di Juan Vallet de Goytisolo
Esposte le ragioni per le quali la concezione tecnocratica dello Stato conduce fatalmente a una pianificazione totalitaria del paese (cfr. L’ideologia tecnocratica e il totalitarismo statale, “ABC”, del 14/2/70), conviene analizzarne le prevedibili conseguenze. La libertà di iniziativa individuale e degli organismi sociali, che viene persa con quella concezione, si pretende venga compensata con le prestazioni erogate dallo Stato. Ma questo deve previamente sottrarle alla stessa società, specialmente per mezzo delle imposte, col che riduce le possibilità di autofinanziamento di questa.
Naturalmente se la libertà civile soffre, la libertà politica non può godere di buona salute. Ha luogo un circolo vizioso, al quale è difficile sfuggire, che non può trovare soluzione neppure con una democrazia di massa. Tocqueville lo intuì oltre un secolo fa e riflettè su questa circostanza nel suo libro Della democrazia in America: “I popoli democratici -scriveva- che hanno introdotto la libertà nella sfera politica, nello stesso tempo in cui hanno accresciuto il dispotismo nella sfera amministrativa, sono stati portati a particolarità assai strane.
Quando si tratta di gestire piccoli affari, dove il semplice buon senso può bastare, considerano i cittadini degli incapaci; se invece si tratta del governo di tutto lo Stato conferiscono a questi cittadini prerogative immense…”. Ma risulta difficile concepire “come uomini che abbiano rinunciato completamente all’abitudine di dirigersi da soli, possano ottenere di scegliere bene coloro che devono guidarli”; nè come con ciò si eviterà “che perdano a poco a poco la facoltà di pensare, sentire e operare per se stessi”.
Ne risulterà come conseguenza che non solo soffrirà la libertà sociale, bensì che, finalmente, ne risentirà anche la stessa efficienza che è la meta tecnocratica. A misura che si produce lo sviluppo, spettacolare e ostensibile, si seccheranno, poco a poco, le radici più intime del progresso con l’esaurirsi dell’iniziativa, dell’amore al rischio, del senso di responsabilità individuali, familiari e corporativi. Di questo ci offrono un esempio i paesi comunisti e lo si comincia notare in quelli del socialismo più avanzato.
LA FISICA QUANTICA SPIEGA QUESTA ANTINOMIA.
“Oggi – ci dice Eric Kraemer ne La grande mutazione– fra le teoria dei quanti (quanta) che sostiene l’edificio scientifico dell’era atomica, ed il pensiero degli economisti e filosofi, marxisti o tecnocrati, sembra che siano trascorsi secoli. Non parlano più la stessa lingua. Non hanno più una idea in comune”. Così lo ricorda Jacques Rueff nel suo ultimo libro Les Dieux et les Rois, recentemente tradotto col titolo de La visione quantica dell’universo.
Innanzi tutto avvertiamo i nostri lettori che non siamo d’accordo con la tesi che, con il canovaccio di illusioni theilardiane, questo autore costruisce nell’ultima parte della sua opera, occupandosi della qualifica di ribellione dei figli di Prometeo. La trama di questa non ci pare mantenga sempre il dovuto rigore storico, a volte per la sua eccessiva generalizzazione: e soffre di una totale dimenticanza della missione provvidenziale avuta dal popolo di Israele nella conservazione del sacro deposito della Rivelazione, dal quale l’autore prescinde per fare della religione qualcosa di meramente funzionale e adattabile ai cambiamenti dell’organizzazione sociale umana.
Dissentiamo radicalmente anche dal fondamento di quest’ultima parte, presieduta dall’immagine che il progresso umano è frutto della ribellione di Prometeo. L’autore ritiene che l’opera umana si sovrapponga alla creazione divina, che viene completata con un ordine artificiale, nuovo, aggiunto, mentre al contrario, siamo inclini a intendere che questo ordine è totalmente sottomesso a quello e forma parte del piano dinamico della Creazione, che deve rispettare e al quale deve adattarsi per non produrre il disordine, nè provocare le conseguenti catastrofi che l’esperienza storica ci insegna.
Al contrario, la prima parte del suo libro – nella quale Rueff non usa l’immaginazione per costruire, ma la sua ragione per mettere in relazione le nuove scoperte scientifiche con le concezioni sociali – ci sembra sia di grande interesse e ad essa vogliamo riferirci. Da quel confronto il determinismo, il movimento della storia, la legge del progresso inevitabile, la dialettica come motore dello stesso e l’imposizione della struttura tecnocratica, risultano dei meri concetti senza giustificazione, poichè i loro presupposti scientifici sono stati revisionati nelle radici più profonde.
IL PRETESO DETERMINISMO DEI FENOMENI FISICI IN DISCUSSIONE.
Infatti, come dice Von Neumann, il determinismo dei fenomeni macroscopici non costituisce se non “una illusione”, non è più che “un’apparenza statistica”: giacchè, a partire da quando Werner Heisenberg enunciò le “relazioni di incertezza” nella meccanica quantica, si è ottenuto un radicale cambiamento nella prospettiva delle scienze fisiche. Mentre la vecchia fisica aveva la pretesa di sottomettere tutti i fenomeni fisici a leggi rigorose e inesorabili, la nuova non offre che tendenze che esprimono, al dire di De Broglie, probabilità e possibilità diverse che lasciano sussistere “un margine di incertezza nell’espressione dei fenomeni”. Così la microfisica rifiuta totalmente la causalità determinista ammessa dalla macrofisica.
Manca pertanto di fondamento la famosa affermazione di Laplace, nel suo Saggio sul calcolo delle probabilità, secondo cui “una intelligenza che, in un dato istante, conoscesse tutte le forze di cui è dotata la natura e la situazione relativa degli esseri che la compongono, se d’altro canto fosse tanto vasta da sottomettere quei dati ad analisi, comprenderebbe nella stessa formula i movimenti dei maggiori corpi dell’universo e quelli più leggeri dell’atomo; nulla sarebbe incerto per essa, ed il futuro come il passato sarebbero presenti ai suoi occhi”.
Se, come per molto tempo si è creduto, il comportamento dei corpuscoli fosse determinato, sarebbe evidente, come riconosce Rueff, che il mondo intero non potrebbe non esserlo. Senza dubbio, aggiunge, “la minore delle sinfonie, il più oscuro dei poemi, bastavano per dimostrare l’inesattezza di una simile affermazione”; ed infatti, questa “esperienza della nostra libertà creatrice” ci è oggi confermata dai progressi della meccanica quantica, che ci mostra un universo che non è in contraddizione con il più elementare senso comune, come era riflesso dalla famosa frase di Laplace.
Oggi non si può parlare di una predeterminazione totale, di una unica traiettoria, bensì di “un fascio di traiettorie possibili”. Non c’è un vento della storia, nè una legge del progresso ineluttabile. La tradizione spirituale e religiosa ritorna, dunque, ad essere paradossalmente incontrata nelle ultime scoperte della fisica.
LA DINAMICA DELLA NATURA NON CONSISTE IN UNA DIALETTICA TRA CONTRARI.
Inoltre, commenta lo stesso Rueff, l’analisi del fisico chiarisce i problemi che preoccupano l’economista e il sociologo, quando contrappongono individualismo e socialismo che, in altre parole, non sono che collettivismo e totalitarismo. “L’individuo sussiste fin quando non è sottomesso a vincoli di interazione troppo intensi. Nella misura in cui questi divengono più efficienti, l’individualità si attenua e può scomparire quasi per intero nella società fortemente integrata dei regimi totalitari o di ‘ordini’ molto disciplinati”. La realtà mostra, dunque, un equilibrio che espelle tanto l’individualismo quanto il collettivismo nel regno delle ideologie.
Quel che governa la dinamica della natura, anche materiale e fisica, non è un ordine rigido predeterminato, e neppure una dialettica tra contrari in lotta che porta a una sintesi fino a quando non si produca una nuova antitesi, come nella visione dialettica marxista, ma bensì che siamo precisamente di fronte a una interazione. Questa esiste già nei livelli materiali più elementari tra l’aspetto “onda” e l’aspetto “corpuscolo”. Così lo mostrano le relazioni di meccanica ondulatoria, spiegate da Luis de Broglie, in Matiere ed lumiere, in una sintesi geniale che ha reso possibile, come dice Rueff, “una filosofia quantica dell’universo, applicabile non soltanto alle scienze fisiche, bensì anche a tutte le scienze umane”.
I PRINCIPI DI COORDINAZIONE E COMPLEMENTARIETA’.
Da qui ai livelli superiori, reggono i principi di coordinazione e complementarietà. L’esistenza “appare sempre come il prodotto di un assetto duraturo e il conseguente stabilirsi di un certo ordine fra le particelle elementari”. Ma l’interazione prosegue a livelli superiori, e così si formano nuovi “ordini” e “livelli di organizzazione”: delle particelle fondamentali, nucleare, atomico, molecolare, cristallino, dei virus, degli organismi della cellula viva, degli organi, degli esseri vivi; sopra a questi le coppie, le famiglie, le innumerevoli varietà di società animali, società di insetti, uccelli, e, a partire dall’uomo, la completa gerarchia delle società umane, famiglie, tribù, associazioni, città, nazioni, e da recente data, comunità e società di nazioni.
LA STRUTTURA ORGANICA PER CORPI INTEMEDI.
Rueff mostra che, a fronte di tutto questo, non è più neppure necessario chiedere se resti chiarito “il problema tanto frequentemente discusso sul piano politico relativo alle ‘collettività intermedie’”. E chiarisce pure che un vero sistema di corpi intermedi deve crescere e svilupparsi dal basso verso l’alto, come le piante, e non alla rovescia, facendo – come nelle presunte decentralizzazioni – dei falsi corpi intermedi che sono solo succursali del potere superiore. (omissis)
LA TECNOCRAZIA HA PERSO LE SUE BASI SCIENTIFICHE.
Dopo quanto si è detto è sufficiente fermarsi un attimo a ripensare e meditare quanto esposto, perchè una conclusione ci si faccia luminosamente trasparente: la tecnocrazia è alimentata da un mito progressista ed è mossa da una ideologia che la dirige utilizzando le tecniche più moderne, ma, dal punto di vista scientifico, ha perso le sue basi.
E’ certo che domina il come si fa, di ogni tecnica. Ma non solo fugge il sapere sulla finalità ultima, che invece preoccupa la metafisica, bensì non arriva neppure a captare la risposta di questa all’inquietante domanda che fonda il cosa è la società, quali i suoi elementi integranti e che condizioni richiede la sua vitalità. Risposta che oggi coincide con quella che, per analogia e argomento dal minore al maggiore, si deduce dalle ultime scoperte delle scienze fisiche.
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Dello stesso autore:
L’ideologia tecnocratica e il totalitarismo statale