Abstract: l’immigrazione usata come arma di ricatto; è la tesi che la professoressa americana Kelly M. Greenhill sviluppa in un suo libro nel quale ha esaminato 100 casi dal 1951 al 2010 riscontrando che il ricatto di invadere un paese di profughi e immigrati quasi sempre ottiene lo scopo
Il Timone n. 233 novembre 2023
Le partenze di massa usate come ricatto già in 100 casi
I fenomeni migratori? Altro che spontanei, spesso sono usati per condizionare gli Stati. E’ a tesi controcorrente della politologa Kelly M. Greenhill. Il Timone l’ha intervistata in esclusiva
di Giuliano Guzzo
I flussi migratori? Fenomeni naturali, che ci sono sempre stati e quindi inevitabili. E’ il tormentone progressista per giustificare non solo partenze e arrivi di massa, potenzialmente illimitati, a anche la visione di un mondo senza frontiere e, in definitiva, senza identità e senza tradizioni. C’è però chi contesta questa lettura del fenomeno dell’immigrazione, facendo presente come essa – più che spontanea – sia non di rado “spintanea”, vale a dire incoraggiata con chiare finalità di pressione o ricatto politico. A formulare questa tesi controcorrente, second cui i flussi migratori possono essere addirittura essere «armi», è la studiosa Kelly M. Greenhill, 53 anni, che l’ha messa nero su bianco nel suo libro del 2010 Weapons of mass migration (Armi di migrazione di massa). Più precisamente, l’accademica, che insegna alla Tuft University ed è ricercatrice presso l’Harvard Kennedy School, segnala l’esistenza, parole sue, di «migrazioni pianificate strategicamente», cioè quelle «deliberatamente create, manipolate o semplicemente minacciate al servizio di obiettivi politici, economici o militari nazionali e/o internazionali». Solo dal 1951 al 2010 la Geenhill ha individuato 56 casi di queste migrazioni, progettate per lo più da Stati, ma non solo.
C’è di più: la ricercatrice ha scoperto come nel 57% di questi casi i fautori delle «migrazioni pianificate» hanno ottenuto tutti i loro scopi, o ameno alcuni in quasi il 75% dei casi. Si tratta insomma di una strategia molto diffusa – Greenhill la definisce «in uso da secoli» – e sulla quale ci sono anche curiosi aneddoti. Che sono ben riassunti, in quanto, nella sua storica visita in Cina, Richard Nixon si sentì dire da Mao, dopo che aveva chiesto più libertà di movimento per i cittadini della Repubblica popolare: «Se noi apriamo le frontiere, voi siete disposti ad accollarvi 200 o 300 milioni di cinesi?». Non risulta Nixon abbia replicato alcunché. Noi però, senza con questo sposare alcun complottismo, dobbiamo almeno interrogarci – sullo stimolo dell’indagine di Kelly Greenhill, che nella primavera 2022 ha rilanciato a sua tesi sulle colonne della prestigiosa rivista Foreign Affairs (e che si accinge a pubblicare una nuova edizione del suo libro) – sulla grande ondata di immigrati in arrivo sulle coste italiane ed europee. Il modo migliore per farlo è sentire direttamente lei, la Greenhill. Per questo Il Timone l’ha contattata.
Professoressa, lei ha studiato più di cinquanta casi di flussi migratori dal 1953 fino al recente passato, con particolari approfondimenti dedicati a eventi paradigmatici, da Cuba al Kosovo, da Haiti alla Corea. Che cos’hanno in comune questi casi e che insegnano?
«Come mostrerò nell’imminente seconda edizione del mio libro, nel 2023 l numero dei casi si è tragicamente avvicinato a 100 a partire dal 1953. Quello che hanno in comune questi casi, accaduti in varie parti del mondo e tutti piuttosto diversi tra loro, è che rappresentano il tentativo di usare immigrazione ed emigrazione per ottenere concessioni politiche, militari e/o economiche dagli stati di destinazione. L’enorme differenza geografica, temporale e di destinazione mostrano quanto questo strumento può essere efficace se gli Stati di destinazione sono discordi su come gestire i potenziali spostamenti delle persone. Se una popolazione è unita o in modo favorevole , o in modo contrario a un gruppo di profughi, indipendentemente dalle dimensioni di tale gruppo, una efficace coercizione tramite l’uso di persone rese oggetto della migrazione è difficile. Tuttavia, se una società è divisa tra quelli che vogliono dare rifugio o assimilazione e quelli che vi si oppongono, i politici possono trovarsi in trappola e in una posizione impossibile. In circostanze del genere, offrire concessioni ai coercitori per far scomparire il “problema” può diventare piuttosto convincente».
Si poterebbe dire che i grandi numeri di rifugiati rappresentino una minaccia usata da entità politiche per perseguire i propri obiettivi?
«A eccezione di un numero ristretto di agenti nefasti che potrebbero inserirsi negli spostamenti di popolazioni, i profughi – siano essi rifugiati o migranti – non sono una minaccia di per sé. Anzi, a dire il vero spesso quelli che fuggono per salvare le proprie vite, sono i più vulnerabili tra noi. Tuttavia, se le popolazioni degli Stati di destinazione vedono i profughi come una minaccia economica, politica e/o sociale – uno stato di affari relativamente comune – allora dei movimenti di persone attraverso i confini, effettivi o semplicemente minacciati, possono fungere da effettivi strumenti di coercizione. Come ho fatto notare sopra, in tali circostanze, di fronte ad un flusso in entrata effettivo o potenziale, i responsabili politici possono sentirsi obbligati a cedere alle richieste dei coercitori per far scomparire la minaccia. E’ degno di nota il fatto che le richieste dei coercitori possono essere economiche e militari, oltre che politiche, e che le dimensioni del movimento migratorio minacciato sono meno importanti dell’identità raziale, etnica o religiosa del gruppo di profughi. Sicuramente, i costi necessari a ospitare, prendersi cura e assimilare grandi numeri di profughi possono essere piuttosto alti e possono significativamente mettere alla prova una società. Il fatto che alcuni Stati e alcune comunità sopportino costi maggiori rispetto ad altre va a esacerbare queste sfide, ad aumentare il risentimento e a fomentare una crescente ostilità e resistenza contro migranti e rifugati».
Succede anche oggi nel Mediterraneo?
«Al momento non ho accesso a sufficienti dati affidabili in tempo reale per darle una risposta sullo stato di cose nel Mediterraneo oggi. Di certo, ultimamente sono state mosse molte accuse di uso delle migrazioni come arma, visto che il numero degli arrivi è cresciuto in modo apprezzabile ma, al momento in cui scrivo, non ho ancora visto prove concrete a sostegno di queste accuse».
Come possiamo difendere allo stesso tempo le persone costrette a fuggire dalle loro terre e le nazioni che vedono questi movimenti come una minaccia alla loro sicurezza, alla loro identità e alle loro risorse?
«Questa è una sfida fondamentale e critica, specialmente in un momento in cui più di 100 milioni di persone sono strappate alle loro case contro la propria volontà, con altre che possibilmente verranno presto, e in un momento in cui un numero straordinariamente alto di persone vede le migrazioni come una minaccia. Il fatto che i costi relativi alle migrazioni di massa siano distribuiti asimmetricamente non aiuta certo le cose,
____________________
5 milioni di migranti entro il 2030
Quanti migranti sono in arrivo in Europa? Nel 2021 il Vienna Institute for International Economic Studies aveva elaborato una stima affermando che «l’immigrazione aumenterà nel nuovo decennio, soprattutto dall’Africa e dal Medio Oriente». A tal proposito – sulla base di quanto già avvenuto tra il 1995 e il 2020 – sono stati elaborati tre possibili scenari, secondo cui entro il 2030 arriveranno nel Vecchio Continente da 2,9 a 4,7 milioni di stranieri (3,4 nell’ipotesi moderata). Considerando che solo in Italia in tutto il 2021 sono sbarcati 67.040 migranti, e che dal 1 gennaio al 10 ottobre di quest’anno ne sono già arrivati 138.172 (+186% rispetto al dato, nello stesso periodo, del 2021), si può immaginare – anche alla luce delle guerre in corso – come lo scenario più drammatico delle previsioni viennesi sia concreto, e che davvero entro il 2030 si possano raggiungere, in Europa, i 5 milioni di arrivi.