di Giovanni Naccarella
Assalti, danni ingenti provocati e assoluta impunità. Ma ai raid degli animalisti ora il mondo della scienza e della ricerca comincia a dire basta. I fatti: sabato 20 aprile alcuni attivisti del gruppo animalista Fermare Green Hill fanno irruzione nel Dipartimento di biotecnologie mediche dell’Università degli Studi di Milano. Lo scopo è quello di impedire il lavoro del laboratorio che si occupa di ricerche sulle malattie del sistema nervoso perché nella sperimentazione vengono utilizzati anche topi e conigli. Alcuni animalisti si incatenano alle porte e servono dieci ore di trattative con la polizia per riportare la situazione alla normalità. O quasi, visto che gli attivisti dopo aver messo a soqquadro il laboratorio portano con sé anche alcune decine di animali, rendendo vane tutte le ricerche del centro.
Come è nata la decisione di manifestare dopo l’incursione degli attivisti di Fermare Green Hill all’Università degli Studi di Mlano?
Tosini: E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, c’erano già stati altri episodi. Primo fra tutti quello dell’allevamento di Beagle Green Hill, da cui prende appunto il nome l’associazione degli animalisti, vicino a Montichiari nel 2010. Poi c’è stata anche la manifestazione nel 2012 contro la Harlan, uno stabilimento dove si allevano animali da laboratorio. Dietro a queste opere di liberazione si nascondono in realtà azioni di distruzione. Ci siamo stufati di questa situazione in cui nessuno sembra avere il coraggio di dire e fare qualcosa: è assurdo che un animalista possa entrare in università, distruggere ricerche, rubare gli animali e non essere nemmeno denunciato.
Baglioni: Appena saputo dell’occupazione ci siamo mobilitati con le persone del dibartimento di biologia e farmacologia dell’università per dare immediatamente un segnale di controprotesta. Per far luce su quella che loro chiamano vivisezione, gli attivisti hanno buttato all’aria tutte le gabbiette degli animali e invertito tutti i cartellini delle varie ricerche su autismo, morbo di Parkinson e Alzheimer. Sono stati diffusi video mistificatori in stile Quentin Tarantino quando in realtà topi e conigli venivano tenuti all’interno di gabbiette attrezzate in condizioni più che dignitose. Oltretutto con questa “liberazione” è stato ottenuto l’effetto opposto a quello sperato, perché molti esemplari con le difese immunitarie deficitarie sono stati condannati a morte.
E Pro-Test che battaglia cerca di portare avanti rispetto a questa situazione?
Tosini: Pro-Test nasce sostanzialmente su internet a partire dai dibattiti su temi scientifici come la sperimentazione animale. Poi grazie a un gruppo di amici sparsi in tutta Italia è stata fondata anche l’associazione a livello giuridico e legale, un punto di riferimento per fini divulgativi. L’intento è quello di bilanciare la grande eco mediatica dei gruppi animialisti che con le loro proteste sfociano sempre nella propaganda. In risposta ad una informazione spesso parziale e falsificata ci proponiamo di raccontare com’è la realtà all’interno dei laboratori, di spiegare come funziona davvero la sperimentazione e perché è ancora necessaria. In pochi per esempio sanno che ormai le leggi a livello europeo prevendono l’utilizzo degli animali solo dove è strettamente necessario, visti anche i costi di mantenimento che queste ricerche comportano rispetto alle colture di cellule o ad altri metodi alternativi.+
Baglioni: Oggi la divulgazione scientifica deve dire le cose come stanno e al contempo rendere più agevole per la gente la comprensione di concetti complicati. Nella società in cui viviamo è molto più facile che si diffondano le immagini forti di una campagna contro la vivisezione, in cui magari c’è un cane con un cuoricino di fianco, piuttosto che il discorso di un professore del Cnr che spiega come le gabbiette degli animali da laboratorio vengano pulite e sterilizzate ogni 48 ore. Si tratta di sfatare un po’ il mito dello sperimentatore sadico: primo perché la tutela degli animali è un ideale condiviso anche dai ricercatori, e secondo perché il maltrattamento sarebbe controproducente per gli stessi test scientifici. Oltretutto ormai si segue la regola delle 3R: ridurre, rifinire e rimpiazzare. Ridurre le sperimentazioni sugli animali, rifinire i metodi alternativi e rimpiazzare le prime con i secondi: questo dice già tutto.
Che esiti ha avuto la manifestazione di Milano e che prospettive apre?
Tosini: Scendendo in piazza abbiamo voluto far vedere che ci sono persone a cui questa situazione non va bene. Ed è stato un successo perché molte persone ci hanno dato il loro sostegno perché consapevoli dell’importanza della ricerca. Tanti altri erano interessati a ricevere maggiori informazioni sulle sperimentazioni e si è creato anche un bel dialogo sulle ragioni per cui gli animalisti stavano sbagliando. Dopo questa esperienza intendiamo replicare al più con nuove iniziative per sensibilizzare le persone su questi temi così delicati.
Baglioni: Nonostante le intimidazioni ricevute dagli animalisti su internet è andato tutto per il meglio perché grazie alla Questura e a un rappresentante di FederFauna abbiamo ricevuto il permesso di manifestare. Domenica mattina eravamo in piazzale Piola a Milano con i nostri camici bianchi, facilmente riconoscibili e pronti a spiegare le ragioni della ricerca. Non mancava anche la confusione generata da alcuni estremisti di Fermare Green Hill, però si trattava soltanto di una minoranza. E’ stato bello vedere come molte persone interessate alla tutela degli animali abbiano preferito fermarsi a parlare con gente preparata e aperta al dialogo piuttosto che con chi urlava e basta. Questa è la strada giusta, un rischio che vale la pena correre per difendere la ricerca.