Campagna antifumo, sarà un bene?

fumatori

Abstract: campagna antifumo, sarà un bene? Talvolta, certe battaglie della pubblica opinione, sostenute con le migliori intenzioni pure da settori del mondo cattolico, finiscono per produrre effetti peggiori dei mali che si tentavano di curare. E’ possibile che sia, questo, anche il caso della campagna contro il fumo e i fumatori: siamo certi che i risultati finora prodotti siano positivi?

Articolo pubblicato su Jesus, luglio 2003

Crociate fumose

Talvolta, certe battaglie della pubblica opinione, sostenute con le migliori intenzioni pure da settori del mondo cattolico, finiscono per produrre effetti peggiori dei mali che si tentavano di curare. E’ possibile che sia, questo, anche il caso della campagna contro il fumo e i fumatori

di Vittorio Messori

Talvolta, certe battaglie della pubblica opinione, sostenute con le migliori intenzioni pure da settori del mondo cattolico, finiscono per produrre effetti peggiori dei mali che si tentavano di curare. E’ possibile che sia, questo, anche il caso della campagna contro il fumo e i fumatori: siamo certi che i risultati finora prodotti siano positivi?

Anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, «perché nemmeno sappiamo che cosa  dobbiamo domandare…». Da tempo, rifletto su queste parole di Paolo ai Romani (8,26), parole che mi sembrano oggi di particolare attualità. In effetti, l’Occidente è pieno di persone di indubbia buona volontà che pensano di far del bene impegnandosi in cause che sembrano meritorie. Mentre, molto spesso, non lo sono; o sono, addirittura, decisamente dannose.

Pensiamo, ad esempio, al numericamente ridotto ma attivissimo gruppetto radicale capitanato da molti decenni da Giacinto Pannella, detto Marco. Ne ho incontrato, negli anni, parecchi militanti e – pur lasciando a Dio lo «scrutare cuori e reni» – a viste umane mi sono sembrate persone in buona fede, pronte ad affrontare sacrifici per obiettivi che sembrano loro benemeriti. Il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, il matrimonio tra omosessuali, la liberalizzazione totale di ogni droga e così via… Insomma, mancando loro «lo Spirito», parola di Paolo, «nemmeno sanno che cosa debbono domandare». O pensiamo a certo movimento sindacale che – lasciando da parte il sospetto di cinismo dei capi – nella sua base, spesso davvero generosa, si è sacrificato e si sacrifica per cause che, se raggiunte, finiscono per rivelarsi dei boomerang e danneggiare più che aiutare i lavoratori.

Ma ci sono anche dei credenti, che riversano una passione “religiosa” in obiettivi in quel momento alla moda, quelli perorati da guru dell’audience televisiva – alla Maurizio Costanzo, ad esempio, e da altri avvocati di cause vinte – o da organizzazioni come “Pubblicità Progresso”, che è finanziata dalle agenzie di réclame per cercare di farsi perdonare tanti loro spot e la mentalità che diffondono. Nella  loro passione, magari nella loro ingenuità, questi cattolici non si avvedono che le cose sono sempre più complicate di quanto non pensino i volenterosi, gli entusiasti, quelli che si infiammano e si mobilitano per ogni “buona causa”, perché in quel momento gradita alla maggioranza.

Prendiamo – è un caso esemplare – l’attuale crociata contro il tabacco che ha reclutato adepti anche nel mondo cristiano. In una delle rubriche su questo giornale, tempo fa, già avevo fatto un rapido cenno a questa campagna ossessiva. Ma varrà la pena di completare il discorso, perché c’è qui un caso particolarmente evidente di buone volontà che rischiano di provocare effetti che nemmeno sospettano. Qualche prete si è persino spinto sino a proporre che il fumo fosse inserito nella lista dei peccati mortali”, bisognosi di pentimento, di confessione, e di propositi di non ricadere più nella tentazione. Speriamo che quei sacerdoti scherzassero. Comunque, sempre, per qualsiasi causa, si trovano degli zeloti e non c’è, dunque, da scandalizzarsi troppo.

In effetti, siccome l’inferno, come tutti sanno, è lastricato di buone intenzioni, gli edificanti “missionari” anti-fumo, pieni di entusiasmi non più per annunciare il kérygma bensì il salutismo, ignorano parecchie cose.

Lasciamo pure stare il “peccato dei peccati”, secondo il Vangelo: l’ipocrisia. Si fiancheggiano, entusiasti,  campagne promosse da quello Stato che ora più che mai lucra proprio sulla vendita, in regime di monopolio, di quel tabacco che maledice, facendo apporre l’etichetta che certifica la vistosa imposta che incassa e fa stampare avvisi terrorizzanti, che annunciano morte e sventure a chi consuma quel prodotto che esso stesso produce e vende, senza ammettere concorrenti, per non diminuire il suo guadagno. Anzi, l’ipocrisia sta raggiungendo il vertice: col pretesto di scoraggiare i fumatori”, si continuano ad aumentare le tasse sul tabacco, aumentando dunque anche le entrate fiscali.

Ma c’è qualcosa di più insidioso ancora che l’ipocrisia. Mobilitarsi, per giunta come cattolici, per la “santa causa” del salutismo come dovere civico significa schierarsi dalla parte che proprio un credente dovrebbe rifuggire: quella dello Stato etico. Lo Stato, cioè, che è come una mamma premurosa e, per il bene dei figli, impone loro – a colpi di decreti legge – lo stile di vita che ha stabilito come adeguato. Ma tutto anche molto diabolico. E chi pensa che stia esagerando, si rilegga l’Apocalisse, con quell’Anticristo che su ciascuno cerca di marcare un numero e un timbro. La virtù imposta per legge mette nelle mani dello Stato quel potere immenso e disastroso che ha reso il Novecento un lager e un gulag.

Chi vuol lodare, anzi fiancheggiare, il politico che si accanisce contro i “peccatori”, che li dissuade dai “vizi”, si accomodi pure: ma sia consapevole dei rischi (che nelle ideologie del secolo scorso sono diventati tragica realtà) e sia anche consapevole che, malgrado certe illusorie apparenze, qui siamo al contrario esatto della prospettiva evangelica. A Cesare va dato quel che è suo, ma va ostinatamente negato ciò che è nostro, di noi come persone adulte e consapevoli: il libero arbitrio, la possibilità di organizzare la nostra vita privata così come ci dice la coscienza non come impone la Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Ma accontentiamoci di un cenno a queste questioni generali, pur essenziali. Veniamo ad insospettati effetti concreti di questo tipo di “impegno” che, purtroppo, seduce pure dei credenti generosi. Mi è capitato di recente di parlare con un personaggio assai noto, uno addentro alle cose riservate, in quell’ambiente talvolta sospetto (ma, anche qui, sempre con un volto buonista e umanista) che è quello delle grandi e costosissime burocrazie dell’Unione europea. Quelle, per intenderci, che nella sintesi della storia del Continente nel preambolo alla Costituzione nominano il paganesimo e l’illuminismo ma non il cristianesimo.

Mi rivelava questo signore (della cui attendibilità, come so per esperienza, non ho motivo di dubitare), che le sempre più furibonde campagne governative contro il fumo e i fumatori trovano l’appoggio deciso delle forze – socialiste, radicali, liberali – che si battono per la liberalizzazione delle droghe. Proprio questi antiproibizionisti diffondono cifre sempre più allarmanti e sempre meno fornite di basi scientifiche sui “morti da fumo”: numeri terrorizzanti, che vengono sparati a casaccio, sicuri che nessuno sarà mai in grado di controllare. Questo appoggio potrebbe stupire, se non si conoscesse la strategia che vi è dietro.

Gonfiando all’inverosimile l’allarme, magari inventando quell’autentica leggenda metropolitana che è il “fumo passivo” (di cui non esiste nessuna, ma proprio nessuna, prova oggettiva, come ammettono innumerevoli indagini), si vuole ottenere dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’inserimento ufficiale del tabacco nella categoria delle “droghe”. Poiché, però, quasi un terzo dell’umanità fuma, non si potrà mai ottenere la proibizione totale della produzione, vendita, consumo. A quel punto, allora, scatterà il ricatto degli antiproibizionisti: perché marijuana, oppio, eroina, Lsd, crack e quant’altro no, e il tabacco sì? Non è una droga alla pari delle altre, così come testifica la maggiore autorità medica mondiale? Se, malgrado le limitazioni, il fumo non è vietato, con che logica si possono vietare altri “fumi”, iniezioni, pasticche?

In effetti, sono domande coerenti e la risposta non potrà mancare: tutte le droghe libere, con il cavallo di Troia del tabacco demonizzato con una accorta campagna.

Chissà se i volenterosi cattolici che ammirano, appoggiano la campagna anti-fumo hanno almeno il sospetto di lavorare per tutti i “Pannella” di un mondo che è radicalmente anticristiano? Chissà se sospettano, quegli zelanti, che non c’è soltanto il potere delle multinazionali del tabacco ma c’è anche quello (assai più forte) delle multinazionali del farmaco che, dalla crociata in corso, traggono profitti enormi vendendo “prodotti di cessazione”: cerotti, pastiglie, fiale per smetterla con un’abitudine presentata come antisociale, anzi suicida e omicida? Chissà se sospettano che in campo, qui, c’è un’altra smisurata potenza economica: quella delle compagnie di assicurazione, soprattutto americane, che sostituiscono le mutue nelle spese sanitarie? Anche solo una diminuzione delle bronchiti significa per quelle compagnie, con decine di milioni di associati, un tale risparmio da meritare l’investimento pubblicitario nelle campagne anti-fumo.

Insomma, non è affatto tutto chiaro, lineare, esemplare, positivo, in questo impegno che, alla pari di tanti altri, attira le anime belle, desiderose di “fare del bene” all’umanità.

Ma, per finire, un altro tocco sorprendente, tanto per confermare che anche qui scatta, implacabile, l’ “eterogenesi dei fini”, cioè il contrario, in pratica, di quanto di buono si voleva, in teoria, ottenere.

Le compagnie aeree hanno accolto con entusiasmo le direttive per la proibizione del fumo durante i voli. In effetti, quando un settore dell’aeromobile era riservato ai “peccatori”, ai “viziosi”, le norme internazionali imponevano ricambi d’aria completi a tempi ravvicinati. Proibite le sigarette, questi ricicli sono stati resi molto meno frequenti. Il risultato è stato un notevole risparmio per le compagnie (ogni ricambio consuma molto carburante), dell’ordine di molte migliaia di euro per ogni volo. Ma l’altro risultato è stato un aumento dell’inquinamento dell’aria, a tal punto che quella stessa OMS che aveva caldeggiato il no smoking, ora è preoccupata per l’aumento delle infezioni polmonari tra i viaggiatori in aereo. In tempi di “polmonite atipica” non è una notizia entusiasmante.

Sta di fatto che, nei Paesi dove i locali pubblici sono stati divisi in due zone, lasciando ai fumatori quella più piccola e scomoda, i salutisti accorti si rifugiano proprio lì, accanto agli “scorretti” . Qui, infatti, leggi draconiane impongono impianti potenti per il ricambio dell’ aria: dunque, anche meno germi, a differenza delle zone per i “virtuosi”, dove nessun regolamento esige il continuo riciclo. Ma sì, tutto è complicato e bifronte. Motivo in più per esitare nell’indossare tuniche da “paladini del bene” contro le “canaglie”, per usare espressioni care a quegli americani che di crociate, anche e soprattutto contro il fumo, se ne intendono a tal punto di avere imposto il no smoking anche ai soldati in combattimento. Oltre che ai detenuti, in attesa talvolta annosa, nei molti bracci della morte delle loro prigioni

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