Gianfranco Amato sul fine vita in Valle d’Aosta

CONSEIL DE LA VALLEE

CONSIGLIO REGIONALE DELLA VALLE D’AOSTA

V COMMISSION SERVICES SOCIAUX

V COMMISSIONE SERVIZI SOCIALI

Audizioni 3 luglio 2024

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Audizione, in videoconferenza, nell’ambito dell’esame della proposta di legge n.135, recante: «Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019.»

Avv. Gianfranco Amato, presidente dell’Associazione “Giuristi per la vita

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Signor Presidente, signori consiglieri, buongiorno e grazie per l’invito.

1. Scorrendo il testo della proposta di legge non è difficile scoprire che la stessa riproduce letteralmente il modello redatto dall’Associazione Luca Coscioni reperibile sul suo sito web. Se è così, mi permetto di segnalarvi chi è davvero il soggetto proponente.

Ricordate la sentenza della Corte Costituzionale che dichiarò inammissibile il referendum sull’omicidio del consenziente promosso dalla Luca Coscioni? La Consulta affermò severamente che l’obiettivo dei promotori era differente dalle dichiarazioni pubbliche fatte nel corso della campagna per la raccolta delle firme; in sostanza – disse chiaramente la Corte – l’associazione Coscioni ingannò coloro che sottoscrissero la proposta, descrivendo falsamente gli effetti del referendum: chi firmò non aveva compreso che, in caso di successo del referendum, una persona avrebbe potuto impunemente uccidere una diciottenne che, disperata per questioni sentimentali, avesse esclamato: «Voglio morire!».

Davvero potete fidarvi di chi – come il più noto rappresentante dell’associazione Coscioni – mentre promuove le leggi regionali accompagna a suicidarsi in Svizzera altre persone, senza il parere del Comitato Etico previsto dalla sentenza; persone che, per di più, certamente non dipendevano da forme di sostegno vitale (condizione che, pure, viene ribadita dall’art. 2 della proposta di legge)?

Secondo i Giuristi per la Vita, assolutamente no: non potete fidarvi; ancora una volta l’associazione Coscioni ha un obiettivo differente rispetto a quelli indicati nella Relazione introduttiva alla proposta: vuole coinvolgere e strumentalizzare le Regioni – e, quindi, anche la Valle D’Aosta – per contrastare il Parlamento nazionale, il quale ha deciso di non approvare una legge (è stata una decisione, come sapete bene; non un’inerzia); per fare questo vuole spingervi ad accettare il rischio che l’Italia diventi un patchwork rispetto a queste tristi vicende e che, implicitamente, entrando in ciascuna Regione, si possa leggere: «qui potete farvi suicidare in venti giorni», «qui in quaranta giorni», «qui abbiamo nominato una Commissione medica di soggetti favorevoli ad accogliere le domande di suicidio assistito ecc.».

2. E, in effetti, questa proposta (come quelle presentate in altre regioni) contiene grossolane mistificazioni del contenuto della sentenza della Corte Costituzionale, così da indurre il Consiglio Regionale ad approvare una normativa palesemente incostituzionale, destinata ad essere annullata dalla Consulta.

Lo affermo chiaramente (e non sono certo l’unico: è l’obiezione concorde di un grande numero di giuristi): leggi regionali di questo tipo sarebbero certamente impugnate dal Governo (l’Avvocatura Generale dello Stato si è già espressa in proposito) e verrebbero inevitabilmente dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale che ha espressamente indicato nel Parlamento nazionale il soggetto deputato a normare la materia.

Del resto, l’incompetenza della Regione emerge già nella premessa all’art. 2 della proposta: «Fino all’entrata in vigore della disciplina statale in materia (…)»: quindi i proponenti ammettono espressamente che la competenza è dello Stato. Anche l’art. 4, comma 5, della proposta fa riferimento all’obbligo di conformare i procedimenti alla disciplina statale.

La proposta sostiene che esisterebbe una competenza concorrente ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost. con riferimento alla «tutela della salute»; ma gli atti di disposizione del corpo, tra i quali non può non rientrare il suicidio assistito, incidono su aspetti essenziali dell’identità e dell’integrità della persona e riguardano, così, l’ordinamento civile: si tratta, dunque, di materia riservata alla potestà esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. l), Cost.

Non esiste, pertanto, un potere legislativo regionale in materia di suicidio assistito.

La Costituzione richiede che l’eventuale disciplina sia caratterizzata da uniformità di trattamento a livello nazionale, per ragioni imperative di uguaglianza.

Ricordo la sentenza della Corte Costituzionale n. 262 del 2016 che ha dichiarato illegittima una legge regionale del Friuli-Venezia-Giulia del 2015 che, all’epoca, per “rimediare” all’inerzia del legislatore statale, aveva introdotto una disciplina regionale in tema di disposizioni anticipate di trattamento sanitario; norma dichiarata illegittima in riferimento all’art. 117, comma 2, lettera l), Cost., proprio per l’incidenza su aspetti essenziali della identità e integrità della persona. Quella sentenza affermò, fra l’altro, che la mancanza della specifica legislazione nazionale «non vale a giustificare in alcun modo l’interferenza della legislazione regionale in una materia affidata in via esclusiva alla competenza dello Stato».

Premessa questa obiezione decisiva, mi limito ad indicare rapidamente i motivi per cui la proposta di legge regionale è adottata in violazione della Costituzione e della sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019.

3. La prima mistificazione è la definizione dell’accesso al suicidio assistito come diritto soggettivo individuale (art. 1, comma 2, della proposta di legge): la Corte Costituzionale ha più volte spiegato che la sua sentenza non riconosce né crea un diritto, ma prevede una limitata depenalizzazione del delitto di aiuto al suicidio in poche e specifiche ipotesi. Cito: «dall’art. 2 Cost. discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo e non quello di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire». La Valle D’Aosta deciderà di creare e riconoscere il diritto al suicidio nel suo territorio? Entrando nella Valle ci saranno i cartelli che indicheranno che «qui hai il diritto di essere aiutato a suicidarti»?

5. Anche l’art. 117, primo comma, lett. m) della Costituzione sarebbe violato perché la legge regionale introdurrebbe un nuovo LEA, violando le esclusive competenze statali. La presenza di un procedimento sanitario obbligatorio, per propria indefettibile natura finalizzato a una prestazione sanitaria, nonché la descrizione della prestazione sanitaria individuata, vìola le competenze dello Stato in materia.

La Corte Costituzionale ha ribadito «la competenza statale esclusiva in materia di “livelli essenziali delle prestazioni” di cui al d.P.C.M che individua i LEA sanitari, competenza che costituisce una sfera esclusiva e trasversale dello Stato centrale»; quindi, solo il legislatore nazionale deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle.

6. Ancora: violano le indicazioni della sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale e, di conseguenza, l’art. 117 della Costituzione, le norme che prevedono l’istituzione di una Commissione medica multidisciplinare dedicata ad effettuare le verifiche previste in caso di richiesta di aiuto al suicidio costituita su base regionale. Si tratta di Commissione regionale, quando, invece, la Corte ha statuito che «la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio deve restare affidata (…) a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale, (…) tale compito è affidato ai comitati etici territorialmente competenti (…), investiti di funzioni consultive intese a garantire la tutela dei diritti e dei valori della persona in confronto alle sperimentazioni cliniche di medicinali o, amplius, all’uso di questi ultimi e dei dispositivi medici»: i Comitati Etici Territoriali sono organi del Servizio Sanitario Nazionale e sono disciplinati in modo unitario su tutto il territorio nazionale.

Al contrario, la proposta, al pari di quelle presentate in altre Regioni, prevede una Commissione caratterizzata per una composizione del tutto differente da regione a Regione, se non addirittura da Azienda Sanitaria ad Azienda Sanitaria.

7. Anche l’art. 81 della Costituzione viene violato dalla proposta di legge regionale: manca qualsiasi copertura del costo delle nuove prestazioni, che sono “gratuite” (art. 5 della proposta) e quindi devono essere pagate dalla Regione, manca la Relazione Tecnica Finanziaria; ma si stabilisce che la proposta di legge non comporta variazione in aumento o diminuzione a carico del bilancio regionale (art. 6 della proposta). Come è noto, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’art. 81 della Costituzione si applica direttamente alle Regioni. Tra le altre, richiamo due sentenze recentissime, la n. 124 del 2022 e la n. 80 del 2023.

8. Due ultime considerazioni di merito che ritengo davvero decisive. La prima. La proposta di legge regionale stabilisce un diritto soggettivo e conseguenti obblighi delle strutture sanitarie: la prestazione di aiuto al suicidio diverrebbe obbligatoria in certi casi (art. 4, comma 3). Ma la stessa Corte Costituzionale ha statuito che l’aiuto al suicidio non può essere obbligatorio e ha menzionato il tema dell’obiezione di coscienza del personale sanitario.

Su questo tema la proposta di legge regionale tace: e questo mostra l’altro volto della proclamazione dell’autodeterminazione individuale.

Ecco che non solo i medici, ma anche gli infermieri, i direttori sanitari, i farmacisti degli ospedali, i portantini, il personale amministrativo delle strutture saranno obbligati a collaborare al gesto suicidario. Si obietterà: potranno astenersi se lo chiedono!

Ma non è previsto e, soprattutto, la Regione non ha alcun titolo ad intervenire in materia di obiezione di coscienza. Quando la coscienza individuale è violata dallo Stato (o dalla Regione) siamo al totalitarismo.

La seconda considerazione è che la proposta di legge regionale non fa alcuna menzione del coinvolgimento del paziente alle cure palliative. Si dirà: le cure palliative non sono elencate nelle quattro condizioni per cui l’aiuto al suicidio è depenalizzato. Certo che non lo sono: perché – come dice chiaramente la sentenza della Consulta – il coinvolgimento in esse è una “precondizione”: «Deve essere sottolineata l’esigenza di adottare opportune cautele affinché l’opzione della somministrazione di farmaci in grado di provocare entro un breve lasso di tempo la morte del paziente non comporti il rischio di alcuna prematura rinuncia, da parte delle strutture sanitarie, a offrire sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative diverse dalla sedazione profonda continua, ove idonee a eliminare la sua sofferenza […] in accordo con l’impegno assunto dallo Stato con la citata legge n. 38 del 2010. Il coinvolgimento in un percorso di cure palliative deve costituire, infatti, un prerequisito della scelta, in seguito, di qualsiasi percorso alternativo da parte del paziente». Ma se il suicidio assistito deve essere garantito entro 20 giorni (come prevede l’art. 4 della proposta), come è possibile garantire questa precondizione?

Attenzione: non è una dimenticanza! Accedere alle cure palliative significa prendere in carico davvero il paziente nella sua intera umanità, nella unicità della sua condizione; significa instaurare anche in questi momenti di sofferenza una vera alleanza terapeutica tra i medici e il paziente. Eliminarle o renderle irrilevanti – come fa invece questa proposta – mostra il disinteresse verso quell’umanità dolente; significa limitarsi a dire a chi chiede aiuto: vuoi morire? Ti aiuto! Significa affermare che chi si trova in quella condizione, in realtà, non è degno di restare nella società.

Davvero volete adottare questa visione cinica dell’uomo e della vita?

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