Dal canale Youtube Visto da Roma Febbraio 2025
di Julio Loredo
Di recente perfino governi di centrosinistra in Europa si sono accorti che è impossibile ricevere tutti i migranti e hanno cominciato ad applicare norme più severe, non escludendo le espulsioni. Il problema è reale e ormai neppure per i media sinistrorsi si tratta più di una “ossessione di sovranisti” o di “populisti”, come tante volte avevano asserito in passato. Ci sono delle difficoltà oggettive: dalla crisi occupazionale all’aumento della delinquenza, che costringono gli stati a politiche più restrittive sull’immigrazione.
Noi avevamo previsto che su questo argomento si poteva verificare un braccio di ferro – questa è l’espressione usata – tra il nuovo governo americano e la visione di papa Francesco sull’immigrazione. Detto, fatto.
Il libro Il cambio di paradigma di papa Francesco, di José Antonio Ureta, che analizzava i primi cinque anni dell’attuale pontificato dimostrava allora come questo tema dell’immigrazione era al top delle priorità di papa Francesco. Lo studio aggiungeva che l’accoglienza ad ogni flusso migratorio diventava di fatto un nuovo principio non negoziabile, in sostituzione di quelli enunciati da Benedetto XVI, come la difesa del matrimonio, della vita umana innocente, ecc.
Il presidente Donald Trump, già criticato nel primo mandato dal Papa proprio per questo motivo, ha ribadito di recente la sua promessa di applicare rigorosamente la politica di espulsione dei migranti entrati illegalmente negli Stati Uniti soprattutto nel periodo delle frontiere aperte di Joe Biden, che permise l’ingresso illegale a milioni di persone, tra i quali pericolosi delinquenti.
In risposta alla politica di Trump il papa si è rivolto con una lettera del 10 Febbraio 2025 ai vescovi statunitensi in cui afferma che: «Seguo da vicino la grave crisi che si sta verificando con l’avvio di un programma di deportazione di massa». Nella lettera il Papa riconosce il diritto di una nazione a «difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi durante la permanenza nel paese o prima del loro arrivo». Tuttavia Francesco non sembra riconoscere il diritto che una nazione ha di negare la permanenza a chi infrange le regole immigrando illegalmente o il diritto a chiudere le frontiere a chi vorrebbe farlo in tale modo; anche quando non si tratta di persone che hanno commesso crimini gravi o in modo violento. Per papa Francesco basterebbero motivi come la povertà dei paesi di provenienza per avere una sorta di diritto assoluto a stabilirsi in un altro paese. Ciò rischia di togliere moralmente ai governi qualsiasi margine di decisione, diversamente – commento io – da quanto insegnato finora dalla Dottrina sociale della Chiesa, e cioè che la decisione finale spetta alla prudenza del potere temporale. Ovviamente si presuppone che qualsiasi misura prenda uno Stato, anche la più legittima, va attuata nel più totale rispetto della dignità umana.
Ma c’è poi un altro punto della lettera del papa ai vescovi americani che è di particolare importanza per la dottrina cattolica e su questo mi soffermo un po’ più a lungo. Esso si riferisce alla rapida allusione in una recente intervista a Fox News fatta dal vicepresidente J.D. Vance al concetto di ordo amoris, cioè: l’ordine dell’amore, invocato a giustificazione della politica americana chiamata America First.
Nelle sue poche battute su questo concetto il cattolico Vance sostiene che l’amore al prossimo, dovuto a tutte le persone, deve seguire una gerarchia. Il comandamento dell’amore cioè comincia con l’amore a sé stesso, passando in seguito ai più prossimi, ai familiari immediati e poi a quelli meno immediati, alle comunità di appartenenza e, via via, fino al raggiungimento di tutte le altre persone del genere umano.
Rispondendo indirettamente al vicepresidente Vance, Francesco afferma nella sua lettera ai vescovi americani: «Il vero ordo amoris che occorre promuovere è quello che scopriamo meditando costantemente la parola del buon samaritano; ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezione».
Proprio il 10 Febbraio, forse sapendo già della lettera del Papa ai vescovi americani, il teologo domenicano padre Peter Totleben ha puntualizzato la questione in un brillante articolo sul Catholic World Report intitolato Vance l’ordo amoris e il buon samaritano. L’articolo è densamente dottrinale e tratta in modo esauriente come l’ordine dell’Universo creato e voluto da Dio è gerarchico, dimostrando poi che l’ordo amoris non è che una sua conseguenza. Questa è la dottrina della Chiesa da sempre.
Nonostante l’articolo sia dottrinale è anche molto accessibile per gli esempi che dà. Ad esempio: in una fila di tre sedie sull’aereo cadono le maschere dio ossigeno, tu sei in mezzo tra tua moglie e uno sconosciuto. Secondo le istruzioni impartite prima indossi tu la tua maschera, poi istintivamente aiuti tua moglie e infine fai lo stesso col passeggero sconosciuto; senza renderti conto hai seguito una gerarchia della carità che è insita nell’ordine delle cose.
Ma si potrebbe obiettare: il samaritano ha soccorso uno sconosciuto, aggredito e ferito, caduto sul ciglio della strada. Padre Totleben spiega in modo chiarissimo che l’amore per il prossimo deriva dall’amore per Dio; ogni persona è un riflesso della bontà di Dio e in quanto tale dobbiamo volerle bene e farle del bene. Questo è il vero senso della parabola del buon samaritano: Tuttavia, dice padre Totleben, è impossibile amare bene tutti se non si segue un certo ordine; l’ordo amoris appunto. E ciò è indipendente dalla prudenza del presente governo americano o da qualsiasi altra associazione, ente o persona nell’applicarlo alla realtà concreta.
Padre Totleben approfondisce quali sono le ragioni che hanno portato alcuni a giudicare le poche parole del vicepresidente Vance contraddittorie con l’insegnamento evangelico; e questo punto è interessantissimo.
Padre Totleben spiega che esiste «un impulso egualitario di amare tutte le persone allo stesso modo, una tentazione di sostituire l’amore per le persone reali con la filantropia per l’umanità. Se amo tutti allo stesso modo, non amo nessuno in particolare. Una astrazione che è una tentazione tipicamente moderna».
L’ordo amoris stabilisce invece che l’amore si manifesta in relazioni interpersonali gerarchizzate, le quali ci insegnano che la carità comincia in casa e poi in circoli concentrici raggiunge tutte le altre persone.
Conclude il teologo domenicano: «E’ la moderna affinità per l’egualitarismo che solleva sospetti sull’ordo amoris. Noi moderni pensiamo che l’equità implichi l’egualitarismo, che deve quindi caratterizzare l’azione divina. Da qui il presupposto che l’ordo amoris debba essere incompatibile con l’insegnamento di Gesù; ma tradizionalmente il cristianesimo non ha condiviso questo presupposto; piuttosto il contrario: la gerarchia caratterizza l’azione divina, perché la gerarchia indica l’ordine e l’ordine è il segno del saggio».