di Massimo Introvigne
Il successo planetario del libro della sociologa israeliana Eva Illouz «Perché l’amore fa soffrire», che ho a suo tempo recensito su «La nuova Bussola quotidiana», ha spinto molti altri intellettuali a interrogarsi sulla crisi dell’amore dopo il Sessantotto, e le case editrici ci hanno costruito sopra una piccola industria.
La nozione di Bauman di «società liquida» fu citata anche da Benedetto XVI. È una società dove non ci sono più relazioni solide, stabili, ma tutto è effimero e tutto si cambia. La maggioranza cambia lavoro, casa, città più e più volte nella vita, e perfino nel calcio i giocatori «bandiera» che passano tutta la carriera nella stessa squadra sono una specie in via di estinzione.
Le statistiche ci dicono che in Occidente più della metà delle persone cambia anche marito o moglie, non perché resta vedovo ma perché divorzia. Quanto ai molti che non si sposano – la maggioranza in diversi Paesi – cambiano compagno e compagna ancora più spesso. Anche l’amore è diventato «liquido», sostiene Bauman: «perché dovrei continuare a tenermi lo stesso partner quando ho già cambiato tre telefonini?».
«Ciò che prima era considerata eresia del libertinismo, piuttosto che disturbo sessuale o perversione, ora diventa la norma culturale con l’autosufficienza dell’erotismo, ovvero con la libertà di cercare il piacere sessuale fine a se stesso».
Anche Bauman, come Eva Illouz, fa risalire la rivoluzione nei rapporti amorosi al Sessantotto, e in genere agli anni 1960 e al consumismo, cui le ideologie sessantottine hanno fatto un grande favore eliminando i freni morali alla pandemia del consumo. Così il rapporto amoroso diventa «quello tipico fra clienti e servizi, consumatori e merci». Non c’entra la prostituzione ma un modo di vivere le persone e l’amore come viviamo le cose: nessuno, nota Bauman, giura fedeltà all’automobile, al computer o alle azioni che ha comprato in borsa.
Questo avviene, naturalmente, perché quello che chiamiamo «amore» si è ridotto al rapporto sessuale. L’amore di per sé non sarebbe «liquido»: richiederebbe per esistere un rapporto permanente e stabile, nella buona e nella cattiva sorte, una disponibilità a vivere insieme anche i momenti difficili e dolorosi. L’amore «liquido», ridotto a soddisfazione sessuale con una spruzzata di sentimento, invece è per sua natura effimero: so che lo cambierò, come l’automobile, quando troverò un modello migliore o quando comincerà a perdere colpi.
Liberazione? Bauman teme di essere accusato di moralismo e, da buon sociologo, non propone giudizi di valore. Fa notare però i costi enormi, a fronte dei presunti benefici, che l’amore «liquido» porta con sé. La Illouz ha ragione, le donne patiscono il nuovo «amore» più degli uomini, ma il femminismo ha creato una certa reciprocità.
Posso sentirmi molto libero se posso trattare il partner come un cellulare, da cambiare appena ne trovo uno migliore. Ma so che il partner mi tratta nello stesso modo. Di qui una continua insicurezza, che travolge anche il sesso: se la mia performance non è ottimale, so già che la mia compagna o compagno mi rottamerà e si rivolgerà altrove. Le statistiche sui divorzi mostrano che neppure il matrimonio vince l’insicurezza. Altro che libertà sessuale…
Due postille meritano di essere aggiunte. La prima è che in una recente intervista Bauman ha suggerito che il Sesamo della sicurezza si aprirebbe con la parola magica di un amore fedele, stabile e non legato alla soddisfazione e alla prestazione. Ma dubita che questo sia ancora possibile oggi. La seconda postilla è che in «Amore liquido» Bauman sostiene che, sapendo che il mio partner mi tratta come un oggetto di consumo e potrò essere rottamato in qualunque momento, fino a ieri dovevo guardare in cagnesco come potenziali concorrenti solo le persone del mio stesso sesso.
Oggi non è più così: il mio partner è esposto a un bombardamento di messaggi che lo o la persuadono che va sperimentata anche l’omosessualità e tutti diventano dunque miei concorrenti, senza distinzione di sesso. I media ripetono a tutti quello che, parlando di omosessualità, in una famosa intervista il giornalista gay Signorini disse a Berlusconi: «Tu non sai cosa ti perdi».
Se poi – lo aggiungo io, non Bauman – dicessi alla persona con cui divido la vita, citandole il Catechismo della Chiesa Cattolica, che le relazioni omosessuali sono oggettivamente disordinate e il disordine non dà mai la vera felicità, dovrei stare bene attento a non farmi sentire da nessuno. Le leggi sull’omofobia incombono.