Dio abita in Toscana

Il Corriere del Sud n. 7 – 1 settembre 2024

Un percorso di Antonio Socci per comprendere il “cuore cristiano” dell’identità occidentale  

di Andrea Bartelloni

Nel 1265 nasce Dante Alighieri e nel 1452 Leonardo da Vinci. Tra questi due anni nascono Giotto, Masaccio, Petrarca, Beato Angelico, Boccaccio, Michelangelo, Botticelli, Piero della Francesca, quasi tutti a Firenze provincia a parte Michelangelo e Petrarca, aretini e Piero della Francesca che è di San Sepolcro (Ar). Praticamente la storia dell’arte e della letteratura italiana concentrate in duecento anni è in Toscana, una regione che «per quanto prospera e dinamica non può aver “prodotto” tanta genialità con la sua sola attività mercantile».

Il libro di Antonio Socci, Dio abita in Toscana. Viaggio nel cuore cristiano dell’identità occidentale, è un viaggio nella Toscana tra fede e arte, un vero e proprio omaggio a questa regione. Pubblicata da Rizzoli (2024), l’opera dello scrittore e giornalista, già direttore della rivista internazionale 30 giorni, vicedirettore di Rai2 e attualmente editorialista del quotidiano Libero, esplora la ricchezza culturale e spirituale di questa terra, tra città, piccoli borghi, panorami mozzafiato e uomini che l’hanno resa famosa nel mondo con le loro opere. Opere che hanno un’unica origine: spirituale e, per la precisione, nella fede cristiana.

Senza l’incarnazione di Gesù Cristo e la diffusione del cristianesimo non avremmo infatti la maggior parte delle opere d’arte che tutto il mondo ci invidia. Il libro di Socci ci fa riflettere su questo avvenimento e si apre con una corposa parte che potremmo definire “teologica”, in quanto centrata sulla figura di Cristo, sul suo volto, il suo corpo e il suo sangue centro della rappresentazione artistica di una religione che ha per centro proprio il corpo.

Corporeità tanto centrale da far dire a Giorgio La Pira che «i veri materialisti siamo noi cristiani», perché la fede cristiana non è solo la certezza dell’immortalità dell’anima a cui erano arrivati anche i filosofi greci, bensì «l’annuncio dell’Incarnazione di Dio, la morte in croce e la Resurrezione di Cristo, che poi è la resurrezione dei nostri corpi che saranno immortali».

Ma il viaggio verso e attraverso la Toscana comincia da Roma. Nella Città Eterna arriva infatti san Pietro passando dalla Tuscia e sbarcando vicino Pisa, nello scalo fluviale del porto di Pisa a Grado, dove sorge la basilica di San Piero a Grado. Questo spiegherebbe perché «subito dopo il pescatore galileo di Cafarnao […], la Chiesa di Cristo ebbe un papa toscano, di Volterra» per la precisione Lino.

Tornando a Roma, dove i grandi artisti toscani trovano ad accoglierli Pontefici che li renderanno protagonisti dell’arte religiosa della Città Eterna, Michelangelo affrescherà la Cappella Sistina, scolpirà la Pietà, Raffaello dipingerà la Scuola di Atene, il Beato Angelico, Donatello, Piero della Francesca, Masaccio vi lasceranno opere immortali.

E da Roma si torna in Toscana e per la precisione a Firenze che, come scrive Piero Calamandrei, «è la somma, il riepilogo, il cuore, la concentrata essenza: la Toscana, di cui Firenze è la conclusione e quasi si direbbe la spiegazione».  Attraverso tre itinerari si arriva nella città di Dante: la via del mare, delle colline e dei monti, «ognuna è un viaggio fisico e metafisico fra le delizie della terra e del cielo», annota Socci. Vie che portano il lettore ad attraversare città, borghi, campagne.

La via del mare, dalla Maremma alle Apuane, con una tappa a Pisa alla quale sono dedicate venti intense pagine con al centro la storia della Repubblica Marinara, la “città di pietra” che «era grande allorché le capitali attuali di molti stati non avevano che semplici capanne». Repubblica Marinara lontana dal mare, unica nel suo genere, con un duomo posizionato a guardare quello stesso mare come per poter «parlare […] idealmente al mondo intero».

La Piazza dei Miracoli, meta obbligata di milioni di turisti, è segno della potenza della Repubblica e “parla” delle “trionfali imprese della città”. Si arriva poi a Lucca “ove dorme la donna del Guinigi” nel meraviglioso sarcofago scolpito da Jacopo della Quercia che riproduce le sembianze di Ilaria del Carretto, dopo essere passati da Viareggio, città valtortiana.

Poi altre città: Pistoia, Prato, Certaldo e Vinci. Certaldo richiama Giovanni Boccaccio e il Decamerone del quale Socci riporta una lettura “sconosciuta”. Vinci dove nasce il genio di Leonardo. Si arriva a Firenze da Occidente. Tutte le vie portano lì, viene sempre toccata ed è centrale tanto che libro è dedicato alla Santissima Annunziata venerata nell’omonima basilica fiorentina, ma Socci ha promesso un volume interamente per la città dell’Alighieri.

Altra via è quella delle colline attraverso le città, le campagne e le colline della val d’Orcia lungo la Cassia che costeggia il monte Amiata, le zone termali con Bagno Vignoni, località che videro svolgersi le vicende giovanili di Caterina Benincasa, senese, che diventerà la santa Caterina da Siena e nelle cui acque termali «si era immersa».

E poi altre terre che videro passare san Francesco d’Assisi e riempirsi di tesori e di chiese ricche di arte. Poi Pienza, il capolavoro che volle papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, poi ecco Montalcino, “un posto di vino”. Il vino è centrale nel paesaggio toscano e anche nella storia di Gesù. «Non solo – aggiunge Socci –. Gesù fa addirittura pensare che ci sarà il vino anche nei cieli nuovi e nella terra nuova. […] Come ha scritto Benedetto XVI, “il vino esprime la squisitezza della creazione, ci dona la festa nella quale oltrepassiamo i limiti del quotidiano: il vino allieta il cuore”. Così il vino e con esso la vite sono diventate immagine anche del dono dell’amore, nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del Divino». Così nei chiostri del museo di Montalcino «si può gustare il prelibato Brunello. […] Si hanno pure a disposizione libri di letteratura, arte e spiritualità. È possibile insomma “ubriacarsi” di bellezza».

Si arriva così a “Siena e il suo mistero” alla quale Socci, senese, dedica cento pagine intense e profonde. Charles Dickens la descrive come un «dolce gioiello fatto di vento, marmo, oro, pietra e fuoco delle anime, questa Venezia “ma senza l’acqua”». Si tratta inoltre di «un concentrato di umane sublimità e di estreme follie, una stratificazione di alti disegni della mente umana e anche di visioni» secondo le parole del poeta Mario Luzi che vi visse la sua adolescenza.

Le meraviglie architettoniche ne fanno la “gemella di Firenze”: la gotica cattedrale, con davanti la cattedrale della carità e della compassione: l’ospedale dedicato a Santa Maria della Scala, scala che il beato Sorore percorreva portando i bambini tra le braccia della Madonna.  Che dire della Sala del pellegrino che fino agli anni Ottanta del Novecento ospitava il reparto di ortopedia, sembra veramente di essere in una cattedrale. È la carità cristiana che inventa l’ospedale dove soprattutto nei primi secoli venivano curati spesso dei derelitti che ricevevano assistenza, pulizia e cibo, che era la cura principale di quel periodo storico.

Lasciando Siena Socci ci riporta quindi nella campagna toscana che, forse, è «il capolavoro più straordinario, a cui hanno lavorato Dio e gli uomini, natura e cultura». Il paesaggio toscano ne è l’esempio più lampante. In parte è natura, ma in gran parte è un’opera d’arte quasi tutta fatta da mano d’uomo nel corso dei secoli: campi, vigneti, oliveti, che davano da vivere ma che erano frutto di un sacro amore per la terra che «reca però il segno di una concezione di vita, di una religiosità» e rivela quell’amore dell’uomo che coltiva, produce, ma ha sempre uno sguardo rivolto alla bellezza di quello che fa e che edifica. Porta l’impronta di persone che hanno lavorato per vivere ma anche per rendere bella la loro casa, il podere, il villaggio. Importante è mantenere la memoria di tutto questo per non perdere noi stessi e non essere destinati a morire, proprio come ricordava un filosofo greco, Bacchelide (VI-V sec. a.C.): “Memoria ci sottrae a Oblio e ci consegna alla Verità”.

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