(dal blog www.vallata.org)
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L’agosto 1860 vede l’inizio della resistenza anti-unitaria nel Mezzogiorno d’Italia, in conseguenza dello sbarco dei Mille a Marsala. Il Plebiscito del 21 ottobre 1860 (con il voto esercitato da sole 5.000 persone, a dispetto dei quasi 12.000 votanti) tentava di legittimare la presenza degli invasori, ma ottiene solo una reazione diffusa che scoppiò letteralmente in conseguenza della resa di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto dove le piazzeforti borboniche opposero una fiera ed eroica resistenza.
Il processo alla banda del brigante “Ciriaco Lavanga” di Trevico segue la spietata repressione operata dagli unitari con arresti di massa ed esecuzioni sommarie, fece convergere nelle bande (dette poi masse come nel 1799) uomini di ogni estrazione sociale, civile e militare: uomini che erano stati soldati dell’Armata Reale; coscritti che si rifiutarono di combattere contro i propri fratelli e sotto un’altra bandiera; prigionieri di guerra rimessi in libertà dagli occupanti.
La stragrande maggioranza era costituita da pastori, montanari e braccianti che rivendicavano la promessa garibaldina di dare loro una terra e tutti si ribellavano all’imposizione di una cultura diversa e contraria ad un “modus vivendi” che esisteva da secoli.
Moltissime furono le donne che seguirono i loro uomini nella guerriglia dei boschi e nei tranelli preparati da traditori e manutengoli dei piemontesi.
Quello qui pubblicato è l’ allegato alla tesi di laurea in storia contemporanea “Episodi di brigantaggio in Alta Irpinia”, candidata Antonella Todisco, anno accademico 2005-2006. Università degli studi di Napoli Federico II, Facoltà di Lettere e filosofia, corso di laurea in lettere moderne.
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