Articolo pubblicato su Avvenire
di Mons. Cosmo Francesco Ruppi
arcivescovo di Lecce
L’intervento del cardinale Biffi ha suscitato un vespaio di polemiche e discussioni anche molto aspre e spropositate, soprattutto perché legate a qualche frase, estrapolata dal testo, senza il doveroso discernimento critico. Si è parlato di arretramento della Chiesa e di passo falso, invocando financo l’intervento del Papa, per correggere una posizione che, letta integralmente e, soprattutto, compresa nello spirito, prima che nella lettera, è certamente degna di grande attenzione.
La compatibilità, non solo tra cristianesimo e musulmanesimo è scarsa, ma anche tra sistemi giuridici occidentali e musulmani è molto ardua e difficile, con riflessi immediati non solo sull’istruzione, sui luoghi di culto, ma anche e, specialmente, sul diritto di famiglia, sulla concezione dello Stato, sulla identificazione Stato-religione islamica. Senza pensare al fondamentalismo, che pure esiste e non è neppure tanto lontano da noi, c’è il problema, tante volte invocato, della reciprocità, ossia del rispetto che i musulmani devono dare ai cristiani, nei luoghi ove sono maggioranza, se non alla pari di quello che facciamo noi, almeno un po’ meglio di quanto non avviene oggi.
Detto questo, però, l’accoglienza si continua, si deve continuare a fare, perché è nel dovere del cristiano. Il cardinale Biffi, a leggere bene la lettera «La città di San Petronio nel terzo millennio» non nega affatto l’accoglienza, né lega le mani di chi, come noi, da anni è impegnato notte e giorno a dare attuazione alla parola di Cristo: «Ero forestiero e mi hai ospitato».
La Chiesa lo sa bene il precetto del Signore e non c’è bisogno che ce lo ricordino taluni uomini politici, di destra e di sinistra, che tanto si sono sbracciati a esaltare o condannare l’arcivescovo di Bologna. Sul tema della carità e sulla pratica della carità, pur con lacune inadempienze, la Chiesa è impegnata da duemila anni e farà ancora di più.
Ma lo Stato (e questo il vero problema sollevato dal cardinale Biffi) che fa? Si rende conto dei veri nodi dell’immigrazione, la studia, la programma seriamente, ne indaga i riflessi sull’oggi e sul domani o si rallegra solo per i centomila studenti extracomunitari in più, che colmano il vuoto delle culle, o del forte nugolo di operai stranieri, che vengono a colmare i vuoti lasciati dai lavoratori italiani?
Il nodo vero del problema è proprio qui, nel fatto che l’immigrazione è lasciata, se non al caso, all’impulso degli altri; se non alla casualità, alla determinazione di altri, per esempio, alla tenacia degli scafisti, che diventano sempre più terribili, o all’avventura delle «carrette di mare», di cui nessuno sa da dove vengono e da chi sono state organizzate.
È da quasi quattro anni che, in questa terra di Puglia, siamo impegnati nell’accoglienza dei profughi e immigrati nel centro «Regina Pacis», che molti dovrebbero conoscere e studiare, prima di parlare, come han fatto e stanno facendo studiosi e ricercatori anche dell’estero. Degli oltre trentaquattromila immigrati passati per questa struttura la metà sono musulmani di tutte le provenienze e le tonalità.
Non tutti, è vero, sono osservanti, né tutti sono ostili, anzi il rispetto dato alla loro religione, ai loro usi culinari alle istanze specifiche de Corano, l’assenza totale di ogni proselitismo religioso, ci ha dato in cambio eguale rispetto e un approccio timido alla fede cristiana, che, a volte, ci ha perfino commossi, come quella di due giovani sposi che han chiesto al prete la benedizione cristiana e han cominciato a fare, se non un cammino di fede, certo un cammino di accostamento al Vangelo.
Quando un musulmano ci ha detto: «ho capito una cosa importante: il prete parla con Dio e se parla con Dio non ci può imbrogliare» ci ha immensamente gratificato di tutti i sacrifici che facciamo.
Ma, da questo a dire che tutto va bene, che non ci sono stati e non ci sono problemi coi musulmani; che possiamo mettere le bende agli occhi, per non vedere problemi che sono più grandi di noi e domani potrebbero compromettere, se non l’identità cristiana, la identità stessa dell’Europa e dell’Occidente, ci corre un mondo.
Riempirsi la bocca della parola società multietnica, multireligiosa, non serve a niente, quando non si riflette su quello che significa questo nuovo corso per noi, le nostre famiglie, la società tutt’intera. La Chiesa è universale, ecumenica e nessuno più di noi sa e vive questa dimensione spirituale, che Giovanni Paolo II ha posto sotto gli occhi del mondo, ma il dialogo con l’Islam è difficile, soprattutto perché non vi è un solo Islam, ma due, tre tradizioni islamiche molto diverse nel tono e nella sostanza. Ora è l’intelligenza stessa che ci impone di vigilare, chiedendoci tra l’altro: la spinta all’emigrazione soprattutto da taluni Paesi, è guidata, voluta o pilotata da qualcuno?
Domande che i cristiani potrebbero anche non farsi, ma chi dirige lo Stato non può non porsi, per oggi e per domani. È questo, in fondo, il problema sollevato dal cardinale Biffi. Null’altro che questo. Ed è un problema serio, sul quale non si può chiudere gli occhi. Lo diciamo anche noi con la forza dell’accoglienza, che abbiamo fatto e continueremo a fare. Senza stancarci mai.