L’Europa deve tornare a difendere le frontiere

Abstract: L’Europa deve tornare a difendere le frontiere se non vuole implodere di fronte all’ondata di immigrazione soprattutto islamica, che ha portato ad un incredibile aumento di crimini e attentati. La Germania ha già annunciato di voler sospendere Shengen per sei mesi a causa del pericolo di infiltrazione terroristica. Perfino Jacques Attali, l’intellettuale campione del globalismo, lo ha detto che più chiaro non poteva essere: “La questione delle frontiere è essenziale. L’Europa è un colabrodo e abbiamo fatto di tutto per distruggere le frontiere interne ed esterne. Non è che l’Europa non sappia proteggersi, è che non vuole proteggersi”.

Newsletter di Giulio Meotti 11 Settembre 2024

“L’Europa non ha alcun obbligo morale di autodistruggersi

e tornerà a difendere le frontiere esterne”

Così il filosofo più famoso di Germania, che fra terrorismo, immigrazione e 100 attacchi col coltello in 7 giorni sospende Schengen. Se l’Occidente è come una satira di Aristofane, non ce la farà

Giulio Meotti

La fotografia ha solo nove anni, ma sembra provenire da un’altra epoca. E soprattutto da un altro Paese. Dieci giorni prima la cancelliera Angela Merkel aveva pronunciato la famosa frase Wir Schaffen Das. Ce la possiamo fare. Sarebbe diventato il motto della cultura dell’accoglienza con cui l’Europa a trazione tedesca aveva risposto a una ondata migratoria senza precedenti.

Quella mattina, la cancelliera visita un centro di accoglienza per rifugiati a Berlino. Shaker Kedida le chiede un selfie. Merkel annuisce e si mette in posa. L’immagine divenne l’equivalente visivo di Wir Schaffen Das, pietra miliare della comunicazione politica dell’epoca al pari di Yes we can di Obama. Non c’era spazio per lo scetticismo sull’immigrazione e i confini. Merkel fece tutto da sè, senza consultare gli altri governi della Ue.

Oggi non soltanto sarebbe impossibile un cancelliere tedesco che si fa un selfie con i migranti. Il governo di sinistra di Olaf Scholz ha anche deciso l’impensabile: la sospensione di Schengen e il ritorno dei controlli ai confini. Perché per dirla con l’ex capo dei servizi segreti francesi Pierre Brochand, ci siamo accorti che non funziona “un modello che rifiuta di distinguere tra le aspirazioni del contabile svedese e del guerriero pashtun, del secchione californiano e del pastore saheliano, del contadino béarn e del giovane ‘harrag’ algerino, come se tutti fossero intercambiabili”.

La Germania ha dunque annunciato la sospensione di Schengen per sei mesi e del sogno europeo della libera circolazione di persone e merci a causa del pericolo di infiltrazione di terroristi e dei flussi migratori fuori controllo. “Fino a quando non raggiungeremo una forte protezione delle frontiere esterne dell’UE, con il nuovo sistema comune europeo di asilo, dobbiamo controllare i nostri confini nazionali ancora più da vicino”, ha dichiarato il ministro degli Interni tedesco, Nancy Faeser.

Gérard-François Dumont, professore all’Università della Sorbona, su Le Figaro spiega il significato di questa decisione: “In primo luogo, la Germania annuncia che non vuole più accogliere migranti irregolari, il che è significativo. L’effetto dell’annuncio sarà tanto più significativo quanto più le misure adottate saranno concrete. Ciò dimostra che ciò che Angela Merkel annunciò nel 2015 era del tutto impensabile. Ricordiamo che la cancelliera, senza mai consultare alcun partner europeo, aveva deciso di aprire sistematicamente le frontiere della Germania a chiunque presentasse un passaporto”.

Perfino Jacques Attali, l’intellettuale campione del globalismo, lo ha detto che più chiaro non poteva essere: “La questione delle frontiere è essenziale. L’Europa è un colabrodo e abbiamo fatto di tutto per distruggere le frontiere interne ed esterne. Non è che l’Europa non sappia proteggersi, è che non vuole proteggersi”.

E lo ha appena detto anche il nuovo premier francese, europeista e pragmatico come Merkel e Scholz e Attali, Michel Barnier, per cui “i confini oggi sono dei colabrodi”. Di solito queste operazioni politiche dirigiste sono soltanto maquillage, ma se l’ex eurocommissario realizza quello che annuncia (chiusura dei confini esterni della UE) non sarà male.

Il Guardian si domanda ora se non sia la “fine di Schengen”.

Schengen è un fatto politico ed economico fantastico, ma nelle condizioni che l’Europa si è creata da quella fatidica fotografia non regge: caduti i confini esterni della Ue, da Ceuta alle foreste polacche alle isole greche alle acque di Lampedusa, Schengen diventa il sinonimo di un’Europa che, come il famoso battello sulla Mosella, è in balìa delle correnti. “Anziché portare alla fusione, la crisi migratoria sta portando alla fissione dell’Europa”, scrisse sette anni fa lo storico di Stanford Niall Ferguson. “Sono sempre più convinto che la crisi migratoria sarà vista dai futuri storici come l’ingrediente fatale che ha sciolto la Ue”.

la firma degli accordi di Shengen

Nel 1990, su un battello ancorato a Schengen, cittadina lussemburghese sulla Mosella al confine con Francia e Germania, i ministri di cinque paesi europei firmarono un accordo che avrebbe abbattuto le loro frontiere interne.

Nell’Europa centrale la notte del 26 marzo 1995 è piovosa e fredda. Dalla mezzanotte è in vigore l’“accordo di Schengen”: gli automobilisti attraversano i confini di sette paesi europei senza controlli. Completamente diversa è la situazione presso la barriera tedesco-polacca di Görlitz. Qui si formano lunghe code ed è stata creata una nuova frontiera esterna. Quella notte, migliaia di pendolari polacchi scoprono lo svantaggio per chi sta fuori dell’accordo di Schengen. A oggi partecipano 26 paesi e Schengen, il piccolo villaggio sulla Mosella, è diventato famoso in tutto il mondo. Al tempo, il ministro degli Interni tedesco Manfred Kanther avvertì: “L’accordo di Schengen è un accordo sulla libertà di movimento all’interno e un accordo sulla sicurezza all’esterno. La seconda tappa dell’accordo di Schengen è la creazione di un sistema comune di controllo delle frontiere esterne. Ed è per questo che dobbiamo sempre vederli entrambi insieme”.

Non è andata proprio così, ma con Jean-Claude Juncker, il soporifero lussemburghese, che da presidente della Commissione Europea arriverà a dire che “i confini sono la peggior invenzione di sempre. Se ora persino il governo progressista tedesco rimette i controlli alle frontiere significa che la situazione europea è fra il disperato e l’irrecuperabile.

La domanda è se basterà per mettere fine alla sindrome della rana bollita.

Il probabile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz della CDU, ha appena detto che gli attacchi col coltello avvengono quasi ogni giorno, che in Germania si verificano in media due stupri di gruppo al giorno e che la maggior parte degli autori sono giovani migranti che sono totalmente irrispettosi nei confronti delle donne. “Questa è la realtà della Germania e dobbiamo porvi fine”.

Peter Sloterdijk

Il filosofo tedesco Peter Sloterdijk, il più noto e controverso della Germania, alla rivista liberale Cicero ha spiegato cosa non va nella visione progressista sull’immigrazione: “I migranti sono profondamente consapevoli della vulnerabilità dello stato postmoderno e pseudo-postnazionale. La società postmodernizzata sogna uno Stato ‘oltre la protezione delle frontiere’. Esiste in una modalità surreale in cui si dimenticano i confini. Le piace la sua esistenza in una cultura di contenitori a pareti sottili. Dove una volta c’erano confini robusti, sono emerse membrane strette. Ora sono massicciamente sovraffollate. I tedeschi hanno sognato il sonno dei giusti. Per loro i confini erano solo ostacoli. In questo Paese la gente crede ancora che il confine sia lì solo per essere attraversato. Prima o poi gli europei svilupperanno un’efficiente politica comune delle frontiere. Alla lunga prevale l’imperativo territoriale. Dopotutto, non esiste alcun obbligo morale di autodistruggersi”.

Tutto bello nel mondo di Pedro Almodóvar, il regista spagnolo che ha vinto il festival di Venezia. Ma quando parla di “delirio” nel respingimento dei migranti dovrebbe ricordarsi che il suo amatissimo governo di sinistra di Pedro Sanchez a Ceuta e Melilla manda l’esercito quando i migranti provano a varcare il confine fra Africa e Unione Europea.

aggressioni in Germania col coltello

Nei primi sette giorni di settembre, la polizia tedesca è intervenuta in più di 100 crimini in cui è stato utilizzato un coltello. Questo secondo un nuovo sito web chiamato Messerinzidenz (Incidenza dei coltelli), che analizza quotidianamente i rapporti della polizia per creare un tracker dei crimini con coltello in tempo reale. La frequenza e la gravità di questo crimine ormai comune rendono chiaro che gli “incidenti isolati” si sommano a una realtà agghiacciante. Ogni giorno nelle strade della Germania si verificano numerosi attacchi con coltello, ma la maggior parte di essi non viene nemmeno registrata dai media. Per rendere più visibile il numero di attacchi con coltello giornalieri, uno sviluppatore ha ora pubblicato una mappa interattiva della Germania su cui i nuovi casi vengono registrati in tempo reale e visualizzati geograficamente e con riferimenti alla fonte.

Erano tutti a favore dell’inclusione, delle frontiere aperte e dell’accoglienza incondizionata dei migranti le tre vittime dell’attentato islamista a Solingen, in Germania.

Intanto, la minaccia terroristica torna a scuotere l’Europa. E ce ne vuole di impegno censorio per nascondere questi fatti.

Il 23 agosto, nella città tedesca di Solingen un islamista ha tagliato il collo a tre persone. In Germania, questo tipo di nichilismo islamista sta, in modo inquietante, diventando la nuova normalità.

Nella città di Mannheim, un islamista ha accoltellato sei persone durante una manifestazione anti-Islam. Un agente di polizia è morto per le ferite riportate.

Durante il campionato europeo di calcio, un “agente dormiente” dell’ISIS iracheno è arrestato vicino a Stoccarda.

Un altro complotto dell’ISIS è sventato prima della finale degli Europei tra Inghilterra e Spagna.

Tre adolescenti, di 15, 15 e 16 anni, sono arrestati, con l’accusa di pianificare attacchi alle chiese.

Due afghani sono fermati per aver pianificato un attacco al Parlamento svedese.

La polizia tedesca arresta quattro membri di Hamas, che progettavano di attaccare siti ebraici.

Due ragazzi, di 15 e 16 anni, sono arrestati per un attacco a una sinagoga e a un mercatino di Natale.

Il mese scorso, se non fosse stato per una soffiata della CIA, l’Austria avrebbe potuto subire una delle peggiori atrocità islamiste mai avvenute sul suolo europeo durante un concerto di Taylor Swift a Vienna.

Di volta in volta, la risposta delle élite al terrore islamista segue uno schema tristemente simile. Noi europei siamo esortati a piangere, a esprimere shock per gli attacchi portati a termine o sollievo per gli attacchi sventati, prima di voltare rapidamente pagina. I politici accusano certi tipi di armi. Così, siamo arrivati ​​a trattare gli atti di barbarie islamista quasi come se fossero disastri naturali: cose orribili che accadono di tanto in tanto. E gli omicidi islamisti sembrano ora scomparire dai dibattiti mediatici con notevole rapidità.

Come un attacco terroristico islamista a Hartlepool. Un richiedente asilo marocchino, ispirato dal pogrom di Hamas in Israele, ha accoltellato il suo coinquilino iraniano, che si era convertito al cristianesimo, prima di uccidere un uomo per strada.

A marzo, quattro terroristi associati all’ISIS-K hanno ucciso 145 persone alla Crocus City Hall di Mosca.

Senza la chiusura delle sue frontiere esterne, l’Europa imploderà.

In un lungo saggio per la rivista Quadrant, il saggista tedesco Wolfgang Kasper lo definisce “uno stress test per la civiltà occidentale”: “L’ordine politico libero, ispirato da personaggi come John Locke, David Hume e altri eroi dell’Illuminismo, è ora più minacciato dall’interno e dall’esterno che in qualsiasi altro momento dalla fine degli anni ’40. In quest’epoca di politica polarizzata e tribolazioni sociali, il populismo innescato dalle migrazioni sottopone la civiltà occidentale a un potente stress test. Nessuno può essere sicuro che la civiltà occidentale sarà in grado di sopravvivere intatta. Dopotutto, la grande lezione della storia è che le civiltà sorgono e cadono. Ci troviamo di fronte a una sfida epocale. Solo la forza dell’argomentazione per la libertà e un solido impegno per un governo protettivo decideranno se e dove la civiltà occidentale sopravviverà”.

Aristofane fece satira su una civiltà che non faceva altro che scommettere sulle corse di cavalli. Abituati solo alla pace, la maggior parte dei Romani era arrivata a dubitare che le guerre fossero mai realmente avvenute o di nuovo possibili. La popolazione aveva affidato la sua sicurezza alle guarnigioni di stanza su frontiere lontane. All’interno delle mura, l’impero era diventato una sorta di “paradiso civile”: l’intero abitato, scriveva Publio Elio Aristide, si era rivolto a piaceri di ogni tipo. “Palestre, fontane, templi, archi e scuole riempivano le città…”.

Ora gli europei scoprono che se non difendi le frontiere lontane sei costretto a ritirare su e a ritirarti in quelle interne. Questa sarà la vera fine di Schengen. E il disastro di questa Unione Europea che pensava di poter affrontare il mondo seguendo le allucinazioni di Monsieur Juncker.

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