Abstract: l’istituzione di una giornata mondiale dedicata alla dignità umana è l’occasione per ragionare sulla questione mettendone in luce le implicazioni giuridiche e morali in un tempo e in società in cui dignità umana e diritti umani stanno diventando sempre più opinabili. I giuristi non devono governare il mondo, ma dare un contributo per far sì che il mondo sia governato secondo ragione. In questo risiede d’importanza del mondo accademico a sostegno della dignità umana e dell’istituzione della giornata mondiale che la abbia ad oggetto.
Centro Studi Rosario Livatino 4 Agosto, 2023
Considerazioni sul tema della “dignità umana”, in vista della possibile istituzione di una giornata mondiale
1. La dignità umana come fondamento dei diritti dell’uomo. – 2. La dignità umana come valore assoluto e non negoziabile. – 3. La dignità umana come valore indisponibile. – 4. Carattere assoluto del valore della dignità umana e suoi contenuti storici. – 4.1. Contenuti consolidati. – 4.2. Contenuti in via di definizione. – 5. La sussidiarietà orizzontale come manifestazione della dignità della persona nei rapporti coi pubblici poteri. – 6. Efficienza e utilità come elementi estranei al perimetro della dignità della persona umana. – 7. Il ruolo degli accademici a sostegno della dignità della persona.
Francesco Farri
Trattasi del testo della relazione tenuta dall’autore alla conferenza internazionale “Human Dignity Conference”, svoltosi all’Università di Oxford il 27-29 luglio 2023.
1 Il concetto di dignità umana indica il valore della persona umana in quanto tale. Per questo motivo, la dignità della persona rappresenta la base sostanziale e ontologica di tutti i diritti che alla persona umana spettano e il fine per cui tali diritti devono essere riconosciuti e tutelati.
Come sottolineato dal grande giurista tedesco Bockenforde, la dignità “spetta all’uomo indipendentemente da caratteristiche determinate, da segni distintivi o da capacità in atto; spetta unicamente all’essere uomo, indipendentemente dallo stadio di questo essere uomo … E la dignità riconosciuta vale tanto per ogni singolo uomo quanto per l’intera umanità: la formula “dignità dell’uomo” copre entrambi, anche il riferimento agli uomini come genere [umano]. [Essa indica] ciò che spetta a ogni singolo uomo e all’uomo in quanto tale, cioè una dignità intangibile, e come noi uomini dobbiamo trattare l’uno con l’altro sulla base di questa dignità e come lo Stato debba trattare con gli uomini, cioè nel riconoscimento e nel rispetto di questa dignità”.
Appare chiaro, in questo senso, perché sia dedicato proprio e specificamente alla dignità della persona il primo concetto richiamato dal preambolo e dall’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, oltre che dal preambolo della Carte delle Nazioni Unite e da molte dichiarazioni internazionali e carte costituzionali.
Per questo motivo, istituire una giornata mondiale di riflessione sulla dignità della persona umana è una iniziativa opportuna e meritevole. Le giornate mondiali sui diritti umani e sulle libertà individuali sono di grande importanza, per mantenere accesa l’attenzione a livello mondiale su quelli che sono i temi giuridici e sociali più importanti a livello mondiale. Manca, tuttavia, la valorizzazione del sostrato comune a tutti questi contenuti: e il sostrato comune è, per l’appunto, la dignità della persona umana. Come tale, essa merita di essere ricordata dalle Nazioni Unite in via logicamente preliminare rispetto alle varie giornate per la promozione e tutela dei diritti e delle libertà, per rendere evidente la loro matrice comune, il loro collante unitario, che è il loro radicamento sostanziale nel valore della persona umana. Occorre dare evidenza tangibile che tutti i diritti e tutte le libertà hanno il loro fondamento e il loro fine nel bene della persona umana: solo in questa prospettiva i singoli diritti e le singole libertà possono essere interpretati e applicati in modo giusto e coerente, altrimenti si svuotano della loro anima.
2 Come ogni valore autentico, la dignità della persona umana ha carattere assoluto, non negoziabile, indisponibile alla persona stessa che ne è titolare.
Ciascun valore ha una radice oggettiva, che prescinde dalla volontà di chi ne è titolare o di chi lo afferma. Esiste in quanto tale, per il sol fatto che ne ricorrano i presupposti. Il valore della dignità esiste per il sol fatto che esista una persona umana, a prescindere da ogni sua caratteristica e da ogni sua meritevolezza. Per questo si deve considerare un valore assoluto, che da nessuno può esserci tolto per alcuna ragione.
Come ha detto Pico della Mirandola nell’orazione De hominis dignitate, del 1486, il creatore ha creato l’uomo né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché potesse plasmarsi da se stesso, libero di poter degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti, oppure di potersi rigenerare nelle cose superiori che sono divine. Ma è pur sempre il depositario di semi d’ogni specie e germi d’ogni vita, che fondano il suo costante valore anche nel caso in cui si sia abbrutito.
Neppure i comportamenti più riprovevoli tolgono alla persona quel nucleo di valore che la caratterizza per il sol fatto di essere una persona. Alcune sue facoltà potranno, e se del caso dovranno, essere limitate in caso di colpevolezza, ma mai fino a giungere al punto di negare il valore della persona in quanto tale. La dignità umana, come valore assoluto, è infatti inviolabile.
Come ha detto Cesare Beccaria, nella famosa opera Dei delitti e delle pene, del 1764, anticipando i contenuti dell’attuale art. 5 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: “chi non può sentirsi fremere tutta la parte più sensibile nel vedere un reo lacerato con torture e trattamenti inumani?” E inoltre: “Se dimostrerò che la pena di morte non è utile, né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità”. Potremmo dire oggi: la causa della dignità umana.
3 Nascendo con la persona, il valore della dignità non è frutto dell’opera, dell’azione, del lavoro, dei meriti della persona stessa. Pertanto, questo valore non rientra tra le cose di cui la persona può disporre. La dignità è qualcosa che ci caratterizza in modo intrinseco e innato in quanto persone umane e che non possiamo rinunciare, né scambiare con qualcos’altro (in particolare, con del denaro).
E’ particolarmente importante ribadire questo concetto oggi, dove l’economicismo che affligge la nostra società a livello mondiale tende a dare a ogni aspetto della vita un valore economico e, quindi, una commerciabilità. Il valore della persona umana, la sua dignità, non possono essere oggetto di scambi economici. Questa conclusione è sostanzialmente condivisa nei suoi contenuti essenziali: si pensi alla riduzione in schiavitù. In quanto comportamento riconosciuto come profondamente lesivo della dignità della persona (art. 4 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), esso non può essere mai consentito, neppure se paradossalmente la persona fosse d’accordo a rinunciare alla propria libertà in cambio di danaro.
Non si può omettere di segnalare, peraltro, come vi siano alcuni ambiti nei quali ancora oggi la disponibilità del proprio corpo o di proprie funzioni vitali per scopo economico viene ammessa in alcuni Paesi.
Penso al tema della surrogazione della maternità, dove le funzioni riproduttive di una persona vengono messe a disposizione di altri, dietro pagamento diretto o indiretto di somme di denaro, con impegno alla rinuncia da parte della gestante alle prerogative proprie della madre. Vi sono convincenti argomenti per sostenere che questa pratica sia contraria alla dignità della persona umana, come di recente affermato da molti corti supreme in molti Stati. In Italia, ad esempio, la Corte Costituzionale ha affermato che la pratica della maternità surrogata “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” (Corte Cost., n. 79/2022; Corte Cost., n. 33/2021; Corte Cost., n. 272/2017).
4 Questa considerazione introduce a un tema ulteriore e più complesso. Affermare il carattere assoluto, non negoziabile e indisponibile del valore della dignità della persona umana non significa negare che i suoi contenuti e le sue sfaccettature possano risentire di influenze culturali e storiche. L’immutabilità di un valore attiene al suo nucleo essenziale, che tutte le manifestazioni concrete, per quanto diversificate, devono rispettare e rispecchiare.
La presente epoca storica si caratterizza per la complessità e il pluralismo non soltanto giuridico, ma anche assiologico. Inoltre, essa si caratterizza per una incertezza antropologica probabilmente senza precedenti: non si sa più riconoscere cosa sia la persona umana e si fatica a trovare consenso su quali siano le sue caratteristiche innate, che la caratterizzano in quanto tale.
In questo contesto, può non esser semplice rinvenire il giusto punto di confine tra contenuti essenziali del valore della dignità umana e sue possibili manifestazioni concrete.
Come sottolineato dal grande giurista tedesco Bockenforde, “In che cosa consista questa dignità quanto al contenuto, con il dovere di rispetto a essa associato, può essere controverso nella misura in cui in particolare sono in gioco i casi concreti e i gradi differenziati. Ma ciò che costituisce il nucleo fondamentale di questo principio, in cui risiede la sua essenza normativa, è meno controverso di quanto possa sembrare. Esso si può parafrasare con la formula mutuata da Kant di “fine in se stesso” o con quella interpretazione data dalla Corte Costituzionale Federale di “essere (Dasein) per se stesso”. In ciò sono compresi la posizione e il riconoscimento dell’uomo quale soggetto individuale, la libertà di uno sviluppo proprio, l’esclusione della sua strumentalizzazione a mo’ di cosa di cui si possa disporre tout court, ovvero, in termini positivi, il diritto ad avere diritti da rispettare e tutelare”.
Proprio per questo è importante porre il tema in modo esplicito a livello globale e dedicare alla riflessione intorno a esso un evento ufficiale a livello internazionale, come in particolare l’istituzione di una giornata mondiale.
4.1. Molti sono gli ambiti in cui il tema della dignità umana e delle sue manifestazioni concrete è già oggi affrontato in modo corretto. Si pensi al tema del diritto dell’uomo di disporre dei mezzi necessari per la propria sussistenza fisica: i suoi contenuti, come il diritto a svolgere un lavoro che li fornisca, il dovere di svolgere un tale lavoro, e il diritto di ricevere assistenza in caso di povertà e inabilità al lavoro (artt. 23 e 25 della dichiarazione universale dei diritti umani). Non vi sono particolari dubbi che questo aspetto della dignità della persona sia universalmente riconosciuto e non vi sono particolari dubbi neppure che i contenuti, che ho prima tratteggiato, diano vita a diritti umani fondamentali. Non in ogni contesto, purtroppo, tali diritti vengono rispettati: ma questo è un problema fattuale, il quale non intacca la consapevolezza condivisa che, in verità, dovrebbero esserlo.
Si pensi, ancora, al tema del diritto dell’uomo di disporre dei mezzi necessari per la propria vita spirituale: è il tema della libertà religiosa. Anch’esso è universalmente condiviso come principio (art. 18 della dichiarazione universale dei diritti umani), anche se purtroppo in concreto rimane troppo spesso inattuato. Eppure, non soltanto la saggezza religiosa, ma anche la saggezza laica, eccetto alcune derive riduzioniste, ha da sempre riconosciuto che l’uomo è un sinolo di corpo e anima, con la conseguenza che il benessere e la libera espressione dell’anima è altrettanto importante di quella del corpo.
Anche per questo l’istituzione di una giornata mondiale della dignità della persona è importante: per rafforzare la consapevolezza che le libertà e i diritti fondamentali, compresa la libertà di religione, non devono essere tutelati e garantiti come semplici vessilli, ma in quanto aspetti fondamentali per il bene della persona umana.
4.2. Accanto a contenuti per i quali può dirsi universalmente riconosciuta, almeno in linea di principio, la consustanzialità rispetto alla dignità umana, esistono anche ambiti in cui non si è ancora raggiunta certezza se un dato contenuto rientri o meno nel nucleo essenziale e indefettibile della dignità umana. Vi sono casi in cui si tende a ritenere che alcuni contenuti, che in verità attengono al cuore della dignità della persona, non siano essenziali; e casi in cui, all’opposto, si ritiene che attengono alla dignità della persona dimensioni che, in verità, ne sono estranee e, anzi, a volte in contrasto.
In verità, il parametro per valutare se certe dimensioni e certi contenuti abbiano o meno valenza antropologia risiede proprio nel concetto di dignità umana: se favoriscono l’autentico valore della persona umana in quanto tale, vanno protetti come aspetti fondamentali della dignità umana; se si pongono in contrasto con l’autentico valore della persona umana in quanto tale, non meritano di essere tutelati e, anzi, meritano di essere contrastati.
L’istituzione di una giornata mondiale della dignità sarebbe una occasione importante per poter porre temi di questo genere al centro del dibattito e per poterli indirizzare correttamente, assumendo come parametro di valutazione quello più corretto, ossia l’autentico e vero valore della persona umana in quanto tale.
Compirò due esempi di materie per le quali il dibattito in questo senso risulta aperto e dovrebbe essere risolto proprio assumendo come orizzonte di valutazione l’autentico valore della dignità della persona umana.
5 Il valore della dignità della persona implica che la società civile debba essere messa in condizione di soddisfare prima di tutto da se stessa i bisogni dei propri membri. L’intervento pubblico deve essere residuale, cioè: deve assicurare che l’organizzazione spontanea della società non leda i diritti di nessuno e il valore oggettivo intrinseco della persona umana; deve controllare che tutti possano essere raggiunti dai servizi offerti dalla società civile; deve erogare direttamente il servizio soltanto quando la società civile non risulta da sé stessa in grado di soddisfare adeguatamente i propri bisogni. E’ il principio di sussidiarietà orizzontale.
Questo principio ha un radicamento profondo nel valore della persona umana. Il diritto di scegliere con quali modalità soddisfare i propri bisogni è qualcosa di intrinseco rispetto al valore dell’uomo, perché attiene alla sua personalità. Ciascuno di noi è diverso dall’altro e impedire alla persona di organizzarsi in modo conforme alla sua personalità, autenticamente intesa, per soddisfare al meglio i propri bisogni può costituire una violazione della sua dignità. Ho parlato di personalità autenticamente intesa, non semplicemente di personalità, perché il discorso che sto svolgendo non vale a introdurre un principio libertario, secondo cui ogni desiderio della persona meriterebbe di essere assecondato per il sol fatto di esser tale. Soltanto gli aspetti conformi al bene oggettivo della persona, in quanto tali, possono considerarsi meritevoli di questa tutela.
La dignità della persona umana, in altre parole, va di pari passo con la verità sull’uomo. “È alla luce della dignità della persona umana — da affermarsi per se stessa — che la ragione coglie il valore morale specifico di alcuni beni, cui la persona è naturalmente inclinata. E dal momento che la persona umana non è riducibile ad una libertà che si autoprogetta, ma comporta una struttura spirituale e corporea determinata, l’esigenza morale originaria di amare e rispettare la persona come un fine e mai come un semplice mezzo, implica anche, intrinsecamente, il rispetto di alcuni beni fondamentali, senza del quale si cade nel relativismo e nell’arbitrio”. “È comunque sempre dalla verità che deriva la dignità della coscienza” (Veritatis Splendor, 48, 63).
Come individuare quali desideri e ambizioni siano conformi al bene oggettivo della persona e quali, invece, non lo siano, è uno di quei compiti complessi di cui ho parlato in precedenza. Proprio in questo ambito è importante l’opera degli studiosi, degli accademici: lo strumento da utilizzare è il corretto uso della ragione. Ne parlerò in conclusione.Lo stesso Kant, nell’affermare che “l’autonomia è il fondamento della dignità della natura umana”, non intende affermare un principio di autodeterminazione libertario, ma collegarsi alla razionalità intrinseca della persona: “gli esseri razionali sono chiamati persone, perché la loro natura li contraddistingue già come fini in se stessi, ossia come qualcosa che non può essere usato semplicemente come mezzo, e in conseguenza limita ogni arbitrio (ed è un oggetto del rispetto) … Nel regno dei fini tutto ha un prezzo o una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere sostituito con qualcos’altro come equivalente. Ciò che invece non ha prezzo, e dunque non ammette alcun equivalente, ha una dignità … Ciò che costituisce la condizione sotto la quale, soltanto, qualcosa può essere fine in se stesso, non ha semplicemente un valore relativo, ossia un prezzo, ma un valore intrinseco, ossia dignità” (Fondazione della metafisica dei consumi).
Dalle considerazioni che ho appena svolto discendono alcune importanti conseguenze. I pubblici poteri devono favorire, e non ostacolare, l’auto-organizzazione della società civile, quando questa sia strumentale al bene oggettivo intrinseco della persona umana e non si ponga in contrasto con esso. Specialmente per gli aspetti nei quali maggiormente si può esprimere in modo autentico la personalità dell’uomo, come l’educazione, la fede, la cura e l’assistenza delle persone fragili, le formazioni sociali spontanee (associazioni, fondazioni, organizzazioni ecc.) devono avere uno spazio centrale. Solo così può essere rispettata fino in fondo la dignità dell’uomo, nella forma della possibilità di esplicare pienamente ed autenticamente la sua personalità.
Tra le varie conseguenze che da ciò derivano, ve ne sono alcune di essenziali anche sotto il profilo della finanza pubblica. Queste associazioni, fondazioni, organizzazioni, infatti, svolgono compiti essenziali, che in loro assenza dovrebbero essere svolti dalla pubblica amministrazione. Con il loro lavorio quotidiano, quindi, queste associazioni, fondazioni, organizzazioni garantiscono dei risparmi importanti per la finanza pubblica. Per questo motivo, è necessario rivedere le modalità di redazione dei bilanci della pubblica amministrazione, in modo da tener conto di questi risparmi. Il bilancio della pubblica amministrazione non deve essere unicamente finanziario, deve essere un bilancio sociale. Altrimenti non raffigura in modo adeguato lo stato di salute di un Paese. Inoltre, se è vero che queste associazioni, fondazioni, organizzazioni contribuiscono già in natura alle pubbliche spese, è altrettanto vero che la loro contribuzione in denaro, cioè le loro imposte, devono essere escluse o ridotte per tener conto del contributo che hanno già dato alla società.
Tutto questo attiene direttamente al rispetto autentico della personalità dell’uomo e, quindi, alla dignità della persona umana. Tutto questo favorisce il valore della persona umana in quanto tale e, perciò, va protetto come aspetto fondamentale della dignità umana. Per questo è importante parlarne e porre la riflessione al centro dell’attenzione.
6 Sotto altro profilo, il concetto di dignità della persona è talora oggetto di fraintendimenti, poiché a esso vengono ascritti contenuti contingenti che, in verità, non risultano conformi al valore della persona umana in quanto tale.
Ho già accennato prima alla necessità di interpretare il concetto di personalità dell’uomo in modo autentico, quando si tratti di dignità dell’uomo, per non cadere in pericolosi cortocircuiti. Vi sono infatti ideologie, al giorno d’oggi, che tendono a estendere il concetto di personalità e di dignità oltre i confini del bene oggettivo della persona e che, pertanto, finiscono per negare quella stessa dignità che, invece, vorrebbero a parole sostenere. La riflessione sul tema della dignità, dunque, deve servire anche ad affrontare questi temi e a portare chiarezza in ambiti così delicati e importanti.
Siamo al cuore della questione che Bockenforde indica così: “fin dove debba estendersi questo riconoscimento della dignità umana all’interno del processo biologico di ogni uomo, affinché rimanga autentica”. E che Bockenforde chiaramente risolve nel senso che essa identifica l’uomo in tutta la sua esistenza, dal concepimento alla morte naturale. Tra i molti esempi che si potrebbero fare, prendiamo quello della dignità della persona malata o morente.
Secondo certe ideologie, il valore della persona sarebbe connesso alle sue capacità fisiche o intellettuali, alla sua funzionalità. Sono ideologie di matrice utilitarista, che possono presentare varie sfaccettature (dal darwinismo sociale al neo-malthusianesimo). In base a queste ideologie, versare in una situazione di grave sofferenza e menomazione è considerato una situazione lesiva della dignità della persona. Per questo, si pensa di attribuire alla persona un diritto di scegliere di morire. Si parla di diritto di “morire con dignità”.
Sennonché, vi è in questo un travisamento radicale del concetto di dignità. La dignità non è legata all’efficienza della persona, ma al suo valore in quanto tale. Non a caso, lo stesso Kant, pur annoverato tra i più fervidi sostenitori dell’autodeterminazione individuale, ritiene contrario alla dignità della persona il suicidio e la disposizione del proprio corpo: “Se, per sfuggire a una condizione dolorosa, l’uomo si distrugge, si serve di una persona unicamente come di “un mezzo” per conservare uno stato sopportabile fino alla fine della vita. Ma l’uomo non è una cosa, e, perciò, non è qualcosa che si possa adoperare “solo” come mezzo: in tutte le sue azioni egli deve essere considerato, al tempo stesso, come un fine in sé. Io non dispongo quindi dell’uomo, nella mia persona, per mutilarlo, danneggiarlo o distruggerlo” (Fondazione della metafisica dei costumi).
In altre parole, il valore in quanto tale rimane anche nella persona menomata e sofferente. E’ doveroso limitare la sofferenza e il dolore, ed esistono farmaci che lo consentono. Ma il dolore e la sofferenza non degradano la persona umana, anzi, spesso ne rafforzano il valore.
“Nella sofferenza è come contenuta una particolare chiamata alla virtù, che l’uomo deve esercitare da parte sua. E questa è la virtù della perseveranza nel sopportare ciò che disturba e fa male. L’uomo, così facendo, sprigiona la speranza, che mantiene in lui la convinzione che la sofferenza non prevarrà sopra di lui, non lo priverà della dignità propria dell’uomo unita alla consapevolezza del senso della vita” (Salvifici doloris, 23).
Senza contare che, in molti casi, dietro alla concessione del “diritto di morire con dignità” si nasconde il rischio di un subdolo scivolamento verso un dovere di morire, nel senso di non gravare sulla società con costi per cure e assistenza quando non si è più utili. L’istituzione di una giornata mondiale per la dignità umana sarà l’occasione anche per discutere di questi temi in modo corretto e nella giusta prospettiva del valore dell’uomo in quanto tale.
7 In tutto questo, appare evidente l’importanza del ruolo degli accademici, in generale, e dei giuristi, in particolare.
Abbiamo detto che, accanto a un nucleo essenziale e univoco del concetto di dignità umana, molti contenuti possono essere storicamente e sociologicamente orientati. Ecco, il ruolo degli accademici è proprio quello di elaborare un discorso razionale su quali contenuti e manifestazioni, che occasionalmente sono ascritti al concetto di dignità umana, siano invece a essa estranei a talora con essa contrastanti, e correlativamente di elaborare un discorso razionale su quali aspetti, che eventualmente non siano ricondotti al concetto di dignità umana, debbano invece a esso essere riportati. L’accademia è il luogo dove il discorso razionale dovrebbe trovare la più compiuta applicazione.
E la scienza giuridica dovrebbe essere strumento privilegiato in questa prospettiva.
Il diritto, infatti, dovrebbe essere portatore della “legge della ragione”, “law of reason” secondo gli ordinamenti di common law, “summa ratio” secondo le parole di Cicerone (De Legibus, I, 6). Essa è lo strumento che permette di distinguere il giusto dallo sbagliato e, per quanto qui specificamente ci interessa, di distinguere ciò che davvero attiene alla dignità umana rispetto a ciò che invece non vi rientra.
Ciò non è vero soltanto muovendo da una impostazione filosofica e assiologica trascendente: “Lex est quaedam rationis ordinatio ad bonum commune”. “Imperare autem est quidem essentialiter actus rationis; imperans enim ordinat eum cui imperat” (S. Tommaso, Summa Theologica, Prima Secundae, q. 90, art. 4 e q. 17, art.1).
E’ vero anche in una prospettiva immanente e integralmente laica. Kant è l’autore del celeberrimo principio per cui “il diritto è l’insieme delle condizioni per mezzo delle quali l’arbitrio dell’uno può accordarsi coll’arbitrio di un altro”. Eppure, lo stesso Kant ha avuto cura di aggiungere che questo deve avvenire sempre una “legge universale della libertà”. E qual è questa “legge universale della libertà”? Appunto, la legge della ragione. Chiarisce, infatti, immediatamente prima l’illustre filosofo che chi pretendesse di ridurre il diritto a “ciò che le leggi in un certo luogo e in un certo tempo prescrivono o hanno prescritto” finirebbe per essere incapace di “riconoscere ciò che è giusto e ciò che è ingiusto”. Infatti, “le origini di quei giudizi”, fondamentali per la giuridicità, risiede “nella ragione pura quale unico fondamento di ogni legislazione positiva possibile”.
Talché, conclude il filosofo di Koenigsberg, “una dottrina del diritto puramente empirica” e priva del riferimento alla “ragione pura” sarebbe, “come la testa di legno nella favola di Fedro, una testa che può essere bella, ma che, ahimè! non ha cervello” (I. Kant, La metafisica dei costumi, Parte Prima. La dottrina del diritto, Cap. I. Introduzione alla dottrina del diritto, par. B).
A ben vedere, lo stesso giuspositivismo, pur ricusando il riferimento alla ragion pratica e alla fondazione razionale dei valori, non manca di appellarsi a quel comparto della legge di ragione che è la logica nel momento in cui delinea i criteri di relazione delle norme tra sé e con la Grundnorm.
Sosteneva il giurista medievale Azzone da Bologna: “iuris professores per orbem terrarum facit [scientia iuris] solemniter principari”. Per essere precisi, i giuristi non devono governare il mondo, ma dare un contributo per far sì che il mondo sia governato secondo ragione. In questo risiede d’importanza del mondo accademico a sostegno della dignità umana e dell’istituzione della giornata mondiale che la abbia ad oggetto.
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Dignità umana e diritti umani, per approfondire:
La concezione dei diritti umani in Giovanni Paolo II (di Estanislao C. Nunez) (libro)
Diritti umani tra questione antropologica & bioetica
La legge naturale superata? No, dà sostanza ai diritti umani