Abstract: Sylviane Agacinski e la bioetica. In un suo libro la scrittrice, giornalista e filosofa francese, ha affrontato il tema della “maternità surrogata” assieme ad altre questioni bioetiche. Militante nel movimento femminista Sylviane Agacinski è arrivata oggi a lanciare l’allarme per il destino della libertà femminile. Il ricorso massiccio alle nuove tecnologie riproduttive sta aprendo un capitolo drammatico, dalle imprevedibili conseguenze, non solo per la dignità e integrità delle donne ma per la salvaguardia di una soglia di civiltà umana
Centro Studi Rosario Livatino 31 Luglio 2023
Breve recensione de L’uomo disincarnato
di Sylviane Agacinski, con una postilla
Mauro Ronco
1. Introduzione.
Nel corso del dibattito apertosi in Francia intorno alle proposte di revisione della legge sulla bioetica del 2011 e a seguito dell’approvazione il 15 ottobre 2019 da parte dell’Assemblea Nazionale del Progetto di Legge del Governo, che ha esteso la fecondazione medicalmente assistita a coppie di donne e a donne single, Sylviane Agacinski, scrittrice, giornalista e filosofa francese, docente dal 1991 presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi e autrice di numerose opere sulla sessualità, sui rapporti tra i sessi e sulla libertà della donna, ha pubblicato un breve testo – un “volantino”, come si denominano i testi della collana Tracts di Gallimard che lo ha pubblicato nel 2019 – dal titolo “L’homme désincarné. Du corps charnel au corps fabriqué” [1].
Il testo è dedicato in particolare —ma non soltanto – al tema della “maternità surrogata” e sintetizza, secondo ciò che riferisce Francesca Izzo nella prefazione all’edizione italiana “[…] le tappe di un cammino intellettuale e politico che l’ha condotta, dalla militanza nel movimento femminista e dall’adesione convinta all’idea che la libertà delle donne si fonda sul pieno riconoscimento dei due sessi eguali e differenti a lanciare l’allarme per il destino della libertà femminile. Il ricorso massiccio alle nuove tecnologie riproduttive sta aprendo un capitolo drammatico, dalle imprevedibili conseguenze, non solo per la dignità e integrità delle donne ma per la salvaguardia di una soglia di civiltà umana” [2]
Il testo si articola in 17 brevi punti – che nel seguito chiamerò “Appunti”, ciascuno senza un titolo specifico, numerati in modo progressivo. Al testo è premessa una pagina introduttiva. Darò brevemente conto degli Appunti più rilevanti dello scritto, insistendo in particolare sugli aspetti fondativi della questione che l’Autrice mette in luce.
2. L’unità di mente e corpo.
La pagina introduttiva pone la questione cruciale, che riguarda il rapporto dell’uomo con il suo corpo. La concezione dualistica tra mente e corpo ha segnato, a partire da René Descartes, l’abbandono della tradizione metafisica aristotelica e cristiana, che concepiva l’uomo come unità inscindibile di mente e di corpo. Se la mente è una sostanza separata dal corpo, allora essa può considerare il corpo come un oggetto su cui esercitare ogni tipo di potere di cui è capace, cambiandolo, modificandolo, ricostruendolo, vendendolo?
La radice della questione, come affiora da questa breve considerazione, è metafisica. Sylviane Agacinski ha il coraggio di riconoscerlo, gettandosi con tutta la sua scienza ed esperienza umana a sondare la questione, esaminandola a partire dalle sue conseguenze. La constatazione di partenza dell’Autrice è, infatti, che “L’uomo dei Tempi moderni si è, infatti, convinto di non essere altro che un prodotto della sua cultura e delle sue tecniche” [3]. Dunque, la cultura, cioè la forza socializzata della mente, si è convinta di essere “il fabbricante di sé stesso” [4], cioè del suo corpo e di quello dei suoi discendenti. Quali sono le conseguenze di questo pensiero?
3. La risurrezione dei corpi.
Il primo Appunto sottolinea la novità radicale del cristianesimo, che proclama: il nostro corpo risorgerà. Quindi il corpo è indissolubilmente legato alla mente. L’inno alla risurrezione dei morti lo si legge nella prima Lettera ai Corinzi di San Paolo ed è fondata sul fatto certo della risurrezione di Cristo: “Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la Vostra fede”[5].
Il sogno degli antichi era invece di liberarsi dalla prigionia del corpo. Questo sogno, che nella sapienza antica anelava al ricongiungimento dell’anima con il suo Principio, si è nella modernità rovesciato nella frenesia di ricostruire il corpo rivolgendosi alla “sola potenza alla quale noi Moderni crediamo: la potenza tecno-scientifica”[6].
La conseguenza che “i nuovi credenti” [7] traggono da questo sogno è di scambiare il loro vecchio corpo con un “corpo ripristinato e migliorato, corpo senza padre né madre, e non più generato; corpo ricostruito e neutro, oltre l’uomo e la donna; corpo sempre meno vulnerabile ma sempre meno vivente” [8].
4. La testimonianza di Hannah Arendt. – Il secondo Appunto è ricco di riferimenti a lezioni culturali di rilievo che già da tempo hanno messo in guardia profeticamente gli uomini contro questo desiderio della modernità. Ricordo solo la lezione di Hannah Arendt, la quale ne La condizione umana del 1958 ricordava “lo sforzo dei ricercatori dei suoi tempi per «fabbricare degli esseri umani in provetta» come se, rivoltandosi contro la propria condizione naturale, l’uomo cercasse di fare della propria vita «un’opera frutto delle sue stesse mani»” [9].
5, L’esternalizzazione delle funzioni riproduttive.
Il terzo Appunto delinea le tappe di questo processo tecnico-scientifico: i) la fecondazione in vitro apre la strada alla “esternalizzazione di una parte delle funzioni riproduttive [10]; II) la soglia decisiva sarebbe quella di “fare” dei figli sostituendo il corpo materno. E’ la strada verso la esternalizzazione della “gestione dell’embrione servendosi di una specie di macchina chiamata Utero Artificiale” [11]. Compiendo questo passo si riuscirebbe a “disincarnare” i processi di embriogenesi e lo sviluppo del feto fino al suo concepimento” [12].
6. La presenza del mercato.
Il quarto Appunto accosta al tema tecnologico quello mercantile. Il corpo e le parti del corpo mai hanno costituito nella storia oggetto di commercio. Le risorse biologiche possono essere, a certe condizioni, oggetto di un dono volontario e gratuito. Ma la domanda di organi, per sostituirli a quelli di coloro che li hanno perduti o che sono diventati malati, ha la forza di creare un nuovo mercato.
Il rifiuto della sterilità e dell’infertilità crea una domanda volta a ottenere la disponibilità di “materiali biologici, gameti o ventri femminili, di cui le biotecnologie hanno bisogno” [13]. E’ sorto così un mercato del corpo umano, o di parti di esso, destinato a soddisfare la domanda che l’industria tecnologica alimenta. Il rilievo di Agacinski è drammatico: “Emerge perciò un’economia estremamente redditizia, alimentata dalla carne e dal sangue” [14]. In questo mercato si colloca il Baby Business, “a spese di quelle donne indotte a vendersi, con la complicità del corpo medico e la compiacenza, più o meno dichiarata, degli Stati” [15].
7. Il mercato della maternità.
Il quinto Appunto inizia col riferimento al mercato del sesso, la prostituzione, del cui sfruttamento ormai in varie parti del mondo occidentale si chiede la legalizzazione in nome della libertà. L’Autrice osserva che questa libertà è dei consumatori, non certo delle donne. Il “mercato della maternità” [16] presenta, secondo Agacinski, alcune analogie con il mercato del sesso. La funzione di “madre surrogata” consiste, infatti, nel mettere a disposizione i suoi organi riproduttivi a disposizione dei clienti denominati “genitori d’intenzione” (intended parents). La messa a disposizione degli organi riproduttivi della donna a vantaggio di terzi costituisce “una spaventosa rivoluzione che concerne i fondamenti stessi della genitorialità” [17].
Le evidenze tratte dai media dimostrano che si stanno sviluppando un’industria e un mercato organizzato soggetto alle regole della concorrenza tra aziende commerciali in un universo globalizzato, in cui le leggi di ciascun singolo Stato perdono completamente vigore. Richiamando il rilievo di Marx a proposito di un mondo in cui ogni realtà è ridotta al valore di merce di scambio, Agacinski osserva che: “Portare al mercato il corpo umano è portarci la persona stessa” [18].
8. Il corpo umano non è un bene alienabile.
Il sesto Appunto è una digressione filosofico-giuridica. Il nostro corpo ci appartiene, perché senza corpo non c’è la persona; dunque, il corpo non è un bene di cui ci si possa disfare come di una cosa alienabile. L’ideologia ultraliberale – scrive Agacinski – ci inganna quando sostiene che, siccome il corpo “ci appartiene”, noi saremmo liberi di alienarlo. Ammonisce l’Autrice: soltanto il diritto “può definire i beni” e “stabilire che il corpo umano non è affatto un bene” [19].
Ciò è ben detto; ma anche il diritto può essere mercificato. Affinché dia buoni frutti occorre considerarlo nel suo fondamento metafisico e non svilirlo a mera regola convenzionale che lo Stato promulga o il giudice dichiara nel suo provvedimento.
9. La testimonianza storica del diritto.
Il settimo Appunto è dedicato alla testimonianza del diritto nel tempo. Le leggi dei tempi moderni (per la verità anche quelle del tempo cristiano) “sottraggono il corpo umano al regime di proprietà” [20]. L’appropriazione dell’uso degli organi di una donna e del bambino che ne è il frutto configura l’appropriazione “della vita della persona stessa durante l’intero periodo della gravidanza” [21]. Ciò equivale a una forma inedita di riduzione in schiavitù, che taluno in ambito anglosassone ha definito, “etica” perché è “ben disciplinata” [22] dalla legge dello Stato.
Sylviane Agacinski non si capacita di come sia possibile che in un tempo in cui si dichiara di volere lottare contro ogni forma di “violenza contro le donne” [23], quote non indifferenti di classi politiche e di persone ben acculturate mostrino accondiscendenza nei riguardi della pratica che taluni annunci propagandistici definiscono crudamente come “utero in affitto” [24].
L’Autrice rileva che probabilmente tale accondiscendente disponibilità è provocata dall’insistente e trentennale propaganda che presenta tale pratica come una semplice “tecnica di procreazione assistita” [25], ovvero, addirittura, “come un dono accordato generosamente da donne che «amano essere incinte»” [26]. La magia delle parole ha occultato il fatto che il travaglio del parto presenta un’intrinseca pericolosità e che la gestazione e il parto non possono essere trasformati in una funzione che si esercita per denaro o anche per altruismo [27].
10. Il timore dell’accusa di essere omofobi.
L’ottavo Appunto avanza l’ipotesi che la relativa passività dell’opinione pubblica nei confronti dello sfruttamento delle donne si spieghi con il fatto che “la surrogata è rivendicata come un diritto da una parte militante della comunità gay” [28]. L’omessa disapprovazione della pratica sarebbe conseguenza del timore di incorrere “nell’accusa di omofobia – accusa particolarmente penosa e ingiusta per tutti (e tutte) coloro che si sentono estranei a un sentimento così basso e spregevole” [29].
11. La scomparsa dell’etica.
Il nono Appunto contiene una critica alla scomparsa dell’etica dal discorso pubblico e, in particolare, dal Comitato Consultivo Nazionale di Etica (CCNE) il cui presidente nel marzo 2018 ha scritto: “La nozione di valore è relativa. […] Non so cosa siano il bene e il male”; o ancora: “Il CCNE non esiste certo per indicare dove stiano il bene e il male” [30]. Ma allora, se l’etica scompare, osserva Agacinski: “Tutto è giustificato in nome degli interessi individuali e delle «richieste della società», che il diritto è tenuto a non ostacolare. Questo individualismo è in perfetta armonia con l’ultraliberismo, che vuole che le leggi «non si immischino» con gli accordi conclusi tra individui e lascino che a regolare i rapporti sociali sia la sola legge della domanda e dell’offerta” [31].
12. La trascrizione degli atti di nascita.
Il decimo Appunto concerne il “turismo procreativo” [32]. La Corte Suprema della California, ove da molti decenni i contratti di “maternità surrogata” sono validi, ha statuito che il bambino è considerato come appartenente (belong to) a chi l’ha progettato (decisione del 1993, Johnson v. Calvert) [33].
Il suddetto principio ha indotto molti intended parents ad avviare battaglie legali per ottenere la trascrizione degli atti di nascita formati all’estero nel registro dei paesi ove la maternità surrogata è vietata.
Questa strategia, osserva Agacinski, si è dimostrata straordinariamente efficace perché fa leva sul rispetto che ciascuno deve alla dignità e ai diritti dei bambini, nonché al desiderio comune alle persone civili che i bambini non soffrano per una situazione da loro non provocata. Senonché Agacinski osserva che l’argomento non tiene conto che: “Il vero danno inflitto a questi bambini non è legale: è di essere nati in condizioni crudeli per esclusiva volontà dei loro futuri genitori” [34].
Le preoccupazioni in ordine agli interessi particolari di un bambino – che, dico io, vanno tutelati con rimedi ex post che ne garantiscano integralmente la piena cittadinanza e la completa partecipazione a tutti i diritti di cui gode qualunque bambino – rischiano di pregiudicare “gli interessi del bambino in generale” [35].
13. Il migliore interesse del bambino.
L’undicesimo Appunto concerne la contraddizione intrinseca del Rapporto del 2019 denominato Mission d’information sulla revisione della legge relativa alla bioetica. Da un lato il Rapporto suggerisce di andare oltre i limiti della procreazione e di mettere la biotecnologia al servizio delle richieste della società [36]. E’ evidente l’accoglimento del principio californiano secondo cui decisiva è l’intenzione di far nascere il bambino, onde tale decisione stabilisce lo stato di filiazione.
Da un altro lato, il Rapporto ammette che la gestione per altri integri una violazione grave del principio di indisponibilità del corpo umano, con conseguente sfruttamento della donna e con la riduzione del bambino oggetto della cessione “allo stato di una cosa” [37].
Secondo l’Autrice la contraddizione è frutto di una strategia deliberata: lasciare che le cose accadano per soddisfare il “diritto” alla maternità surrogata e, al contempo, mostrarsi politicamente equilibrati per non perdere il contatto sociale con tutti coloro che la considerano umanamente intollerabile.
A questo punto Agacinski ha la lucidità e il coraggio di porre la questione fondamentale: “[…] se sia conforme all’interesse di un bambino in generale nascere da una donna che si è impegnata a cederlo ad altri alla nascita (col rischio di essere rifiutato dai suoi “genitori d’intenzione” nel caso in cui non sia conforme alle loro aspettative, come si è visto più di una volta). Se, inoltre, sia conforme allo status del bambino essere oggetto di una transazione commerciale. / Di fronte all’alleanza tra tecnocrazia e mercato, non è sufficiente proteggere gli interessi dei bambini già nati. Bisogna anche cercare di prevenire le violazioni degli “interessi” e dei diritti del bambino in generale, violazioni che potrebbero derivare dalle condizioni artificiali della sua nascita” [38]
14. Il cambiamento di paradigma della filiazione.
Il dodicesimo Appunto mette in luce l’ulteriore contraddizione del Rapporto circa il fatto che, mentre riconosce che il ricorso alla procreazione medicalmente assistita e alla donazione dei gameti costituisce un rimedio all’infertilità di una coppia, tuttavia si duole che l’accesso alla “maternità surrogata” sia negata a una parte della popolazione “a causa del suo orientamento sessuale” [39].
Senonché: “[…] la procreazione (assistita o no) non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale, dato che ha, al contrario, a che fare con l’asimmetria dei due sessi, che non sono, sotto questo aspetto, né equivalenti né uguali. In quest’ambito, una coppia dello stesso sesso non equivale a una coppia sessualmente mista e il principio di uguaglianza di fronte alla legge non impedisce al legislatore di regolamentare diverse situazioni in maniera differente […]” [40].
La maternità surrogata integra un cambiamento di paradigma in ordine all’istituto della filiazione. Se il suo rationale è l’assolutezza della libertà individuale, diventa trascurabile la differenza sessuale dei genitori: “Infatti, la volontà è indipendente dall’esistenza carnale e sessuale degli individui. La nozione neutra di «genitore» può sostituire quella di padre o madre” [41].
Da qui sorge l’ulteriore domanda: se nell’ordinamento divenisse centrale il diritto al bambino, quale sarebbe allora lo status del bambino?
15. L’incertezza di status del bambino.
Nel tredicesimo Appunto è trattata la questione grave e veramente cruciale dello status del bambino.
Tra i vari punti fondamentali della Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo è menzionato il principio che: “[…] la responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzi tutto ai genitori […]” (Convenzione Internazionale, 20 novembre 1989, New York, art. 18). Nella grandissima parte dei casi di fecondazione medicalmente assistita i genitori che utilizzano questo metodo sono anche i genitori biologici del bambino. Una situazione analoga riguarda anche i casi di filiazione tramite la donazione di sperma o di ovociti da parte di persona terza estranea alla coppia, in quanto la madre è la donna che ha portato in grembo il bambino e il padre è colui che si è impegnato con lei nella procedura di filiazione medicalmente assistita. Si assiste a una sorta di simulazione di un matrimonio tradizionale, che ha per effetto la presunzione di paternità dello sposo.
Agacinski osserva tuttavia che la cancellazione del “donatore-genitore” “procura profondo malessere” [42] ad alcuni bambini “nati da sperma sconosciuto” [43]. Ancora più problematica è la condizione dei bambini nata dalla fecondazione medicalmente assistita che sia stata praticata da una donna single o da una coppia di donne. In questi casi il bambino viene privato del tutto del padre e della linea di filiazione paterna. Dalla mancata conoscenza della propria origine possono sorgere questioni di uguaglianza; i bambini senza linea paterna potrebbero provare sentimenti di sofferenza e di incompletezza e sentirsi perciò vittime di una ingiustizia che li ha colpiti fin dal momento della nascita.
Nella maternità surrogata alla genitorialità biologica si sostituisce la genitorialità intenzionale – infatti madre e padre surrogati vengono semplicemente cancellati – : in questo caso la condizione di incompletezza del bambino può diventare drammatica.
Osserva al riguardo Agacinski: “[…] il collegamento di un bambino a due linee parentali non equivalenti significa per lui l’iscrizione nel genere umano, universalmente misto. Gli permette di accettare la sua incompiutezza, in altre parole la sua appartenenza a un sesso. Al contrario, istituire un modo di procreazione e un regime di filiazione basato sulla volontà di genitori di qualsivoglia sesso o desessualizzati, presuppone appunto che i due sessi siano intercambiabili” [44].
16. La negazione della maternità naturale come negazione dell’identità della donna.
L’Appunto quattordici approfondisce la solidarietà tra i discorsi che pretendono di “[…] neutralizzare l’asimmetria dei sessi nella procreazione e quelli che contestano la distinzione stessa tra i sessi, al punto da vederli solo una costruzione sociale” [45].
Comune denominatore alle due linee di pensiero è “definire l’identità personale attraverso la sessualità, indipendentemente dal sesso”[46]. Agacinski descrive allora lucidamente il pensiero di alcuni autori significativi del movimento culturale secondo cui la distinzione sessuale non è un qualcosa di “naturale”, in quanto costituisce soltanto una sovrastruttura culturale.
Sylviane Agacinski ribatte che la negazione dell’alterità sessuale reale non soltanto è irrazionale, ma ci toglie addirittura il nostro status di appartenenza ai viventi, in quanto ci priva anche “[…] di ogni mezzo per analizzare le forme sociali e storiche dell’alienazione femminile in quanto tali” [47]. Il mercato della maternità, secondo l’Autrice, è una nuova modalità di “egemonia maschile” [48]. Concordo sul punto: privare la donna della maternità naturale costituisce una forma crudele di negazione della sua identità di donna.
Questo discorso si inserisce all’interno della sostituzione all’identità sessuale di una “identità di genere”, completamente soggettiva per tutti, di tal ché “[…] ognuno dovrebbe essere libero di sentirsi maschio, femmina o né l’uno né l’altro. Ridotta a una rappresentazione di sé e a un sentimento soggettivo, l’identità di genere ha congedato il principio di realtà” [49].
17. La vittoria del mercato sulla realtà riproduttiva.
Negli Appunti quindici, sedici e diciassette l’Autrice trae alcune conseguenze dal discorso svolto lungo la linea di pensiero di femminismo autentico di cui ella si fa espressione. Sostiene Agacinski l’ipotesi che: “[…] il desiderio di essere liberati dalla carne– dalla natura, dall’animalità, dalla vita e quindi dalla morte – non sia altro che l’espressione di un desiderio maschile, il desiderio di liberarsi da questa carne femminilizzata” [50].
Non concordo del tutto su tale conclusione. Il desiderio di liberarsi dalla carne corrisponde all’espressione del desiderio, comune all’uomo e alla donna che hanno rifiutato la loro condizione di dipendenza creaturale da Dio, di liberarsi dalla loro natura carnale. Concordo invece sull’ultima conclusione di Agacinski. In attesa dell’Utero Artificiale, soluzione ideale perché metterebbe finalmente termine alla differenza sessuale, l’obiettivo modernista di garantire una “completa uguaglianza degli individui di fronte alla procreazione” [51] è concedere “a ciascuno la libertà di procreare in maniera autonoma e volontaria” [52].
Si tratta, secondo l’Autrice, di una ben strana libertà, “che dovrebbe essere esercitata a costo della disponibilità di corpi altrui” [53]. Questa ultra libertà, conseguenza dell’autodeterminazione assoluta e del rifiuto della creaturalità, apre il campo a una serie di disuguaglianze, sproporzioni, asimmetrie, in sostanza ingiustizie, prevalentemente indotte dalla sperequazione nella distribuzione della ricchezza e dalla maggiore o minore capacità di prevaricazione del singolo, maschio soprattutto, ma anche femmina, sugli altri.
18. Postilla
Scrivevo nel 2014 nella relazione all’atto di ammissione come socio corrispondente alla Academia Nacional de Ciencias de Buenos Aires Derechos enloquecidos; ¿Una nueva forma de totalitarismo? alcune cose che potrebbero essere utili anche oggi.
“La riproduzione artificiale – osservavo – tende a diventare, per la logica a essa intrinseca, e per i vantaggi che essa promette, la via privilegiata per la generazione umana. Tra non moltissimi anni, se non si risveglierà la nostra coscienza assopita, coloro che si ostineranno a generare grazie all’incontro dei corpi maschio e femmina, saranno guardati con sospetto, come costituenti una minaccia al dis-ordine pubblico costituito” e soggiungevo: se il figlio è l’oggetto di un “diritto”, allora il diritto è “il vestito che copra l’assoluta libertà di autodeterminazione del soggetto anomico della contemporaneità. Di conseguenza il “diritto” al genere esprime lo sforzo più radicale del soggetto di contrapporsi alle leggi della natura e della realtà. E’ questo, dunque, paradossalmente, il «diritto» per eccellenza, il «diritto» più meritevole di rispetto e di tutela!”.
E ancora: “Il termine «genere», che, quasi per incanto, ha sostituito il termine sesso nella legislazione e nel lessico delle Corti, esprime, nel linguaggio della gender identity research, l’opposizione al sesso. Come dice Reimut Reiche, psicoanalista tedesco di formazione marxista, “[…] dove si parla di gender viene rimosso il sex” [54]. L’eliminazione del sesso va di pari passo con l’eliminazione della generazione eterosessuale, in forza della convinzione che, per distruggere il «primato dell’eterosessualità» – che ineludibilmente indica l’uomo essere «maschio e femmina» [55]– occorre distruggere qualsiasi legame fra il sesso e la generazione. Non esiste il sesso, come sesso del corpo, né il «genere» come avente radice nel sesso; esiste soltanto il «genere», come sesso costruito socialmente. Occorrerebbe lottare, dunque, contro la «priorità» della natura e, quindi, del sesso rispetto al genere. In questa lotta va individuato e sconfitto l’agente della protezione forzata della materialità, il sesso, che genera continuamente la costrizione esprimendosi nella forma «etero».
Contro la forma strutturante «etero» occorre non soltanto indurre la società al riconoscimento giuridico dei «diritti» delle minoranze sessuali, bensì mostrare che l’identità non è più il «maschio» o la «femmina», bensì il «genere», come incessante de-costruzione e ri-costruzione, come qualcosa di sempre nuovo, come indefinitamente plurale, come qualcosa che va al di là dell’uomo e della donna. Il «genere» non è un genere, ma molti generi. L’esito è l’ «io-per me stesso», la totale chiusura di ogni singolo individuo agli altri individui; la chiusura, soprattutto, dell’orizzonte nel quale la persona come «maschio» e la persona come «femmina» s’incontrano nell’atto generativo.
In questa prospettiva la generazione non dovrebbe più essere affare che si realizza nell’incontro sessuale delle persone. Alla generazione dovrebbe pensare la tecnologia, che garantirebbe altresì la «sanità riproduttiva». Il sesso, sradicato dalla realtà e dalla teleologia a esso intrinseca, non dovrebbe porsi al servizio della generazione, ma dovrebbe servire soltanto per l’esercizio ludico dell’infinita libertà dell’individuo” [56].
Concludevo il mio intervento all’ Academia Nacional de Ciencias de Buenos Aires esprimendo la speranza che la dottrina dei diritti umani potesse ben presto, con l’aiuto di Dio, rinsavire. L’auspicio vale anche, ora e soprattutto, con riferimento alla diffusione della pratica della cosiddetta “maternità surrogata”.
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[1] S. Agacinski, L’homme désincarné. Du corps charnel au corps fabriqué, Paris, 2019 tr. it., L’uomo disincarnato. Dal corpo carnale al corpo fabbricato, Vicenza, 2020. Le note al testo sono riferite all’edizione italiana.
[2] F. Izzo, Prefazione a S. Agacinski, L’uomo disincarnato, cit., 1
[3] Agacinski, op. cit., 25.
[4] Ibidem.
[5] San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, 15, 12-14.
[6] Agacinski, op. cit., 28.ì
[7] Ibidem, 29.
[8] Ibidem.
[9] Le citazioni di Hannah Arendt sono tratte da Agacinski, op. cit., 31.
[10] Ibidem, 31.
[11] Ibidem, 33.
[12] Ibidem.
[13] Ibidem, 36.
[14] Ibidem.
[15] Ibidem, 37.
[16] Ibidem, 39.
[17] Ibidem.
[18] Ibidem, 42.
[19] Ibidem, 44.
[20] Ibidem, 45.
[21] Ibidem, 46.
[22] Ibidem.
[23] Ibidem, 47.
[24] Ibidem.
[25] Ibidem, 48.
[26] Ibidem.
[27] Ibidem.
[28] Ibidem, 49.
[29] Ibidem.
[30] Ibidem, 51.
[31] Ibidem, 53.
[32] Ibidem, 55.
[33] Citata in Agacinski, op. cit., 54.
[34] Ibidem, 56.
[35] Ibidem, 59.
[36] Così il Rapporto nella lettura di Agacinski, op. cit., 61.
[37] Agacinski, op. cit., 62.
[38] Ibidem, 63-64.
[39] Ibidem, 66.
[40] Ibidem, 66-67.
[41] Ibidem, 68.
[42] Ibidem, 68.
[43] Ibidem.
[44] Ibidem, 74-75.
[45] Ibidem, 76.
[46] Ibidem.
[47] Ibidem, 78.
[48] Ibidem.
[49] Ibidem, 79.
[50] Ibidem, 88.
[51] Ibidem, 89.
[52] Ibidem.
[53] Ibidem.
[54] R. Reiche, Genere senza sesso. Società e mutamenti della psiche, trad. it., Roma, 2007, 131.
[55] Ribadendo le parole del Genesi, ad alcuni farisei che gli si erano avvicinati per metterlo alla prova sulla liceità del ripudio della moglie, Gesù aveva risposto: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola” (Mt. 19, 4-5).
[56] Ho riportato la conclusione dello scritto Derechos enloquecidos; ¿Una nueva forma de totalitarismo?