Non cediamo alla voga anticattolica

vocazioniLa Padania, 27 aprile 2005

Intervista al professor Massimo Introvigne

Elena Percivaldi

Per il fondatore del Cesnur, il Cristianesimo gode di discreta salute ma ha tanti nemici occulti. Il quadro è sconfortante. Basta aprire i giornali e accendere la tv, o anche fare un giro su internet. La cronaca è zeppa di delitti compiuti da supposte sette sataniche, sullo schermo trionfano maghi e santoni. L’ultima moda è discettare di esoterismo e pseudospiritualismi vari (new Age in primis). Se non hai letto Dan Brown sei out e se non sai dov’è Rennes-le-Château, sei un buzzurro ignorante che non merita asilo in un consesso civile.

Del resto, è difficile negarlo: un romanzo come il “Codice Da Vinci” – thriller all’americana stilisticamente perfetto, ma basato su un indigeribile intruglio mixante Leonardo da Vinci con i Templari, l’improbabile Priorato di Sion, il Santo Graal e i Vangeli apocrifi – è stato ed è finora il best-seller del millennio. Anzi, cifre alla mano verrebbe da dire che ha venduto come la Bibbia (forse di più). E chissà, magari da qualcuno viene ritenuto altrettanto autorevole. Dissacrante? Non proprio. Almeno stando ai dati

L’ultima Indagine Europea sui Valori (Evs) rileva che il numero dei frequentatori regolari di funzioni religiose in Italia sale dal 35 al 37 e infine al 40%, ma si tratta della somma complessiva di cattolici e praticanti di altre religioni. Più della metà, quindi, entra in chiesa tutt’al più solo per ammirarne le bellezze artistiche.

Una disaffezione che parte dai più giovani: sebbene a scuola l’ora di religione sia presente nei programmi, secondo l’ultimo annuario del servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica, la media nazionale di studenti che non fanno catechismo a scuola è del 7,3 per cento. Nelle scuole superiori, la percentuale raggiunge il 14, con punte del 17 in Toscana. E in Lombardia va anche peggio: stando ai dati diffusi dal Provveditorato provinciale e confermati dalla Curia ambrosiana, più di uno studente su due nelle scuole di Milano sceglie di non avvalersi dell’insegnamento del catechismo. In alcune scuole superiori, si sfiora il 60 per cento delle astensioni e in 182 classi non lo si insegna proprio.

La Bibbia, bandita dalle scuole dell’obbligo, viene bocciata anche all’università: poche le cattedre dove si insegna l’Antico Testamento (ossia Lingua e letteratura ebraica oppure Filologia biblica) e il Nuovo Testamento (Filologia ed esegesi neotestamentaria). Pochi i corsi di letteratura cristiana. E sebbene esistano molte case editrici di impronta cattolica e la vita quotidiana sia intrisa di riferimenti al cristianesimo (basta entrare in un museo), sempre meno persone hanno dimestichezza con i princìpi fondanti del Cattolicesimo, hanno letto e conoscono i testi sacri e sono in grado di spiegare i dogmi.

In questo quadro poco roseo – c’è da chiedersi – può una religione come quella cattolica impostare un dialogo proficuo di tipo ecumenico o interreligioso se prima non è consapevole della propria identità? E c’è da stupirsi se un romanzo zeppo di falsità come “Il Codice Da Vinci” vende milioni di copie e diventa un fenomeno mondiale? Ne abbiamo parlato con Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur, il Centro Studi Nuove Religioni, e uno dei massimi esperti in materia.

Introvigne, qual è la sua opinione in merito all’attuale cultura religiosa dell’Occidente?

“Contrariamente a quanto si pensa, in molti Paesi dell’Occidente il Cristianesimo gode di una salute discreta, migliore rispetto agli anni Settanta e Ottanta. Occorre però distinguere fra quelle che i sociologi di lingua inglese chiamano “le tre b”: believing (credere), belonging (appartenere) e behaving (comportarsi). Dal punto di vista delle credenze non c’è nessuna secolarizzazione: più o meno dovunque in Occidente coloro che si dichiarano credenti e cristiani sono oggi più numerosi che nel 1970, 1980 o 1990, e gli atei sono in rapido declino. Se invece parliamo di pratica religiosa, c’è una ripresa rispetto a dieci e ancor più a vent’anni fa in Stati Uniti, Italia (piccola, ma c’è), Germania, mentre il declino continua altrove, specialmente in Francia e in Spagna. Se infine parliamo di influenza della religione sul comportamento personale (specie nella sfera sessuale), sociale e politico, questa continua a essere molto bassa”.

Secondo lei i precetti della religione cristiana sono sufficientemente insegnati ai giovani d’oggi, oppure tale insegnamento è da considerarsi deficitario?

“Le statistiche pongono appunto questo problema, e per questo spesso assai curiosamente il clero contesta i dati dei sociologi e sostiene che ad andare in chiesa sono molti meno di quanto i sociologi pensano. Secondo le più autorevoli indagini sociologiche, vanno in chiesa almeno una volta al mese quasi metà degli italiani contro meno del 15% dei francesi. Quanto ai comportamenti sessuali, culturali e politici le differenze sono invece assai meno marcate. Dunque gli italiani si comportano in modo poco cristiano nonostante vadano in chiesa, non perché non ci vanno come invece accade in Francia”.

Non crede che ormai i princìpi della religione cattolica siano limitati a “quattro formulette” impartite nelle ore di religione a scuola oppure a catechismo, ma che fondamentalmente la conoscenza resti molto superficiale?

“Non bisogna generalizzare. Ci sono nei movimenti cattolici (che in Italia coinvolgono almeno il dieci per cento dei praticanti, un record mondiale) forme di catechesi di eccellente qualità. Altrove, purtroppo, non si insegnano neppure più le quattro formule, ma ci si limita a un generico buonismo o pacifismo. Se si utilizzasse per esempio il nuovo e bellissimo “Catechismo della Chiesa Cattolica” la formazione sarebbe di una qualità del tutto adeguata ai tempi: ma lo si usa ben poco”.

Perché?

“Anche qui senza generalizzare, da una parte gli insegnanti di religione spesso non sono sufficientemente formati. Ma dall’altra una materia senza voto resta una materia che gli alunni prendono poco sul serio”.

Parliamo di crisi delle vocazioni. Un fenomeno preoccupante o no?

“In Italia c’è – anche su questo punto – una piccola ripresa. La crisi è assai più preoccupante in Francia e in Spagna. Vorrei sfatare un mito: abolire il celibato non servirebbe a nulla. In Inghilterra c’è una crisi delle vocazioni cattoliche, celibatarie, e ce n’è una ancora più grave delle vocazioni anglicane: eppure i pastori anglicani si sposano. La stessa crisi tocca ovunque le vocazioni al pastorato protestante, che è un pastorato di uomini sposati e aperto quasi sempre anche alle donne”

Parliamo della presenza delle Chiese cristiane nel Terzo Mondo. Qual è l’approccio della Santa Sede verso popoli che professano altre religioni, ad esempio il rapporto tra Cristianesimo e sètte in Sudamerica, e tra Cristianesimo e Islam in Africa?

“L’espressione ‘sètte’ è molto imprecisa. In Sudamerica quelle che i giornali e molti preti chiamano ‘sètte’ altro non sono che comunità protestanti, in genere pentecostali, passate dal 5% di vent’anni fa al 20% della popolazione. Ma questo ritorno di interesse per la religione istituzionale in Sudamerica ha fatto aumentare anche il numero non dei battezzati bensì dei cattolici che praticano veramente la loro religione. In genere, come per altri beni materiali o simbolici, il mercato e la concorrenza fanno bene anche alla religione. Diverso è il discorso nel mondo a maggioranza islamica, dove la concorrenza non c’è perché l’islam, con rare eccezioni, tollera ben poco i concorrenti e le minoranze, qualunque cosa il già citato buonismo pacifista preferisca dire – o non dire – sul punto”.

Un altro argomento scottante: perché secondo lei romanzi come “Il Codice Da Vinci” e i suoi cloni hanno tanto successo?

“I motivi sono diversi. Il primo è il gusto in periodi di crisi, quando la storia si fa complicata, per teorie del complotto che la semplificano. Il secondo è la voga anticattolica, che oggi non viene più tanto dal mondo protestante (che anzi è stato il primo a sollevarsi contro “Il Codice Da Vinci”) ma dai soloni del politicamente corretto femminista, abortista e pro-gay. Il terzo è che il “Codice Da Vinci” è un po’ il manifesto di coloro che vogliono credere ma non vogliono appartenere a istituzioni religiose né derivare dalle religioni codici e norme di comportamento. Come abbiamo visto, si tratta della maggioranza degli occidentali”.

Non trova che libri come questi contribuiscano a fare confusione in un quadro di già scarsa conoscenza dei princìpi della religione cattolica?

“Il cane si morde un po’ la coda. Da una parte questi romanzi sfruttano l’ignoranza religiosa, dall’altra la alimentano”.

Allora perché nessuno ha il coraggio di fare una trasmissione tv in prima serata su una rete ammiraglia (come Rai 1 o Canale 5) per spiegare che operazioni come quella del “Codice Da Vinci” sono solo commerciali e non contengono alcuna verità religiosa?

“La domanda va girata a chi gestisce le reti televisive. Qualcosa si è fatto, ma troppo tardi e troppo poco”.

Molti però continuano a cadere nella trappola. Quali sono – in estrema sintesi – gli errori più clamorosi contenuti in pubblicazioni come queste e su quali sentimenti fanno leva?

“Se si trattasse solo di romanzi, niente da dire. Ma c’è almeno una persona che strepita in ogni sede possibile che i suoi non sono solo romanzi, ed è lo stesso autore Dan Brown. Per lui tutto si basa su documenti ‘autentici’ che sarebbero stati ‘scoperti a Parigi nel 1975’. In realtà la data esatta è il 1967, e di quei documenti sappiamo tutto: sono falsi, e tutti e tre gli autori dei falsi hanno confessato la mistificazione per iscritto e pubblicamente negli anni Ottanta. Sulla base di documenti noti come falsi da vent’anni si sconvolge la verità storica sulla figura di Gesù Cristo e sulla Chiesa, approfittando – appunto – della diffusa ignoranza religiosa”.

“Codice Da Vinci”, sètte sataniche, New Age… Da dove nasce questo “bisogno” di esoterismo?

“Fin dai tempi dell’ellenismo, concorrenti della religione sono stati la magìa e l’occultismo. Offrono spiegazioni apparentemente più semplici, immediate e che soprattutto non costringono a un impegno morale di tutti i misteri della storia. Nelle epoche di crisi, magia e occultismo ritornano sempre alla ribalta: sono scorciatoie che illudono chi le segue di poter sfuggire alla complessità della storia e alla fatica di capirla”.

Ipotesi: dietro a operazioni come “Il Codice Da Vinci” esiste una strategìa per “minare” i fondamenti della religione e dell’identità cristiana in modo che, una volta perse o annacquate le proprie radici spirituali, l’Occidente possa essere più facilmente preda di altre ideologie, o magari fedi. Fantasia o possibilità concreta?

“Credo che Dan Brown abbia cominciato in proprio. Il suo primo romanzo con il personaggio di Robert Langdon, ‘Angeli & Demoni’, fu maltrattato dalla stessa casa editrice americana che accettò di stamparlo solo come tascabile da due dollari per i supermercati. Solo dopo il successo del ‘Codice Da Vinci’ anche ‘Angeli & Demoni’ è stato ripescato. In altre parole, dopo che è avvenuto l’incontro tra Dan Brown e certe mode culturali, ci sono state lobby potenti che ne hanno approfittato e hanno amplificato il fenomeno battendo la grancassa anticattolica”.

Parliamo di Islam. Secondo dati recenti, solo in Europa si verificherebbero una cinquantina di conversioni al giorno. Perché succede? Quali attrattive può avere per un occidentale una religione come l’islam?

“Ridimensionerei: molte di queste conversioni sono formali, cioè avvengono al solo scopo di poter sposare donne musulmane. In teoria nessuno vieta a un non musulmano di sposare una musulmana in Italia e in Francia. In pratica, senza convertirsi il matrimonio è quasi impossibile, perché ambasciate e consolati fanno resistenza passiva e non consegnano i documenti indispensabili al matrimonio. Ma questi convertiti per sposarsi, sono convertiti piuttosto fasulli. Quelli veri, relativamenti pochi, sono spesso attivisti di sinistra che vedono nelle masse islamiche il nuovo proletariato (dato che non c’è più quello vecchio), e talora anche estremisti di destra che si ricordano dei proclami filo-islamici di Mussolini (‘la spada dell’islam’…) o di Hitler in chiave anti-inglese e anti-americana”.

Non pensa che l’atteggiamento compromissorio o blando delle gerarchie ecclesiastiche possa essere responsabile di questa “fuga” dal Cattolicesimo alla ricerca, magari, di una religiosità più forte e anche più esigente dal punto di vista della pratica quotidiana?

“Ripeto, le conversioni all’islam sono un fenomeno marginale. La Chiesa dovrebbe preoccuparsi di più del vasto scivolare nel ‘credere senza appartenere’, della gran massa di coloro che si dicono cristiani ma non praticano né si comportano di conseguenza. Ed è assolutamente vero che un richiamo identitario forte contribuisce a riportare fedeli alle istituzioni, tanto più in epoche di pericolo e di crisi. Interventi come quelli di Papa Wojtyla, dell’allora cardinale Ratzinger, del cardinale Ruini sull’identità cristiana dell’Europa e sullo scandalo della mancata menzione delle radici cristiane nella Costituzione europea, hanno ottenuto un vasto consenso fra i fedeli, anche fra i meno praticanti. E forse meno consenso fra certi politici che pure si dicono cattolici (Romano Prodi, tanto per non fare nomi), ma questo è un altro discorso”.

Ultima domanda: che futuro crede che attenda l’Occidente?

“Non sono fatalista. Il futuro sarà come saremo capaci di costruirlo. Dopo l’11 settembre ci sono molti indizi che una vasta mobilitazione intorno ai valori dell’identità cristiana è possibile. Le stesse reazioni di massa contro ‘Il Codice Da Vinci’ (centinaia, talora migliaia di persone si radunano quando si organizzano eventi critici) mostrano che è iniziato un movimento di cristiani che sono sì disposti a porgere l’altra guancia, ma tengono anche conto di avere solo due guance, e sono stufi di prendere schiaffi senza reagire”.