Sessismo, stereotipi e altri malintesi al femminile

Nova Civitas Giovani

Conferenza di on line del di 19 Aprile 2022

[testo non rivisto dal relatore]

Raffaella Frullone (*)

L’argomento di questa sera lo prendiamo apparentemente un po’ alla larga per arrivare poi ad un punto secondo me cruciale. Una delle prime questioni venute fuori è la famosa Agenda 2030 che oggi va moltissimo di moda e si trova praticamente ovunque, in tutte le salse e penso anche a scuola. L’Agenda è una serie di sette obiettivi interconnessi tra loro definiti dall’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) come una strategia per un futuro migliore e più sostenibile per tutti. Obiettivo sul quale, fino a qui possiamo condividere tutti.

L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, riconosce lo stretto legame tra il benessere umano, la salute dei sistemi naturali e la presenza di sfide comuni per tutti i paesi; questa è una definizione un po’ fumosa tratta dal sito delle Nazioni unite ove si legge ancora: gli obiettivi di sviluppo sostenibile mirano ad affrontare un’ampia gamma di questioni relative allo sviluppo economico e sociale che includono – attenzione a cosa includono –: la povertà, la fame, il diritto alla salute e all’istruzione, l’accesso all’acqua e all’energia, il lavoro, la crescita economica inclusiva e sostenibile, il cambiamento climatico, la tutela dell’ambiente, l’urbanizzazione, i modelli di produzione, i modelli di consumo, l’uguaglianza sociale, l’uguaglianza di genere, la giustizia e la pace.

Prendiamo due termini a caso. Che cosa c’entra la pace con lo sviluppo sostenibile? Che attinenza ha? Qualcuno se lo è mai chiesto? E cosa c’entra l’uguaglianza di genere con lo sviluppo sostenibile? Facciamo un passo ancora più indietro e chiediamoci come mai troviamo le parole “genere”, qualità di genere (gender quality), gender fluid, gender neutral, ecc. Da dove arriva la parola genere e perché ci troviamo la parità di genere nell’Agenda 2030?

Con un micro salto nel passato arriviamo ad una era geologica in cui molti che ascoltano non erano neppure nati. Il Muro di Berlino nel 1989 cade e segna anche la caduta della cortina di ferro assieme ad una serie di eventi che danno inizio alla fine del comunismo nell’Europa orientale e centrale. A quel punto l’Onu inizia a costruire una sorta di nuovo consenso mondiale su norme, valori e priorità della cooperazione internazionale perché secondo loro il XXI secolo – praticamente i nostri tempi – si annunciava come l’era della mondializzazione.

Secondo l’Onu la costruzione di questo consenso doveva basarsi essenzialmente su una serie di nove grandi conferenze internazionali che si sono succedute molto rapidamente tra il 1990 e il 1996. Non conferenze in cui dei relatori si siedono dietro un tavolo, parlano e gli altri ascoltano ma conferenze a cui partecipano delegati di tutti i paesi che fanno parte dell’Onu per discutere e mettere nero su bianco una serie di questioni che poi, a pioggia, finiscono nei Paesi che alle Nazioni Unite aderiscono.

In queste conferenze sono stati adottati una serie di nuovi paradigmi, cioè concetti che c’erano anche prima ma che dovevano essere espressi con un linguaggio nuovo, in quanto dovevano portare a ad un qualcosa di totalmente nuovo. Il genere, come lo intendiamo oggi, è uno di questi concetti.

Fino ad allora il genere era una questione grammaticale: si chiamava sesso; sesso femminile e sesso maschile, XX e XY; non c’era modo che la questione venisse fraintesa e nessuno parlava di maschile o femminile come questione di genere; erano questioni legate unicamente al sesso. Il genere inizia a far capolino in particolare in due di queste conferenze: quella de Il Cairo del 1994 e quella di Pechino nel 1995. E’ lì che il genere entra dentro, attraverso la piattaforma d’azione. Come fa ad entrarci? Prima si chiama parità dei sessi poi viene chiamata gender equality.

Il susseguirsi di queste conferenze dell’Onu è stata appunto l’occasione per una serie di rivoluzioni apparentemente silenziose, che sono avvenute principalmente nel linguaggio; una sorta di nuovo punto di vista sul mondo e anche una nuova etica mondiale che dovevano emergere e imporsi attraverso questo linguaggio. Faccio alcuni esempi che non c’entrano col genere ma servono a par capire. Da lì si inizia a parlare in politica di democrazia partecipativa, di costruzione del consenso, di buona governance, di governance mondiale, che sono parole che oggi si sentono e si leggono ovunque: nei giornali, nei social, nei telegiornali… ma che prima non esistevano. Da lì si inizia a parlare in economia di sviluppo sostenibile, parità dei sessi, stabilizzazione demografica, crescita zero, principi di garanzia, parità tra tutte le forme di vita… In ambito giuridico si comincia a parlare di accesso ai diritti dei bambini, di diritti sessuali, diritti riproduttivi. Prima non c’era niente di tutto questo; non esistevano.

Anche in ambito culturale si è cominciato a parlare di diversità culturale, qualità della vita, nuova etica mondiale, trasparenza, E poi ancora: educazione ai diritti, educazione allo sviluppo sostenibile, educazione alla prevenzione, formazione in materia di genere. Queste sono tutte tematiche che sono venute fuori in queste conferenze dell’Onu che dovevano portare, appunto, ad un nuovo paradigma. Questo per dirvi che il gender è inseparabile da tutti gli altri nuovi paradigmi, che poi non sono altro che i grandi temi che oggi vanno molto di moda.

Finisco questo questa premessa solo per farvi capire come facciamo a trovarci la parità di genere dentro l’Agenda 2030 e perché è finita lì.

La conferenza di Pechino nel 1995 viene dopo quella de Il Cairo sul tema della salute, dei diritti sessuali e riproduttivi; ovvero: accesso all’intera gamma della contraccezione e all’aborto. Perché? perché tutto è collegato tutto è inestricabilmente dentro tutto. Questo nuovo consenso è un sistema semantico, un sistema etico e in realtà il gender non è solo una pietra di costruzione ma la chiave di volta.

Dopo Pechino quella che oggi chiamiamo la governance mondiale ha rapidamente dichiarato che la parità dei sessi era una delle priorità trasversali della cooperazione internazionale. Cosa vuol dire priorità trasversali della cooperazione internazionale? Che un Paese povero deve aderire a ciò che i Paesi ricchi hanno deciso, ad esempio come la parità dei sessi deve essere intesa, quindi accettare la contraccezione, l’aborto, il gender, se vuole la cooperazione e ricevere aiuti.

In pratica cos’è accaduto? Un gruppo piccolo, ma ha deciso, di femministe radicali americane appoggiate da ambienti radicali americani molto potenti e anche dal nascente mondo Lgbt – perché appunto, tutto è collegato – hanno introdotto nei documenti dell’Onu il termine “genere” che prima non esisteva.

Perché è importante? Perché da quel momento inizia a farsi strada questa parola che prima entra nei documenti dell’Onu e poi arriva nei documenti dell’Unione europea e, nel nostro caso, anche in Italia. Chi oggi ha vent’anni probabilmente è da quando ne aveva otto o dieci che si è iniziato a parlare di queste cose. Nel nostro caso un momento importante è stato nel 2010, con la strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Elisa Fornero

E’ qui che è stato introdotto, nero su bianco, nel nostro ordinamento giuridico e sistema culturale e intellettuale la faccenda del genere. Si tratta di un documento con cui l’allora ministro Elsa Fornero recepiva le linee guida europee, che a loro volta provenivano dall’Onu. Non erano vincolanti, cioè il ministro poteva anche non prenderle in considerazione, però di fatto tutti, bene o male, hanno fatto proprie e adottato queste raccomandazioni, che prevedevano una collaborazione tra le diverse realtà istituzionali, il terzo settore e le parti sociali per l’implementazione delle politiche di prevenzione e contrasto alla discriminazione. La questione della parità dei sessi, generalmente, è entrata proprio con il pretesto del contrasto alla discriminazione.

Il testo è stato redatto con la consultazione di ventinove associazioni Lgbt, oltre a una serie di ministeri coinvolti, perché, lo ripeto, tutto è collegato. Non solo, a Pechino sono state sdoganate e messe nero su bianco le questioni del genere ma è stata sdoganata pure la partecipazione alla vita politica internazionale di una serie di attori non statali, ovvero le le Ong, come le più famose: Amnesty International, Save the Children, Greenpeace, l’Unicef, per chi conosce il mondo americano Planet parenthood. Sembra che questo non c’entri ma in realtà c’entra con quanto appena detto; infatti queste Ong sono tutte realtà che in quanto non governative vengono considerate innocue, o meglio, imparziali, anzi buone perché si presentano come realtà che fanno qualcosa per gli altri e che hanno come unico scopo del loro attivismo il benessere delle persone presso cui operano. In realtà sono dei veri e propri attori politici, con dei precisi scopi, una precisa linea, un pensiero e un’agenda politica da seguire.

Con l’entrata in campo di queste realtà si capisce che viene ampliato in maniera esponenziale il campo di influenza e di applicazione e di tutto quello che esce dall’Onu. Se a Pechino si decide che da ora in poi non si dice più parità dei sessi ma gender equality non ci saranno più solo gli attori politici ma ci sono anche tutte queste Ong a fara assorbire nei campi in cui operano questo modello di pensiero; quindi scuole, associazioni giovanili, organizzazioni caritative, istituzioni sanitarie; ma anche il mondo del divertimento e della moda, circoli culturali, imprese, comunità religiose. Tutti sono esposti a questo nuovo paradigma.

Quando accade una cosa di questo tipo automaticamente tutti i media, cioè i giornali le televisioni, i social network si accodano. Io ho quarant’anni, sono una giornalista e lavoro in questo campo da quando ne avevo ventuno e vi posso assicurare che le tematiche di cui oggi sono piene i giornali dieci o quindici anni non esistevano. A un certo punto è stato dato un input che ha spinto in quella direzione, così da una diecina d’anni assistiamo ad una serie di allarmi che prima non c’erano. L’altra volta abbiamo parlato delle fake news, dell’omofobia, del sessismo della discriminazione, del patriarcato che ritorna, il medioevo, come se veramente fosse un’epoca buia da dimenticare e non avesse dato tante luminose realtà alla nostra storia.

A volte invece vengono montati casi ad arte. Qualche settimana fa ad esempio si è parlato di una influencer, conduttrice radiofonica australiana, venuta in vacanza col fidanzato in Italia. A Venezia è andata in un ristorante di livello, chiamato Club del Doge, e come avviene in questi posti le viene dato quello che si chiama il menu di cortesia, senza i prezzi, che viene dato alla donna come gesto di galanteria mentre l’uomo ha il menu con i prezzi. La ragazza si è indignata tantissimo e ha scritto strappandosi i capelli sulla sua pagina Istagram che c’era il patriarcato imperante, che era di fronte ad un caso di sessismo e che era veramente indignata perché si dava per scontato che fosse solo l’uomo a pagare il conto.

La questione sembra piccola ma in realtà è esemplificativo perché chiama in causa i rapporti di coppia, i rapporti di forza, il galateo e i rapporti tra uomo e donna. Ma è una cosa bella o disdicevole pensare che la donna sia così preziosa e importante per l’uomo da pagare lui il conto? Questo è sessismo? Eppure sono state scritte pagine e pagine su una faccenda che si poteva liquidare con due righe e che poi sembra più un pretesto per attirare l’attenzione su di sé. Tanto che se si va a vedere il profilo di questa donna è pieno di fotografie dove è mezza spogliata, in reggiseno e pose ammiccanti il che a mio parere è vero sessismo, ovvero porsi come se la donna fosse un oggetto. Comunque anche questa vicenda è stata usata per ribadire i diritti della donne, l’eguaglianza, eccetera.

Ma onestamente chiedo: veramente pensiamo di vivere in Paese in cui le donne vengono considerate meno degli uomini?

Qualche mese fa la Lego, l’azienda dei mattoncini, ha fatto un annuncio in cui diceva “abbandoniamo gli stereotipi di genere”. Sapete che adesso bisogna fare giocattoli gender neutral, quindi non solo per maschietti o solo per femminucce, altrimenti si discriminano e si alimentano gli stereotipi. Perciò la Lego ha fatto un sondaggio, commissionato in occasione della Giornata mondiale delle bambine, che ha rilevato disparità negli atteggiamenti dei più piccoli nei confronti del gioco e possibili ostacoli alle loro future carriere.

Io ho letto questa notizia e mi sono chiesta: davvero ci sono o ci sono state delle bambine che non hanno giocato con i Lego perché li hanno considerati “da maschio”? Esiste una mamma, un papà, o chiunque altro che dice a una bambina di non giocare coi Lego perché è da maschi? E parlo di un gioco che se si può considerare gender neutral, anche prima che si parlasse di gender, è proprio il Lego.

Io sono nata negli anni Ottanta e ho giocato coi Lego, ne avevo tantissimi, e non possedevo bambole perché non mi piacevano. Peraltro c’erano dei giochi che facevano le mie amiche e che detestavo ed erano prettamente femminili: le mamme, le maestre e i “padellini”, ai quali non partecipavo. Eppure sono cresciuta tranquillissimamente senza fare questi giochi, senza possedere bambole, giocavo con i Lego e avevo la mia macchina da scrivere perché ero già invasata con la scrittura, e non ho mai avuto problemi di alcuni tipo: non ho perso gli amici, non ho perso il sonno e non ho perso la mia tranquillità. Non ho avuto problemi a pensare alla mia vita lavorativa e mai mi è passato per la testa di non poter fare un lavoro perché era da maschi.

Mio padre era un militare e aveva delle colleghe donne e neppure in questo ho mai visto problemi. Io alle elementari, alle medie e alle superiori ero tra i più bravini, anche più brava dei maschi; ho scelto liberamente che liceo e università fare e ho scelto di lavorare mentre studiavo – peraltro lavoravo in una azienda meccanica – e poi ho scelto di fare la giornalista. Non ho mai visto alcun problema e così per le altre donne che ho conosciuto.

Ovviamente non escludo che nel corso del tempo passato o in alcuni luoghi le donne si siano potute trovare in difficoltà, ma sembrano battaglie fuori dal tempo per me che ho quarant’anni. Mi immagino per ragazzi che oggi ne hanno venti o venticinque. Mi sembrano fuori dal tempo queste omelie sulla parità di genere non ancora raggiunta. Abbiamo un ministro dell’Interno donna, un presidente del Parlamento europeo donna, una presidente della Commissione europea donna, c’è stata anche una candidata alla presidenza degli Stati Uniti donna, la cancelliera tedesca fino all’altro ieri era una donna… Ma veramente dobbiamo stare qui a specificare una banalità del genere? A me sembra quasi offensivo nei confronti della vostra intelligenza.

Ma se il quadro è questo a che serve parlare continuamente della parità di genere? Perché ce la troviamo nell’Agenda 2030 e in tutte le salse e trasmissioni televisive, radiofoniche e social?

Serve innanzitutto ad eliminare il concetto iniziale: il sesso, il dato biologico. Serve a far diventare fluido qualunque cosa sentiamo di essere; serve a sdoganare la parola genere con tutto quello che ci sta dentro, ovvero: aborto, contraccezione, sessualità, transgenderismo, controllo della popolazione. Ecco cosa c’entra il genere con quello che viene oggi chiamato sviluppo sostenibile. Quando si parla di programmi di contraccezione si parla di controllo della popolazione, quindi di riduzione della popolazione, perché un’ altra delle cose che si dice a sproposito è che nel pianeta siamo troppi e che dobbiamo riprodurci di meno.

Anche la questione del genere è un tassello del tutto e ogni questione è buona per spingere sempre nella stessa direzione. Ad esempio quando si parla di aborto si finisce sempre per dire che non si deve ledere il diritto delle donne ad abortire e che bisogna buttare fuori gli obiettori dagli ospedali pubblici. Qualunque sia la notizia la conclusione deve essere sempre questa e non importa cosa viene prima o cosa viene dopo.

Faccio un esempio. Lo scorso anno un legale bolognese, Chaty La Torre, attivista dei cosiddetti diritti Lgbt, ha denunciato una vicenda annunciando nel contempo un possibile esposto da parte sua. A riprendere per primo questa denuncia è stato il Corriere della Sera che ha scritto: in una scuola superiore della provincia di Piacenza una ragazzina esentata dalla didattica a distanza, tornando in classe dopo aver affrontato un aborto, ha trovato sulla porta della sua aula e lungo tutto il piano fogli con disegni di un feto con scritte del tipo: ho bisogno di afeto, questo eri tu. La ragazza, dichiara sempre Chaty La Torre, ripresa dal Corriere, è fortemente turbata dall’accaduto.

Siamo nel Marzo 2021 e tempo zero la vicenda è stata ripresa da tutti i giornali e tutte le testate italiane, accompagnata da fiumi di sdegno nei confronti dei compagni che hanno messo i cartelli. Però nessuno si è fatto delle domande su questo racconto, nonostante ne suscitasse diverse. Si era nel pieno della didattica a distanza (dad), gli studenti in classe sono pochissimi, la ragazza in questione è esentata dalla dad perché – lo scrive il Corriere – ha bisogno di sostegno. Come è possibile che nella scuola semideserta i soli ragazzi presenti siano solo i più meschini? E soprattutto come possono aver attaccato questi fogli in corridoio senza essere notati? Come mai poi nessuno spreca una parola sul fatto che una ragazza così giovane e una fragilità tale da aver avuto bisogno di un sostegno a scuola sia rimasta incinta e abbia abortito?

Infatti è uscito fuori che la storia non era come è stata raccontata e la preside chiarirà che i disegni erano relativi ad un progetto di scienze affissi prima che la ragazza avesse questo aborto e che in classe non c’era alcuna tensione. Però la vicenda è stata usata per ribadire sempre le solite cose: i diritti lesi delle donne, la discriminazione ecc. Questo per dire che le questioni di genere oggi nei documenti dell’Onu non ci sono per la parità tra uomo e donna ma per spingere tutto quello che ci sta dietro, compreso l’aborto e la contraccezione

Papa Giovanni Paolo II lo sapeva, e infatti aveva scritto una lettera alle donne in occasione della conferenza di Pechino, perché sapeva qual era la posta in gioco: la concezione stessa dell’uomo e della donna stava per essere totalmente scardinata.

Il papa scrisse: «Sono convinto che il segreto per percorrere speditamente la strada del pieno rispetto dell’identità femminile non passi solo per la denuncia, pur necessaria, delle discriminazioni e delle ingiustizie ma anche e soprattutto per un fattivo quanto illuminato progetto di promozione che riguardi tutti gli ambienti della vita femminile, a partire da una rinnovata e universale presa di coscienza della dignità della donna. Al riconoscimento di quest’ultima, nonostante i molteplici condizionamenti storici, ci porta la ragione», attenzione, il papa dice: la ragione, «che coglie la legge di Dio iscritta nel cuore di ogni uomo».

Scrive ancora Giovanni Paolo II «Nella creazione della donna è iscritto sin dall’inizio il principio dell’aiuto, e aiuto non, si badi bene, unilaterale ma reciproco. La donna è il complemento dell’uomo come l’uomo è il complemento della donna. Donna e uomo sono tra loro complementari. La femminilità realizza l’umano quanto l’a mascolinità ma con un modulazione diversa e, appunto, complementare. Quando la genesi parla di aiuto non si riferisce soltanto all’ambito dell’agire ma anche a quello dell’essere. Mascolinità e femminilità sono complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico ma ontologico. E’ solo grazia alla dualità del maschile e del femminile che l’umano si realizza a pieno. A questa unità dei due è affidata da Dio non soltanto la procreazione e la vita della famiglia ma la costruzione stessa della storia. Se durante l’Anno internazionale della famiglia celebrato nel 1994 l’attenzione si è portata sulla donna come madre l’occasione della conferenza di Pechino torna propizia per una rinnovata presa di coscienza del molteplice contributo che la donna offre alla vita di intere società e nazioni. E’ un contributo di natura soprattutto spirituale e culturale ma anche sociopolitica ed economica. Normalmente il progresso è valutato secondo categorie scientifiche e tecniche e anche da questo punto di vista non manca il contributo della donna; tuttavia non è solo questa la dimensione del progresso. Più importante appare la dimensione socio-etica che investe le relazioni umane e i valori dello spirito. Tale dimensione, spesso sviluppata senza clamore a partire dai rapporti quotidiani tra le persone, specialmente dentro la famiglia, è proprio il genio della donna cui la società è in larga parte debitrice».

Perché il Papa ha scritto? Perché sapeva quello che stava per succedere a Pechino; sapeva che sarebbe stato scardinata l’identità stessa dell’uomo e della donna o che sarebbe stato fatto questo tentativo; sapeva che si sarebbe cercato di rompere l’alleanza tra l’uomo e la donna. Se oggi c’è l’Agenda 2030 è solo perché c’è stata la conferenza di Pechino.

Marguerite Peeters

Una delle donne che ha seguito di più i lavori a Pechino è stata Marguerite Peeters, autrice del libro Il gender. Una questione politica e culturale, la quale scrive: «Il femminismo di genere non consiste nel rendere il ruolo della donna strettamente e in tutto e per tutto uguale a quello dell’uomo», perché una tale concezione limiterebbe le donne ad un’unica scelta. «La parità riguarda l’accesso alle scelte, all’educazione, alla sanità, all’occupazione, alle responsabilità sociali. Secondo la logica del femminismo di genere questa parità di accesso passa attraverso la decostruzione degli stereotipi femminili e maschili, l’accettazione culturale della contraccezione e del diritto all’aborto, la lotta contro le discriminazioni sessiste, una redistribuzione globale del potere sociale tra i sessi che punta ad eliminare le disparità di genere, istituzionalizzare nelle leggi e nei costumi sociali il colmare il divario tra i sessi»

Utilizzando categorie marxiste quindi queste femministe di genere affermano che le donne sostanzialmente si portano dietro un triplo lavoro: la riproduzione, cioè la procreazione, la produzione, cioè il lavoro e la riproduzione sociale, cioè la cura della casa, l’educazione di bambini, ecc. Quindi loro dicono che le donne lavorano molto più degli uomini ma la natura del lavoro le mantiene in uno stato sociale inferiore rispetto all’uomo. Per questo vanno a Pechino a fare quello che abbiamo descritto prima.

Nella pratica succede che la promozione della parità portata avanti dalle femministe di genere in questi ultimi decenni va di pari passo con l’acquisizione di una autonomia da parte delle donne che però è individualista e che di fatto si porta dietro una rottura più o meno netta nel rapporto con gli uomini, gli impegni coniugali, familiari, le norme sociali e anche l’insegnamento religioso. Si presume che le donne conquistino libertà, parità e potere per autoidentificazione del ruolo. Questa è l’idea che il femminismo di genere promuove. Nella loro ottica la maternità e la complementarietà uomo-donna sono ostacoli all’autorealizzazione delle donne. Questo è quello che le muove.

Il punto è che con l’introduzione del concetto di genere si spezza l’alleanza uomo -donna, ma in realtà noi donne non abbiamo nemici da combattere. Neppure gli uomini li hanno. Abbiamo tutti degli alleati con cui costruire la storia.

Oggi in qualsiasi occasione si dice che le donne sono più brave a prescindere mentre l’uomo è violento per natura. Ma chi l’ha detto? Che le donne siano più brave è tutto da dimostrare, perché ci sono donne brave ma anche donne no; magari più brave a fare certe cose piuttosto di altri, come del resto è anche per gli uomini. Sugli uomini però si possono dire le peggiori cose: sono egoisti, poco empatici, hanno la mascolinità tossica, e via con tutta la serie dei luoghi comuni, come la disparità degli stipendi. Non c’è disparità di stipendi, perché nessun contratto di lavoro collettivo prevede degli stipendi diversi per gli uomini rispetto alle donne. Quello che accade è che le donne sono meno disposte degli uomini a contrattare una presenza illimitata sul posto di lavoro in cambio di più soldi perché arriverebbero quasi a pagare loro per avere più tempo per stare con la propria famiglia. Di fatto si continua a parlare su come fare lavorare di più le donne ma posso testimoniare che il problema è esattamente il contrario. Quando la donna lavoratrice ha dei figli vuole più tempo per stare con loro; in realtà vorrebbe più tempo libero, più congedi, malattia più lunga, tempi più flessibili, perché ad un certo punto la carriera non è più la preoccupazione principale.

E’ chiaro che non è così per tutte ma in generale accade così, come pure ci saranno degli uomini che desiderano stare a casa con i figli ma sono una minoranza mentre sicuramente per la maggior parte delle donne il desiderio non è stare più tempo in azienda per avere un ruolo più importante e maggiore guadagno economico.

Gli uomini e le donne sono diversi fina dalla loro nascita e dalla nascita del mondo. L’uomo vuole conquistare il mondo, la donna vuole tessere relazioni; l’uomo è un po’ come i primitivi che volevano uscire a caccia mentre la donna resta a curare i cuccioli. Non è cambiato niente. E’ cambiato solo il tempo e il modo con cui noi esprimiamo questo. Ciò non significa, come pensano alcuni e come ci vogliono far credere con certi sondaggi agghiaccianti su chi in casa carica la lavastoviglie, che si tratta di stereotipi. E’ una questione di diversa vocazione. Noi siamo diversi fin da neonati. Quando un bambino comincia a vedere le prime ombre il maschietto coglie più facilmente e si entusiasma di più quando vede il movimento, mentre la femminuccia rimane affascinata dai volti. Il movimento è la caccia, i volti sono le relazioni.

L’uomo è fisicamente più forte e prestante della donna. Vogliamo dire che la natura è sessista? Ma queste sono differenze, non diseguaglianze, sono complementarietà eppure ci vogliono portare a rivendicare e combattere, come se noi dovessimo essere esattamente come gli uomini. Vogliono portarci oltre la parità; verso la fluidità. Come? Staccando ad esempio l’unione sessuale dalla procreazione attraverso la già citata contraccezione.

C’è un libro molto bello che ha scritto Costanza Miriano che si intitola Quando eravamo femmine  dove ad un certo punto scrive: per me che sono femmina come voi il cuore problema è la contraccezione e in senso più ampio la rivoluzione sessuale, che ha diffuso desolazione e infelicità soprattutto tra le donne. La contraccezione parte dall’assunto sbagliatissimo che il nostro cuore lo sappiamo governare, che rimaniamo capaci di desiderare un bene e un piacere più alto anche quando ci è offerto qualcosa di valore basso; ma non è così, è una illusione. Noi desideriamo una appartenenza totale e incondizionata e reciproca ad un’altra persona. E fare l’amore esprime profondamente questa appartenenza. Se però l’altra persona non si è promessa a noi, e nemmeno noi a lei, è più facile andarsene quando le cose si complicano. E fidatevi, le cose si complicano. Quando invece questa appartenenza che il cuore desidera è significata dai figli, scrive sempre Costanza Miriano, si è costretti a lavorare sul proprio cuore; a scoprire che il nostro problema non è mai del tutto l’altro, il quale non può essere il compimento di tutte le mie domande.

Siccome siamo abituati a ragionare in termini di potere scambiamo le differenze per diseguaglianze a allora andiamo avanti a rivendicazioni. Ma proviamo a guardare la Chiesa. Dio è Padre, maschio; il Figlio si è incarnato in un maschio; lo Spirito Santo, che qualcuno ha cercato di femminilizzare è maschio pure lui. Anche gli apostoli erano maschi e infatti i sacerdoti sono maschi e le donne non possono accedere all’ordine. Allarme patriarcato! La Chiesa è misogina! Vogliamo i diritti. Ma è veramente così? Bisogna invece cercare di allargare lo sguardo.

Non c’è creatura più grande di Maria in tutta la storia. Lei è corredentrice dell’umanità ed è l’unico essere umano che entra dentro il mistero della salvezza. Ed è una donna. E’ Regina degli angeli e Regina del cielo, quindi di tutte le creature. Quale grandezza viene data a questa donna, che pure è una creatura! Questo ci racconta che non è l’illusione di parità che dobbiamo cercare, sia che siamo uomini o donne, ma abbracciare la nostra identità vera per una alleanza che fa grandi tutte le cose e che ci chiama oggi a cambiare la storia.

*  *  *

Domanda: L’Agenda 2030 quanto è effettiva e quanti vogliono realizzarla?

Risposta: E’ effettiva perché esiste e ha obiettivi precisi che i gruppi di potere di cui abbiamo parlato vogliono perseguire. Dell’Onu e delle Ong abbiamo parlato ma poi a scendere ci sono tantissime realtà, aziende comprese, che aderiscono; magari in maniera superficiale, senza troppa convinzione e senza neppure farsi troppe domande. Oggi ad esempio è di moda la sostenibilità e tutto deve essere sostenibile a prescindere, senza una riflessione sulle motivazioni.

Domanda: Questo piano che vuole imporre determinati stereotipi e generi, anche fluidi è anche uno strumento di controllo e manipolazione della società, andando dal dividere il fronte dei lavoratori a suscitare una guerra tra i sessi e soprattutto disintegrare la famiglia?

Risposta: Secondo me è proprio così. E’ molto più pervasivo anche perché è sfaccettato e si sviluppa in tantissimi “sotto-aspetti” molti dei quali sono considerati non soltanto accettabili ma molto buoni, come tutto quello che si presenta sotto l’ombrello della lotta al bullismo e quindi la gran parte della popolazione non solo non ci trova nulla di male ma anzi qualcosa di molto buono. Certamente uno degli obbiettivi è la disgregazione della famiglia, cellula fondamentale della società, ma anche di qualunque tipo di legame; anche le amicizie intese come legami fondati su qualcosa di grande, tentando di distruggere pure le comunità religiose, perché l’individuo più è solo più è condizionabile, manipolabile e più consuma. Inoltre può essere portato più facilmente ad adottare determinati comportamenti. E’ quindi totalizzante, pervasiva di tutta la società e riguarda praticamente gran parte degli aspetti del nostro vivere: dalla sanità, allo sport, con transgender che gareggiano nelle competizioni femminili e siccome sono più forti stanno sovvertendo tutto il mondo sportivo. La direzione è verso l’isolamento dell’individuo, che non è più persona dentro un sistema di relazioni. E’ quando siamo in relazione con l’altro che noi sviluppiamo il meglio dei nostri talenti e non solo nella relazione di coppia ma anche familiari, di amicizia, di associazione, che sono preziosissime e infatti questo sistema cerca il più possibile di eliminarle.

Domanda: visto che ha toccato il tema fondamentale dell’individualismo imperante e della società consumistica ipercapitalista, ha trovato delle differenze e divisioni in questi ultimi trent’anni tra il femminismo di sinistra e il neofemminismo liberale?

Risposta: Il mondo femminista è già abbastanza sfaccettato anche in aree simili ma la differenza è molto evidente e aggiungo che siccome a forza di fare rivendicazioni si finisce per fare tutto il giro e tornare al punto di partenza, oggi si trovano femministe totalmente contrarie all’utero in affitto, non secondo le motivazioni che può avere una persona cattolica ma unicamente per la questione dell’utilizzo, che effettivamente c’è, del corpo della donna prestato al mercimonio che si viene a creare.

Domanda: Cosa possiamo fare noi studenti quando a scuola ci vengono insegnate queste cose?

Risposta: E’ una bella domanda, perché non è semplice. La prima cosa è prendere atto che oggi quello che vi viene insegnato a scuola ve lo troverete pari, pari nel mondo del lavoro anche se con sfumature diverse e vi troverete in posizioni diverse. Rispondo pensando a quello che faccio io nella mia vita professionale e credo la domanda chiami in causa la coscienza, ovvero quello che uno sente veramente di fare in un determinato momento. Secondo me non c’è una regola base, secondo cui ogni volta che sento parlare di gender protesto mi alzo e me ne vado, oppure sto zitto e non dico niente. Ciascuno di noi capisce bene quale è il livello di menzogna – perché di questo di tratta – tollerabile in un dato momento e di che intensità deve essere l’intervento. Talvolta si può anche arrivare a perdere credibilità sul lavoro, la stima del professore o l’amicizia di una persona, però la coscienza è quella che ci guida e che deve essere tenuta sempre desta e vigile. E’ lei che ci fa alzare e dire: questa cosa la dico

Domanda: Nella scuola quando si cominceranno ad insegnare queste cose ai bambini e quale dovrà essere la risposta dei cristiani’

Risposta: Ai bambini queste cose le stanno già insegnando da tempo, più o meno in maniera esplicita ma lo stanno già facendo da anni; non solo con i progetti cosiddetti extracurricolari ma anche dentro gli insegnamenti delle batterie “normali” perché se un professore ha introiettato un certo modello di famiglia e di società è quello che insegnerà, anche senza volerlo, ai suoi alunni anche ai bambini. Come si devono comportare i genitori cristiani? L’ho detto prima. Sicuramente con i bambini per me il grado di tolleranza si abbassa tantissimo, perchè quando si arriva a toccare gli innocenti bisogna intervenire subito. Se si tollera che venga minata l’innocenza dei bambini… Se non si dice niente di fronte al fatto che il figlio viene sottoposto a questa pioggia di contenuti a cosa lo si educa dopo? cosa c’è oltre? cosa può venire di peggio sul livello di insegnamento? Quindi secondo me bisogna veramente cercare di fare argine più che si può, essendo coscienti che noi siamo comunque davanti ad una cascata del Niagara col secchiello. Possiamo fare qualcosa ma non è tutto in mano nostra e la corrente va in senso contrario. Verosimilmente non vedremo dei grandi risultati, ma getteremo dei piccoli semi che probabilmente daranno frutti che non vedremo.  

Domanda: La discriminazione per chi porta avanti il modello familiare tra uomo e donna fino a che punto di potrà spingere

Risposta: Fino ai punti estremi. C’è gente che è ha subito veri e propri processi negli Stati Uniti; persone a cui hanno portato via i bambini, quindi il livello è piuttosto alto, nel senso che nella migliore delle ipotesi in determinate professioni come minimo non hai degli avanzamenti di carriera e nella peggiore venire impedito di lavorare e può essere messa in discussione la potestà genitoriale. Più una persona si espone, di più il rischio aumenta e questo mi pare evidente. Voi siete giovani e se tra qualche tempo dovrete andare ad un colloquio di lavoro qualcuno potrebbe aprire i vostri social e guardare quello che avete scritto e se qualcosa esce dal mainstream qualcuno potrebbe decidere di non chiamarvi. Questa è una delle situazioni più banali. Qualcun altro invece può vedere messo in discussione proprio posto di lavoro; io ne conosco diversi. Secondo me la persecuzione può arrivare fino a questo punto qui. Non credo che perderemo la vita per questo, ma sicuramente la perderemo in senso figurato. Io ho delle denunce pendenti. anche se per il momento si sono risolte in nulla, però comunque sono un pensiero perché non ho un’idea di quello che può succedere anche solo economicamente piuttosto che dal punto di vista lavorativo. Insomma, bisogna mettere in conto che la persecuzione c’è e si farà più dura. Dall’altra parte mi viene anche da dire che siamo figli di santi che sono stati realmente presequitati fino alla morte. A noi non viene chiesto quel tipo di martirio ma un martirio quotidiano, nelle reazioni, nei posti di lavoro. E’ un martirio bianco ma altrettanto doloroso e anche altrettanto fruttuoso.

Domanda: La maggioranza dei cattolici è sensibile a queste problematiche o è in generale un po’ vittime della mentalità mondana su questo tema?

Risposta: La maggior parte del mondo cattolico è ignaro e si è lasciato permeare da questo tipo di pensiero perché la pressione è tanta e la secolarizzazione avanza. Noi abbiamo anche una vita spirituale sicuramente più debole di quella di chi ci ha preceduto e questo non ci aiuta. In questo momento poi la Chiesa è in un momento sicuramente di fatica e anche di mancanza, con molti che si sentono un po’ orfani. Mancano sacerdoti che abbiano il coraggio della testimonianza e quindi la maggior parte di chi frequenta la Chiesa cattolica penso sia assolutamente d’accordo con quello che viene portato avanti e non ci vede niente di male; almeno in tanti aspetti. Soprattutto, ancora peggio, non ci riflette sopra e pensa che siccome è così, è così e basta. Questa sicuramente è la cosa più grave di tutte e la peggiore.

Domanda: Come dobbiamo intendere il rapporto gerarchico nella famiglia secondo la prospettiva cristiana? Penso anche ai passi biblici che vengono strumentalizzati per me mostrare che il cristianesimo è una religione maschilista, ad esempio San Paolo quando dice le donne siano sottomesse ai mariti.

Risposta: San Paolo è abbastanza chiaro: il marito è il capo della moglie ma questo non significa che dobbiamo tornare a ragionare in termini di potere: chi è più potente di chi; perché poi, sempre San Paolo, dice che il marito deve essere pronto a dare la vita per la moglie, perciò non chiede qualcosa di meno all’essere sottomesso. Pronto a morire vuol dire: pronto a dare la vita, che mi sembra su un altro piano rispetto alla sottomissione. E’ un rapporto basato sul dono, perché le relazioni familiari sono basate sul donarsi reciproco, quelle tra uomo e donna: “io mi dono totalmente a te” ed è una logica totalmente diversa rispetto a quella del mondo, che misura lo stare insieme in base al benessere personale, mentre nell’ottica cristiana come dire la relazione nasce dal dono totale: io mi dono totalmente nel tempo, quindi per sempre e col matrimonio mi dono totalmente anche nell’intimità, senza barriere di alcun tipo e in questo modo mi apro alla vita. Chiaramente questa è la prospettiva a cui noi siamo chiamati; una prospettiva radicale che ci pone sul fronte opposto rispetto a come il mondo ragiona oggi. Posso anche arrivare a dire che chi non conosce il cattolicesimo ha ragione a rimanere scandalizzato di fronte alla parola “sottomissione”, perché intende la sottomissione nella logica del potere e non dell’appartenenza e del dono reciproco per l’eternità.

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(*) Raffaella Frullone: giornalista e speaker radiofonica, scrive per la Nuova Bussola quotidiana, il Timone altre testate, collabora al blog di Costanza Miriano ed è cofondatrice con Isabella Frigerio delle Sentinelle in piedi, essendo impegnata nelle realtà pro-life da diversi anni.

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