzati, degli amici presunti e dei nemici livorosi.

Per la sinistra, infatti, la Thatcher ha sempre vestito i panni dell’orco mangiabambini (salvo poi scimmiottarla in segreto di fronte ai disastri delle ricette politico-economiche liberal), mentre sull’altro versante la si è ritratta come quella campionessa del darwinismo sociale che mai è stata.

Figlia di un droghiere, nel 1992 è stata creata baronessa di Kesteven. Educata alla sobrietà da una famiglia integerrima, ha temprato il carattere fra le «lacrime e sangue» di churchilliana memoria. Allevata fra casa, bottega e Chiesa (metodista, per la precisione), ha nutrito di senso morale e religioso l’altrimenti vacua espressione «rigore».

Alla guida del Partito conservatore, ha saputo ridare la dignità perduta tanto a quella formazione politica quanto alla cultura cui esso, talvolta impunemente, si richiama. Alla guida del Regno Unito, ha saputo curare un Paese ammorbato da anni di veleni progressisti inoculando dosi massicce di autostima, orgoglio, libertà economica, senso della proprietà, antistatalismo e riduzioni fiscali.

È stata definita «nazionalista» e in realtà il suo era un patriottismo nemico dei totalitarismi, quelli hard dell’allora Unione Sovietica e quelli dai modi più soft dell’eurocrazia di Bruxelles. È stata definita «euroscettica» e divisiva, e in verità era una grande europea che mirava ad assicurare al Vecchio Continente quegli spazi di libertà commerciale che sono l’antidoto più efficace alle guerre.

Magni sintetizza il segreto del suo successo con parole adeguate: «Ha sempre seguito, con coerenza e costanza, fermi princìpi» e «non si è mai adeguata al mutevole consenso dell’opinione pubblica». Stoffa da leader, più che mestiere di politico.

Del resto, la salvezza della Thatcher fu l’avere studiato Chimica, ovvero il tenersi sempre a grande distanza da quei dipartimenti universitari di Economia e di Scienze sociali che, antro del socialismo, riducono l’uomo a una dimensione sola, quella orizzontale, praticamente la posizione da morto. Così «non subì alcuna influenza del pensiero progressista» e salvò la Gran Bretagna dalla bancarotta attraverso il buon senso, l’ostinazione tipica di chi è sempre avanti un passo rispetto agli altri e la serena convinzione di essere nel giusto.

Le chiesero quale fosse la sua missione primaria, rispose che era quella di impedire che la Gran Bretagna diventasse rossa. E non solo l’ha fatto, ma è pure riuscita a scolorire gli avversari, oramai alle prese solo con sfumature di rosa. Ogni pagina del libro di Magni è meritevole, ma le chicche stanno nei dettagli, là dove si annida il diavolo e quindi si leva pure la spada dell’arcangelo Michele.

Una per gradire. La Thatcher definiva il Nobel per l’economia Friedrich A. von Hayek «filosofo», non «economista». Magistrale. La libertà è un’antropologia, una morale, una teologia; l’economia ne è l’arma di legittima difesa.