«Cane cristiano, vattene». La sharia è già il presente della Siria

Tempi 16 Dicembre 2024

Alawiti derubati e perseguitati, cristiani picchiati e insultati, donne obbligate a portare il velo e a uscire solo se accompagnate da uomini come in Afghanistan. Ecco la nuova Siria del “moderato” Al-Jolani

di Leone Grotti

«Spero che si sia trattato di un caso isolato e non un segnale di ciò che succederà». Eliana Saad è un’attrice di 32 anni molto conosciuta in Siria. Musulmana sunnita, è tutto fuorché una sostenitrice del regime di Bashar al-Assad ma ciò che le è accaduto martedì a Damasco l’ha spaventata.

La donna viaggiava insieme a degli amici nella capitale quando è stata fermata a un posto di blocco dei jihadisti di Hts, gli uomini di Abu Muhammad al-Jolani, l’ex soldato dell’Isis e di Al-Qaeda, che i giornali italiani e internazionali fanno a gara a descrivere come “liberatore” della Siria, sincero democratico e islamista “moderato”.

«Ci hanno fermati, hanno chiesto al mio amico la carta d’identità e poi ci hanno detto: “Ora siamo in un paese islamico, non ci può essere amicizia tra uomo e donna. E la ragazza non può uscire di casa se non è accompagnata da un uomo della sua famiglia, suo fratello o suo marito”», ha raccontato Saad in un video su Instagram. L’islamista ha poi chiesto all’uomo se fosse un musulmano sunnita o un druso.

«Questo è quello che è successo a me, ripeto, e spero con tutto il cuore che si tratti di un caso isolato. Ma avevo bisogno di raccontarlo», ha concluso il filmato l’attrice, visibilmente preoccupata.

«La Siria ora è uno stato islamico»

I timori di Saad sono più diffusi in Siria di quanto racconti la stampa nazionale e internazionale. Non è passato inosservato, ad esempio, che il premier ad interim della Siria, Mohammad al-Bashir, abbiamo parlato alla nazione con due bandiere alle spalle: quella della Siria ribelle (con tre stelle invece di due) e quella bianca dei jihadisti con sopra scritta la professione di fede islamica.

La bandiera è quasi identica a quella dei talebani e suggerisce quello che i miliziani gridano in centinaia di video disponibili online: «La Siria ora è uno stato islamico». E come in ogni stato islamico che si rispetti, la libertà concessa ai singoli è ben definita dalla sharia e non è uguale per tutti.

Il ministro laureato in shari

Che la Siria sarà governata dalla sharia ci sono pochi dubbi, anche se ora i nuovi padroni di Damasco si riempiono la bocca di parole al miele che grondano dissimulazione, tolleranza e uguaglianza.

Il nuovo ministro della Giustizia del governo di transizione siriano è Shadi al-Waisi, un uomo che alla legge islamica ha dedicato la sua vita. Imam e predicatore ad Aleppo per sette anni, ha una laurea in sharia islamica. Nel quartiere aleppino di Dhahret Awad ha istituito un tribunale della sharia, dove ha lavorato come giudice.

Appena nominato, proprio come i talebani in Afghanistan, si è espresso contro la possibilità che le donne lavorino come magistrati nella nuova Siria, annunciando che tutti i casi a loro affidati saranno passati a un uomo.

L’ordine alle donne: «Indossate il velo»

In tanti sostengono in questi giorni che le donne in Siria non faranno la fine di quelle in Afghanistan, ma sarebbe più prudente moderare gli entusiasmi a fronte dei tanti filmati che circolano online e che mostrano i jihadisti di Hts girare per le strade delle città siriane a bordo di pick-up, annunciando con gli altoparlanti che le donne dovranno indossare il velo.

Lo stesso Al-Jolani ha ordinato a una donna di mettersi il velo prima di farsi fotografare al suo fianco.

«Cane cristiano vattene dalla Siria»

Nell’ultima settimana i tagliagole di Al-Jolani hanno insistito sul fatto che non discrimineranno nessuno in base alla religione. Ma anche in questo senso non mancano i segnali inquietanti. Come la testimonianza consegnata a internet dal noto attore Samer Ismail: «Dei ribelli hanno fatto irruzione in casa mia, hanno distrutto tutto, poi hanno preso le chiavi della mia auto e l’hanno rubata. Gli ho chiesto: “Perché fate questo?” e loro hanno risposto: “Perché sei alawita”».

Non solo gli alawiti – setta sciita di minoranza portata al potere da Bashar al-Assad – sono in pericolo. Padre Michel Naaman, sacerdote siro-cattolico molto conosciuto a Homs, ha denunciato che un contadino cristiano è stato picchiato e insultato da un gruppo di musulmani: «Infedele, cane cristiano. Vattene, questa è la nostra terra», gli avrebbero detto.

I cristiani considerati “dhimmi”

Ad Aleppo, i nuovi governanti hanno assicurato a tutti i vescovi della città che i cristiani saranno rispettati. Ma come si evince da quanto riferito a Fides da monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo della città, la prospettiva è sempre quella della legge islamica:

«Cercano di dare fiducia mostrandosi rispettosi delle nostre tradizioni e delle nostre preghiere. Io ho detto a loro che noi come cristiani arabi rappresentiamo una realtà unica nella storia e nel mondo. Ho richiamato qualche esempio della storia degli arabi musulmani con i cristiani, e del contributo dei cristiani a questa storia. Ho aggiunto che la condizione dei “Dhimmi” può essere interpretato in senso negativo e in senso positivo, che i cristiani non possono essere cittadini di seconda classe, e dobbiamo avorare insieme. Loro apparivano molto interessati a queste considerazioni».

In un video pubblicato online, si vede ad Aleppo un islamista che approccia due donne cristiane e le saluta chiamandole con l’appellativo “nazara”, lo stesso utilizzato dall’Isis a Mosul.

«Gerusalemme, stiamo arrivando»

Per quanto riguarda la presunta moderazione dei soldati di Hts, un video registrato l’8 dicembre davanti alla moschea Umayyad a Damasco dice tutto. Un gruppo di miliziani, con la bandiera islamista ben in vista, gridano: «Siamo entrati nella moschea Umayyad, questa è Damasco, la terra dell’islam. Questo è il campo dei musulmani. Da qui arriveremo, Gerusalemme. Entreremo nella moschea Al-Aqsa, a Dio piacendo. Sii paziente, popolo di Gaza. Allahu Akbar».

Come dichiarava a Tempi l’inviato di guerra della Stampa, Domenico Quirico, «un jihadista può cambiare nome quante volte vuole, ma non cambierà mai testa. Vale anche per la Siria. E i regimi islamici, pur con sfumature diverse, sono tutti uguali: stati totalitari con un solo dio, un solo libro e una sola legge. Tutto qui».

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