di Giancarlo Galli
Nonostante l’abbondanza delle pubblicazioni specializzate, il moltiplicarsi delle pagine che quotidiani e settimanali a larga diffusione dedicano a “Economia &Finanza”, non vi è dubbio che i retroscena dell’affarismo planetario restino agli occhi dei più insondabili. Autentico enigma. Perché mai, all’improvviso, si passa dall’euforia alla recessione; e come può accadere che altrettanto subitamente le Borse mondiali registrino un tracollo? Sotto quali “spinte speculative” (lo abbiamo visto nelle scorse settimane) una moneta può perdere fra il tramonto e l’alba oltre il 20 per cento del suo valore?
A questa domanda, più che una risposta cerca di fornire una spiegazione argomentata, un bravo giornalista-saggista parigino, George Valance, redattore capo del settimanale “L’Express” con un volume aggressivo sin dal titolo: Les Maitres di Monde. Allemagne, Etats Unis, Japan (Flammarion, pagine 294, 120 franchi). Germania, Stati Uniti, Giappone, e più ancora i loro banchieri che i politici, sarebbero i nuovi “padroni” del nostro tempo. Tesi ardita ma nemmeno fantasiosa se osserviamo la realtà che ci circonda.
Giocando con i fusi orari, in Europa ci si risveglia osservando cosa è accaduto allo yen a Tokio durante la notte, e di conseguenza gli gnomi di Francoforte-Zurigo operano sul marco. All’imbrunire, s’attendono i rintocchi del dollaro, da Wall Street. E nessuno, proprio nessuno, può prescindere da questi tre segnali.
George Valance, in un libro che ha il gran pregio di poter essere letto (per ora, purtroppo, solo in francese), anche oltre la ristretta cerchia degli “addetti ai lavori”, ci presenta questo scenario come il risultato di una gigantesca partita a poker in pieno svolgimento, e dove la posta finale in gioco è il controllo del Pianeta.
Attorno al tavolo, spiega, hanno tentato di sedersi sia i comunisti moscoviti che gli sceicchi del petrolio. Ma sono stati messi nella condizione di abbandonare. Infatti l’Impero russo è in buona misura controllato sotto la spinta capitalistica, e con variegate iniziative gli arabi messi a tacere, ridotti in condizione subalterna. Per avere un’idea di questa “resa”, basti pensare che cosa rappresentavano fino ad un decennio fa i “petrodollari”, e come il rublo costituisse la moneta di riferimento per molti Paesi anche oltre l’Est europeo. Dall’Africa a Cuba. Ora, nei pasticci si trovano lira, sterlina, franco francese. “Evidemment les caids font la loi: Stati Uniti, Giappone, Germania… “, scrive Valance.
Ecco allora disegnarsi una sorta di “Nuova Yalta”, rispetto a quella, celeberrima, con la quale nel ’45 Churchill-Roosevelt e Stalin si suddivisero geopoliticamente il mondo che stava per uscire dalla guerra. Ricompaiono prepotentemente Germania e Giappone (gli sconfitti di allora), e le armi sono finanziarie. A questo punto Valance avanza un’altra tesi: i tre Supergrandi avrebbero cercato un’intesa, nell’epoca reaganiana, “per elaborare assieme una politica globale capace di assicurare e regolare la crescita mondiale” ma sotto le pressioni degli egoismi finanziari questa concertazione è sostanzialmente fallita, cosicché ciascuno va per la sua strada. Almeno sino a quando i rispettivi interessi non entreranno in rotta di collisione.
In un modo o nell’altro, negli anni Ottanta, Washington, Tokio e Bonn hanno consentito a che il potere effettivo migrasse dalla politica dalla sua leadership legittimata dal consenso, ai finanzieri, mossi unicamente dall’interesse. E poco alla volta, questi ultimi li hanno scavalcati, facendo della finanza un’arma ben più micidiale dei missili.
Valance si sforza, abbastanza spesso con successo, di dimostrare l’esistenza di questa sorta di “cupola”, di “direttorio planetario”. Con punte di acrimonia che testimonia del suo disappunto, ma sempre con abbondanza di informazioni di prima mano. Quasi a fare propria la famosa affermazione di Benjamin Disraeli, Premier britannico a metà dell’Ottocento: “il Mondo è dominato da personaggi che quanti non frequentano le coulisses non possono nemmeno immaginare”.
Soffermandosi sui Santuari ove si celebrano i riti del Potere moderno, ben lontani dai Parlamenti e dalle democrazie: i G7, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca mondiale, il Club di Parigi e quello di Davos, il “Bildeberg”. Laddove i cronisti, quand’anche ammessi, riescono unicamente a registrare le apparenze, non certo la sostanza.
Per l’autore, siamo inconsapevolmente condizionati più che governati da una nuova “Triplice intesa”, un “Asse” americano-tedesco-giapponese, dove ciascuno dei partners si muove però in maniera assolutamente autonoma. Talora sconsiderata. Gli americani che si sono già assicurati il dominio militare (e quindi il ruolo dei “gendarmi”), gestiscono in esclusiva il mercato che va dal Canada a Capo Horn, includendo l’intera America Latina, per poi allungare la loro influenza all’Africa australe e da qui al continente australiano.
Il Giappone è presentato, senza giri di parole, come “il più grande destabilizzatore mondiale”. Per imporsi nell’area del pacifico, presto anche sulla Cina, ha condotto una politica di aggressività commerciale di assoluta spregiudicatezza. Quanto alla Germania, è giudicata l’esempio di una “leadership egoistica”, che raccoglie i capitali vaganti con alti tassi di interesse per favorire la propria espansione europea.
Si potrà obiettare che questa “Yalta finanziaria” ha comunque favorito nell’ultimo decennio una crescita senza precedenti delle aree più ricche. Ma il primo prezzo lo hanno sicuramente pagato i Paesi del Terzo Mondo, più che mai frustrati in ogni tentativo di ricerca di reale autonomia: non a caso s’è registrato un diffuso ribasso nei prezzi all’origine delle materie prime, che ora coinvolge lo stesso petrolio.
Ora è in atto un brusco ridimensionamento delle stesse economie capitalistiche; favorito e voluto dalla “cupola”, ad impedire l’instaurarsi di qualsiasi forma di democrazia finanziaria. Infatti i vari crak borsistici e monetari taglieggiando il risparmio, favoriscono la concentrazione del Potere in poche mani.
Bisognerà aggiungere che nel saggio di Georges Valance non si fa che constatare la dinamica degli eventi, cercando di dare loro una logica. Molti, nell’establishment dell’Alta Finanza, l’hanno giudicata arbitraria, viziata da preconcetti e superficialità. Può essere, ma se così non fosse, ci troveremmo di fronte ad una realtà ancora più angosciante: una Finanza virtualmente “senza controllo”, priva di strategie, che ci può condurre ad una catastrofe planetaria simile a quella degli anni Trenta, senza che nessuno sia in grado di intervenire.
Preferiamo allora, anche di fronte ai fatti incontrovertibili, accettare la tesi degli “egoismi planetari”. Nella segreta speranza che un risveglio della politica, delle sue componenti di solidarismo economico, riporti la Finanza nel suo giusto alveo: essere strumento di propulsione per l’economia ma non centro di potere autonomo.
Anche Valance lascia intendere di auspicare tale soluzione, della quale però, purtroppo, non si vedono i segni. Se è vero com’è vero, che ad esempio in Europa più che alle scelte dei vari Governi legittimi, si guarda con apprensione, ogni giovedì pomeriggio, alle decisioni assunte in segreto dagli gnomi di Francoforte della Bundesbank