Dal blog di Marco Repinti venerdì24 maggio 2024
Relazione presentata al convegno Famiglia strumento di pace: una sfida del nostro tempo, organizzato da Universal Peace Federation (UPF Italia) e dalla Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo (WFWP Italia), con il patrocinio e la collaborazione della Città Metropolitana di Roma Capitale, a Roma, nella Sala Fregoni di Palazzo Valentini (Via IV Novembre 119/A), il 24 maggio 2024 in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia 2024, celebrata il 15 maggio 2024.
di Marco Respinti
Lo scopo del mio intervento, qui, oggi, è assolutamente e volutamente minimale. Lasciare a tutti, ovvero a chi vorrà, la consegna politica più importante, icasticamente veicolata dal titolo di questa mia comunicazione: la famiglia è la prima risorsa dell’essere umano, dell’umanità, della convivenza umana, della vita sociale umana.
La persona
Ho scelto con cura il vocabolo «risorsa». L’istituto famigliare è, infatti, molte cose, ma anzitutto e soprattutto è una risorsa. Questo significa dire ‒ se l’aggettivo «umana» nel mio titolo e del mio argomento indica l’attore e il destinatario della potenzialità e della ricchezza della risorsa, e se l’aggettivo «prima» significa fondamentale e fondatrice ‒ che la famiglia sta all’origine principiale di tutte le capacità d’intrapresa dell’essere umano.
L’intrapresa capitale è la maturazione del concetto di persona: il guadagno, cioè, del senso profondo e autentico dell’esistere di quell’essere che ognuno di noi è. Quel guadagno e quel senso profondo e autentico cominciano con la percezione di sé come essere vivente specifico, distinto e in relazione rispetto all’essere che ci circonda. Ora, man mano che penetriamo questa percezione della specificità di noi stessi con coscienza crescente ‒ ovvero sempre misteriosamente e mai definitivamente ‒, ci rappresentiamo in modo autorevole (il termine deriva dal verbo latino augēre, «far crescere»), ci rappresentiamo ‒ dicevo ‒ a noi stessi come persone.
Questa intrapresa basilare di coscienza e autocoscienza, che ho precedentemente chiamato «maturazione del concetto di persona», avviene dentro l’istituto famigliare: in esso, con esso e grazie a esso. È, cioè, la famiglia a performare questa intrapresa di scoperta e crescita, allevamento ed educazione, della persona in modo naturale. Prima di altro, più compiutamente di altro, a volte persino senza la necessità di altro.
Ciò significa dire che certamente anche altro può contribuire a quell’intrapresa ‒ in realtà vi contribuisce tutto ciò che viene colto come altro da sé e in relazione a sé ‒, ma che solo la famiglia ha la capacità di rendere cosciente in maniera piena, seppur progressivamente, l’altro da sé e ciò che è in relazione a sé al sé che in quel modo si sta comprendendo e rappresentando come persona.
Dire «in maniera piena» non significa peraltro dire in modo completo ed esaustivo, poiché nulla di ciò che attiene all’umano lo è mai. Ma in maniera perfetta sì: perfetta per il compito, la funzione e anche il limite che la famiglia ha. Come gli organi degli animali inferiori ‒ per mutuare uno spunto dalla biologia ‒, che non sono strumenti performanti in maniera imperfetta in attesa di evolversi e funzionare a pieno regime una volta raggiunto lo stadio di animali superiori, bensì componenti che svolgono già al meglio in sé tutte le funzioni che sono a essi proprie.
La famiglia, cioè, è il luogo perfettamente adatto all’umano. È il luogo dove la vita è data e viene accolta, ed è il luogo dove la vita viene accompagnata a diventare vita consapevole, coscienza, persona.
L’istituto
Ho finora usato il nome «famiglia» al singolare. Lo faccio perché l’oggetto che sto discutendo è quello che ho appunto già chiamato «istituto famigliare». Mi aiuta il Vocabolario Treccani (1).
«Istituto» deriva dal latino institutum, voce del verbo instituĕre, «istituire», nel modo participio e nel tempo passato: un modo verbale che partecipa in maniera sostanziale di tre delle cinque parti variabili del discorso nella lingua italiana (verbo, nome e aggettivo), nel nostro caso dell’aggettivo che lo segue, esprimendo, attraverso il tempo verbale, anteriorità. Vale a dire indicando una realtà che è precedente e che plasma quanto viene dopo.
Ancora: che fonda altro e che è quindi considerato «dato» (non casualmente un altro participio passato: ciò che è dato, è dato). Ci sarebbe da ragionare profondamente sul motivo per cui la grammatica declina e descrive l’azione e la storia mutuando dalla semantica le espressioni «modo» e «tempo», ma non è questo il luogo.
Institutum, cioè, «istituto», significa dunque «ciò che è stato istituito», «ciò che è stato stabilito», «ciò che è stato eretto». Come muro portante, architrave e pilastro per sostenere l’edificio ‒ direbbe l’ingegneria strutturale ‒, il quale si può pure poi sviluppare e arricchire in fregi e finimenti, ma anche come volta, tirante, telaio e contrafforte per reggere le spinte dell’intera struttura.
Come la casa di mattoni dell’ultimo dei tre porcellini che resiste al soffio impetuoso del lupo cattivo della nota fiaba raccolta dal bibliografo inglese James Orchard Halliwell-Phillipps (1820–1889) nelle Nursery Rhymes and Nursery Tales del 1842. O come la casa solidamente costruita sui sassi che un feudatario della bassa Provenza medioevale costruì nella canzone, ispirata a una leggenda popolare, che il cantautore italiano Angelo Branduardi incise nel 1979 con il titolo Il signore di Baux. O come la casa che, disse il giudice inglese Sir Edward Coke (1552–1634) nella sentenza a conclusione del caso «Peter Semayne v Richard Gresham» il 1° gennaio 1604, «è per ognuno castello e fortezza, servendo sia a difesa contro le offese e contro la violenza, sia per il ristoro» (2).
Come un istituto è ciò che viene prima e regge quanto viene dopo, la famiglia esiste prima per reggere la persona durante e dopo. Da qui il senso traslato, ma forte, di realtà che ha un «proposito», dunque che viene appunto istituita per un determinato «scopo», quindi di «norma», «principio», «ordinamento della vita privata o pubblica derivato dai costumi, dalla consuetudine, dalla costituzione politica», persino «insegnamento». Tanto che questo significato, traslato ora nella scienza giuridica, indica un ente, pubblico o privato, che sia organizzato con leggi proprie in ordine a un determinato fine.
La famiglia è dunque nome singolare perché è una e una sola. È l’«istituzione fondamentale in ogni società umana, attraverso la quale la società stessa si riproduce e perpetua, sia sul piano biologico, sia su quello culturale». Ora, la «f. elementare (o nucleare, o coniugale o biologica)» è «costituita dall’unione duratura e socialmente riconosciuta di un uomo con una donna e dalla loro prole»: è questo il «gruppo sociale più universalmente diffuso».
Nell’affermare l’unicità della famiglia come istituto dato originario, affermo un dato di fatto naturale incontrovertibile, passibile di opinioni (sempre sacrosantamente lecite), ma non di confutazioni. E questa non è una opinione, ma un fatto. La famiglia può dare infatti la vita soltanto come unione di un essere umano maschio e di un essere umano femmina, cioè di una persona maschio e di una persona femmina.
La natura
Non esiste alternativa. L’unione fra due persone del medesimo sesso non può infatti generare e adottare se non ricorrendo all’unica fecondazione possibile, quella eterosessuale. Sul piano culturale, anche l’unione fra persone omosessuali o le relazioni non monogamiche si trovano, in un modo o nell’altro, a imitare i ruoli propri dal maschio e della femmina nella famiglia eterosessuale monogamica, o a viverne una versione.
Per questo, e non per altro, viene chiamata «famiglia naturale» la famiglia eterosessuale monogamica fondata su quella assunzione reciproca di responsabilità fra persone distinte e in relazione privilegiata fra loro, dunque con il resto delle persone e dell’essere, suddiviso, questo, fra vivente e non vivente, che la civiltà umana ha codificato nelle forme e nei rituali che chiamiamo «matrimonio», sempre, seppur in forme diverse, sancito da un’autorità religiosa, e in una minoranza di casi anche civile ma sempre autorità, e virtualmente indissolubile, se non in casi specifici, normati ad hoc.
Nell’espressione «famiglia naturale» l’aggettivo indica, infatti, la relazione più direttamente e immediatamente corrispondente alla natura data ‒ un institutum ‒ dell’essere umano, dunque della persona: un’applicazione del cosiddetto «rasoio di Occam» (3).
Noto come sono per saper essere, nelle occasioni opportune, anche controverso, sgombero subito il campo da possibili equivoci, o da sopracciglia in fase di aggrottamento. Con quanto sopra non ho detto e non intendo dire, anzitutto e soprattutto giacché non lo penso e perché non è così, che altre forme di unione fra persone siano innaturali, contro natura o imperfette.
Altre forme di unioni possibili fra persone sono infatti il frutto dell’opinione che le persone possano avere e hanno di sé, della propria umanità, della propria natura, del rapporto privilegiato che hanno con alcuni altri da sé, dunque con il resto delle persone e dell’essere, suddiviso, questo, fra vivente e non vivente, e delle circostanze dell’esistenza, comprese le sue difficoltà e le sue parzialità, di eventi, di scelte.
Diversi antropologi ritengono per esempio che «l’unità veramente irriducibile, che costituisce la cellula, il nucleo su cui le diverse società si fondano, è l’insieme della madre con i figli […]. Se di per sé la procreazione non ha bisogno che dell’unione biologica tra la donna e l’uomo che la fecondi, la legittimazione dei figli e la protezione e sostentamento di essi e della madre non devono necessariamente essere assicurati dal genitor (o padre biologico). La funzione paterna all’interno della società (cui corrisponde la qualifica di pater) può essere infatti assunta sia dal genitor (come avviene nella maggioranza dei casi), sia da chi tale non è».
Non è infatti ammissibile ritenere di “serie B” la famiglia della madre single, ma perché non anche del padre single, o la famiglia dove pater e mater non siano, entrambi o uno di loro, anche genitores, come per esempio nel caso benemerito dell’adozione.
È pure ingiusto giudicare altezzosamente quelle relazioni dove, per motivi che talora sono persino insindacabili, i rapporti si disfanno, sopravvivendone resti in unioni atipiche. Ma nessuno può negare che tali relazioni, appunto atipiche, imitino, aspirino, anelino, anche se per la maggior parte delle volte in maniera inconsapevole, a una originarietà oramai dissoltasi, facendo di necessità virtù e colmando le carenze con funzione che si potrebbe definire sussidiaria, ovvero in modo integrativo “come ci si riesce”.
La libertà
Svelo ora che tutte le citazioni precedentemente adoperate (in specie il dire che la famiglia è l’«istituzione fondamentale in ogni società umana, attraverso la quale la società stessa si riproduce e perpetua, sia sul piano biologico, sia su quello culturale», e che essa è «costituita dall’unione duratura e socialmente riconosciuta di un uomo con una donna e dalla loro prole», dunque il «gruppo sociale più universalmente diffuso») non vengono da fonte partigiana, ma da una delle risorse privilegiate per la conoscenza e la coscienza della lingua italiana e del bagaglio culturale che essa fondamentalmente veicola, cioè l’Enciclopedia Treccani (4).
E concludo con altri due riferimenti organici ad altrettante risorse privilegiate per la conoscenza e la coscienza del bagaglio culturale della comunità umana.
Il primo riferimento è alla Giornata internazionale delle famiglie 2024, in data 15 maggio, che oggi celebriamo (5) Fu istituita il 20 settembre 1993 dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazion Unite (ONU) e utilizza il nome plurale «famiglie». Lo fa non perché pretenda di stabilire, da ultimo e contra factum, istituti famigliari plurimi, ma perché, dato che l’istituto famigliare naturale è unico e univoco, la realtà storica è composta di tante famiglie materiali che rendono tale istituto concreto. Quest’anno, del resto, la ricorrenza cade nel 30° anniversario del 1994 come Anno internazionale della famiglia, ancora una volta, e per gli stessi motivi, nome singolare (6)
Non è opinione mia, ma pensiero dell’ONU, che riconosce «l’importanza della famiglia», nome singolare perché institutum, «come l’unità basilare della società» e il suo «ruolo chiave per lo sviluppo sociale», dunque che, «in quanto tale, essa debba essere rafforzata, prestando attenzione ai diritti, alle capacità e alle responsabilità dei suoi membri» (7). Del resto, l’Articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite lo dice nel modo più perfetto al singolare proprio perché si riferisce all’institutum famigliare: «La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società» (8).
Il secondo riferimento è al Messaggio per la I Giornata mondiale dei bambini, in programma per il 25-26 maggio 2024, inviato da Papa Francesco in data 2 marzo 2024 (9): «ciascuno è come un anello di una lunghissima catena, che va dal passato al futuro e che copre tutta la terra», ha detto il Pontefice rivolgendosi direttamente ai bimbi. «Per questo vi raccomando di ascoltare sempre con attenzione i racconti dei grandi: delle vostre mamme, dei papà, dei nonni e dei bisnonni!», ha proseguito il Papa, descrivendo una verticalità dell’istituto famigliare lungo la storia che interseca a croce l’orizzontalità della concretezza delle varie famiglie materiali nei successivi momenti della storia.
«E c’è di più», ha precisato il Santo Padre, puntualizzando un aspetto decisivo del maturare dell’essere umano in persona che avviene nella famiglia, con la famiglia e grazie alla famiglia, facendo così della famiglia l’unità sociale fondamentale. «Infatti, care bambine e cari bambini, da soli non si può neppure essere felici, perché la gioia cresce nella misura in cui la si condivide: nasce con la gratitudine per i doni che abbiamo ricevuto e che a nostra volta partecipiamo agli altri».
Ho citato tre fonti laiche e quindi ‒ nella semantizzazione più bella dell’espressione ‒ libere: l’Enciclopedia Treccani, l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Pontefice Romano, tre fonti libere e ‒ nella semantizzazione migliore che di sé possano percepire ad intra e offrire ad extra ‒ laiche.
Queste tre fonti sono solidali nello spiegare come l’istituto famigliare sia la risorsa originaria e principiale della comunità umana, e dunque come tale meritevole di difesa dai molteplici attacchi paralleli o concordati che da sempre essa subisce, oggi con i modi propri dell’oggi, provengano detti attacchi da ideologie forti o deboli, da gruppi organizzati o da unabomber sciolti, da Stati, regimi, agenzie delle entrate, associazioni, organi di stampa o ambienti pseudoculturali e pseudoeducativi.
Laddove invece una risorsa essenziale e insostituibile per il pieno sviluppo della persona umana come la famiglia è chiederebbe soltanto il laissez faire più radicale. Come dicevo d’esordio, è questa la consegna politica più importante: che la famiglia possa essere lasciata essere se stessa, risorsa cruciale per lo sviluppo pieno della persona e di quel vivere associato conseguente al datum della natura delle persone che chiamiamo «pace».
NOTE
1) Cfr. la voce «Istituto» in Vocabolario Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/istituto/. Tutte le URL sono state consultate il 23-5-2024.
2) Steve Shepperd (a cura di), The Selected Writings and Speeches of Sir Edward Coke, Liberty Fund, Indianapolis, 2003, vol. 1, p. 137.
3) Cfr. Allan C. Carlson e Paul T. Mero, The Natural Family: A Manifesto, Spence, Dallas 2007.
4) Voce «Famiglia» in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/famiglia/.
5) Cfr. Organizzazione delle Nazioni Unite, International Day of Families, 15 May, https://www.un.org/en/observances/international-day-of-families.
6) Cfr. Idem, Preparations for the thirtieth anniversary of the International Year of the Family, 2024, https://social.desa.un.org/issues/family/news/iyf2024.
7) Idem, Family, https://social.desa.un.org/issues/family.
8) Idem, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (adottata il 10 dicembre 1948 UNGA Res 217), https://www.un.org/en/about-us/universal-declaration-of-human-rights, trad. it. https://www.ohchr.org/en/human-rights/universal-declaration/translations/italian. URL consultata il 29-5-2023.
9) Papa Francesco, Messaggio per la I Giornata mondiale dei bambini del 25-26 maggio 2024, 2 marzo 2024, https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/bambini/documents/20240302_messaggio-bambini.html.
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