InFormazione cattolica 27 gennaio 2025
Una riflessione sull’antisemitismo nella sinistra italiana
In tempi non sospetti, nel 1967, al termine della guerra fra Egitto e Israele, Pierpaolo Pasolini alzò (solitario) la sua voce su una tendenza che vedeva consolidarsi nel PCI: l’antisionismo, definizione edulcorata di un sentimento antiebraico che nella sinistra italiana era vivo e presente almeno dal 1948, ossia dalla nascita dello stato di Israele.
Queste le parole dello scrittore, come sempre profetiche: “Forse perché Israele è uno Stato nato male? Ma quale Stato ora libero e sovrano non è nato male? E chi di noi, inoltre potrebbe garantire agli Ebrei che in Occidente non ci sarà più nessun Hitler? O che gli Ebrei potranno continuare a vivere in pace nei Paesi arabi? Forse possono garantire questo il direttore dell’Unità o qualsiasi altro intellettuale comunista?”.
Il problema è di scottante attualità specialmente il 27 gennaio, nel giorno dedicato ogni anno alla memoria della Shoah, quando si moltiplicano ovunque atti antisemiti: lettere minacciose, insulti razzisti, idiozie di amministratori di seconda o terza schiera…
La propaganda dei partiti di sinistra utilizza questo fenomeno deprecabile a fini politici, per scaricare sulla destra le responsabilità di questo clima. In realtà per osservare quanta ipocrisia esiste su questo grave fenomeno di intolleranza è sufficiente leggere cosa pensano di Israele diversi esponenti di PD, 5Stelle e di altri partiti di Sinistra.
Accanto a silenzi imbarazzati, e distinguo incomprensibili, alcune vicende sono apparse, anche in tempi recenti, inequivocabili. Solo alcuni casi: nel 2018 la giunta comunale di Bologna faceva approvare a maggioranza una mozione per l’embargo contro Israele; sempre la richiesta di censure a Israele sono arrivate, nel 2020, da settanta deputati del PD e del Movimento 5 Stelle; la commemorazione del 25 aprile, ormai da anni, vede a Roma cortei divisi, con la comunità ebraica che decide di ricordare la liberazione per conto proprio, mentre a Milano prosegue indisturbato l’obbrobrio dei fischi allo striscione della brigata Palmach, composta da ebrei che combatterono assieme alle forze armate britanniche contro i nazisti in Italia.
Frattanto il rapporto della sinistra con l’Islam italiano appare condizionare in modo sempre più pesante gli orientamenti dei postcomunisti del nostro paese: ovunque, da nord a sud, esponenti musulmani radicali sono stati reclutati senza alcun discernimento (e spesso eletti) dalle forze della sinistra, salvo poi creare imbarazzi nel partito di Elly Schlein.
Non più tardi del 2017 Sumaya Abdel Qader, influente consigliera comunale milanese in quota PD, commentando il fatto che il 60% dei musulmani italiani considerava gli ebrei (non gli israeliani, si badi bene!) la causa di ogni male, spiegava che gli intervistati forse confondevano antisemitismo e antisionismo (sic), e che comunque percentuali simili si potevano trovare anche fra gli italiani, immediatamente smentita dagli autori della ricerca.
Questa la sinistra che usa la Shoah come argomento politico puntando il dito contro i “rigurgiti razzisti” e “le destre xenofobe”, uno schieramento che in realtà, ancora nei giorni in cui si ricorda lo sterminio degli ebrei europei, è incapace di fare i conti con sé stesso e con le proprie irrisolte contraddizioni.
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