Unione Cristiani Cattolici Razionali (UCCR) 18 Novembre 2024
In molti celebrano la sua integrità morale. Ma il rapporto tra Enrico Berlinguer, l’URSS e i crimini sovietici fu molto più che ambiguo e accondiscendente, il segretario del PCI arrivò a celebrare la superiorità morale sovietica.
Redazione
In Qualcuno era comunista, Giorgio Gaber disse che Berlinguer era una brava persona
A livello personale il giudizio spetta solo a Dio, a livello politico in molti hanno manifestato grossi dubbi nonostante la vulgata lo raffiguri come leader dalla morale integra.
Così sì viene ritratto nel recente film La grande ambizione di Andrea Segre, purtroppo oggetto di recenti e volgari contestazioni durante la proiezione in una sala a Roma.
Enrico Berlinguer fu segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972 fino alla sua morte, denunciò la corruzione dilagante nella politica italiana e fu promotore del dialogo con le altre forze politiche e sociali.
Tentò anche di allontanare il PCI dall’influenza dell’Unione Sovietica (“compromesso storico”), ma fu un distacco solo apparente.
Berlinguer e gli altri leader comunisti italiani (da Napolitano a Togliatti), furono infatti troppo affascinati dal sogno laico comunista per poter vedere i crimini sovietici, anzi in molti casi ne furono complici mentendo a loro stessi e al popolo.
Berlinguer: “Sottrarre l’infanzia all’educazione corruttrice dei preti”
Recentemente Maurizio Caprara ha ritrovato alcuni appunti di Berlinguer risalenti all’11 ottobre 1949 e ne ha parlato sul Corriere della Sera.
Erano i punti di una riflessione che fece l’allora 27enne di Sassari, futuro segretario del PCI, durante una riunione della direzione del Pci sui compiti della Federazione giovanile comunista.
Tra gli altri, Berlinguer si annotò di discutere il tema dello «sottrarre l’infanzia all’educazione corruttrice dei preti».
Una prova ulteriore che il marxismo fu vissuto dai grandi leader comunisti come una religione laica, che avrebbe dovuto scalzare e sostituire quella cristiana fin dall’infanzia.
Lo ha spiegato Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea alla LUISS Guido Carli di Roma, ricordando che «il marxismo è una religione secolarizzata». La verità non è più in Dio, «Marx ti risponde che è nella storia, è la storia che ti dà i valori, che ti dice dove è la verità, che ti dice dov’è il buono e dov’è il cattivo, dov’è il giusto e dov’è lo sbagliato. La storia del Novecento è la storia del tentativo di icostruire l’assoluto attraverso la politica» (1).
Beringuer sembrò comunque cambiare idea e da segretario del PCI cercò un’apertura verso il mondo cattolico, promuovendo un confronto su temi sociali e politici.
Berlinguer, il PCI e la complicità con le purghe staliniane
Ma le ombre di Berlinguer sono pesanti per un altro verso.
Lo storico Sergio Romano ha chiaramente ammesso (anche qui) che «la dirigenza del Pci e, probabilmente, gli stessi quadri intermedi, non potevano ignorare, soprattutto dopo il rapporto Krusciov al XX Congresso del partito, quali fossero le responsabilità del regime» sovietico e delle purghe staliniste.
Eppure rimasero in silenzio.
Anzi, addirittura Giorgio Napolitano meno di dieci anni dopo il rapporto Krusciov, celebrò (anche qui) l’invasione militare sovietica dell’Ungheria per reprimere i moti di Budapest durante l’VIII congresso del PCI, sposando la linea del segretario Togliatti (dagli anni Trenta cittadino di Mosca e stretto collaboratore di Stalin). Soltanto nel 2005, 50 anni dopo, Napolitano ebbe un ripensamento.
Molti dirigenti del PCI, prosegue Sergio Romano, «pensarono, non senza ragione, che un pubblico dibattito sulle colpe del partito comunista sovietico avrebbe avuto effetti disastrosi per l’unità del Partito comunista italiano». Lo stesso Berlinguer, scrive lo storico, «evitò prudentemente qualsiasi processo al passato».
E’ tuttavia molto più controverso l’atteggiamento di Berlinguer rispetto a quanto scrive Romano. Come Napolitano, non si limitò solo ad un silenzio imbarazzato rispetto alle purghe staliniane.
Enrico Berlinguer e l’URSS: la “superiorità morale sovietica”
Sull’Unità del 19 marzo 1975 comparvero infatti sei pagine del rapporto che Enrico Berlinguer tenne al XIV Congresso del PCI.
Il leader comunista italiano frequentava da anni abitualmente l’Unione Sovietica ma nel suo rapporto incredibilmente elogiò «la grande realtà rappresentata dall’Unione Sovietica, dagli altri paesi socialisti e dalla loro ferma e tenace azione a difesa della pace». Parlò addirittura dei «miglioramenti nel tenore di vita dei popoli e nel loro sviluppo civile e culturale», al contrario del degrado verificatosi «nei paesi capitalistici».
A dimostrazione, proseguì Berlinguer, «che il socialismo, attraverso una pianificazione e un’effettiva direzione dell’economia nazionale nell’interesse della collettività, è in grado di garantire la continuità dello sviluppo produttivo e la crescita progressiva del benessere sociale».
Miglioramento culturale, difesa della pace e benessere sociale in Unione Sovietica?
Ricordiamo che nel 1975 c’era al potere Leonid Breznev e da anni gli organi di stampa occidentali, come The New York Times, The Times e Der Spiegel, denunciavano il duro clima di repressione del dissenso attuato dal KGB, che includeva arresti arbitrari, intimidazioni, interrogatori e invio di dissidenti nei gulag o in ospedali psichiatrici per il trattamento forzato.
In quegli anni anche le leggi furono ampliate per criminalizzare ulteriormente il dissenso, ad esempio quella contro il “parassitismo sociale”. La censura era rigorosa e i media statali controllavano l’informazione, si sviluppò così una rete clandestina attraverso il “samizdat” guidata dai dissidenti seguaci di Aleksandr Solzhenitsyn e Andrej Siniavskij.
Enrico Berlinguer ignorò tutto questo, addirittura sostenendo: «E’ quasi universalmente riconosciuto che in quei paesi esiste un clima morale superiore, mentre le società capitalistiche sono sempre più colpite da un decadimento di idealità e valori etici e da processi sempre più ampi di corruzione e disgregazione».
Berlinguer sapeva e mentiva o non sapeva perché non voleva vedere, né sapere?
Più che voler sottrarre l’infanzia “all’educazione corruttrice dei preti”, Berlinguer avrebbe forse dovuto preoccuparsi di sottrarre se stesso all’educazione corruttrice del marxismo che lo rese, di fatto, cieco e fortemente ambiguo sui crimini sovietici.
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Orsina G., ’68 e oltre. “Nous voulons vivre”. Giovani, consumi, rivoluzioni, Meeting per l’amicizia fra i popoli 19-25/08/2018
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