Abstract: Russel Kirk e la rivoluzione conservatrice. Un libro, The Conservative mind, compie 70 anni, ed è un evento. L’autore, statunitense, lo pubblicò 35enne nel 1953, frutto della tesi di dottorato nell’Università di St. Andrews in Scozia negli anni in cui l’Inghilterra frequentava T.S. Elliot. Il poeta anglo-americano incarnava per lui l’ultima testimonianza, e forse persino la figura più emblematica, di una visione del mondo fondata sulla tradizione classica e giudeo-cristiana in antitesi al progetto illuministico. Nel tempo questa sfida avvia visto moltiplicarsi gli Alfieri, ma 70 anni fa Kirk fu uno dei primi a lanciarla, e il suo stile resta esemplare.
Libero, venerdì 29 Dicembre 2023
70 anni di Conservative mind
La rivoluzione di Russel Kirk
di Marco Respinti
Un libro, The Conservative mind, compie 70 anni, ed è un evento. L’autore, Russel Kirk (1918-1994), statunitense, lo pubblicò 35enne nel 1953, frutto della tesi di dottorato nell’Università di St. Andrews in Scozia negli anni in cui l’Inghilterra frequentava T.S. Elliot. Il poeta anglo-americano incarnava per lui l’ultima testimonianza, e forse persino la figura più emblematica, di una visione del mondo fondata sulla tradizione classica e giudeo-cristiana in antitesi al progetto illuministico. Nel tempo questa sfida avvia visto moltiplicarsi gli Alfieri, ma 70 anni fa Kirk fu uno dei primi a lanciarla, e il suo stile resta esemplare. Prendendo le mosse dallo statista irlandese Edmund Burke – e divenendone, secondo sir Roger Scruton, il migliore discepolo americano Kirk rielabora più volte il testo per giungere ad abbracciare, due secoli dopo, proprio l’amico e maestro Eliot, il quale, nel 1954 pubblica l’edizione europea con la sua Faber & Faber.
Prima di Burke il conservatorismo esisteva senza nome nel complesso di virtù e di norme che facevano l’uomo buono e giusto della tradizione occidentale. Davanti all’offensiva delle ideologie, mentre cominciava a divenire minoranza e perdeva presa sul senso comune, il conservatorismo imparo a darsi un nome punto
Critica burkeana
Di fatto, ma anche per principio, le 500 pagine di The Conservative Mind (nella settima edizione definitiva del 2001) è la declinazione bisecolare del retaggio della critica burcheana alla modernità filosofica nel mondo di lingua inglese, fondata sull inalienabilità del diritto naturale che fa l’essere umano ciò che è: indisponibile a ogni tirannia, sia essa politica, culturale o spirituale, sia essa direttamente violenta nella forma dei regimi totalitari o diversamente aggressiva nella foggia dei mille relativismi.
Sbaglierebbe però chi ha questo punto scambiasse il conservatorismo kirkiano per il mero mantenimento di uno status quo, per un passatismo sterile. E’ piuttosto l’anelito all’origine: delle cose, del mondo, dell’uomo, di sé. L’umano come dovrebbe essere e come avrebbe potuto essere, senza mai scordare né quel che è né quel che è diventato, eppure senza arrendervisi. Anche un’operazione politica sì, ma prima e altro, e più in alto: una scelta pre-politica e meta-politica. The Conservative Mind resta insomma un libro unico. Sin dal titolo, impervio da tradurre.
Come osserva il filologo E. Christian Kopff in un libro importante del 1999 (che contiene pure un capitolo su Kirk), The Devil Knows Latin: Why America Needs the Classical Tradition, l’inglese sarebbe un’altra lingua senza gli importi latini è davvero la migliore resa dell’inglese «mind», dal vocabolo che prende per mano intelletto, cuore e anima senza fermarsi a uno solo, è il latino «forma mentis». Non, cioè, una delle tante storie intellettuali possibili di un dato pensiero, ma il viaggio nel tempo di un certo tipo umano per inclinazione e stile.
Il cambiamento
Ma per passo e caratteristi che quel librone avrebbe comunque potuto restare confinato al mondo un po’ altezzoso degli intellettuali quindi. Trasformò invece una cultura, influenzando menti e cuori, ambienti e circoli, ben oltre il numero dei suoi lettori.
La mutazione del conservatorismo americano da fenomeno di élite ad anche movimento, la sfida portata dal senatore Barry Goldwater che, dal 1964, inaugurò il progressivo spostamento a destra del Partito Repubblicano, La Casa Bianca di Ronald Reagan nel 1980 e i 16 anni di maturazione intercorsi grazie soprattutto alla regia di Richard Nixon portano tutti il segno di The Conservative Mind, per raccontare l’intera storia del quale ci vorrebbe un altro libro. O forse no. Perché i libri non riescono a contenere l’intelletto, lo spirito e l’anima di chi mira a una sola cosa. Conservare l’umano per ricostruire una civiltà. No,non è una questione solo americana.
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