Libertà e persona 23 giugno 2014
Di Simone Pillon
1) Le vere ragioni di una discriminazione eterofoba.
La proposta di Renzi, riportata nei dettagli sull’Unità di ieri circa il riconoscimento legale delle convivenze omosessuali era da tempo nell’aria. Ciò che lascia interdetti è il volerlo limitare alle sole convivenze gay, senza estenderlo alle coppie eterosessuali.
Se fossi parte di una coppia convivente etero griderei subito allo scandalo e alla eterofobia, ed in effetti non vi è ragione al mondo che fermerà la Consulta dal dichiarare l’incostituzionalità della norma laddove non preveda l’estensione del riconoscimento alle coppie etero.
L’autentica discriminazione che Renzi mette in campo è tuttavia dettata da ragioni ben diverse da quelle apparenti. I più vicini al premier vi diranno che le coppie conviventi eterosessuali che vogliano veder riconosciuti i loro diritti hanno la possibilità di farlo mediante il matrimonio, ma la verità è un’altra. L’astuto presidente del consiglio non vuol replicare l’errore del governo britannico che – alcuni anni or sono – rischiò di mettere sul lastrico la previdenza sociale di Sua Maestà con il riconoscimento della rilevanza pubblica delle convivenze – omo o etero che fossero.
Capirai! Tutte le badanti che risultavano convivere con il proprio anziano di spettanza (maschio o femmina non importa) si precipitarono a chiedere i sussidi pubblici e – alla morte del “badato” – chiesero in massa la pensione di reversibilità. Cifre da capogiro costrinsero il governo inglese ad una precipitosa retromarcia, risolta con le molto più economiche nozze gay.
Ecco perché Renzi oggi propone la civil partnership solo per le coppie omo: i numeri semplicemente irrisori di coloro che ne beneficeranno non destano alcuna preoccupazione per le fragili casse dell’INPS.
Peccato però che il nostro Paese non si regga sull’INPS ma sulla famiglia così come prevista dall’art. 29 della Costituzione. Umiliare o ridicolizzare la famiglia, mettendola sullo stesso piano delle sgradevoli carnevalate di cui al gay pride di due settimane fa porterà prevedibili conseguenze sia all’istituto stesso del matrimonio sia e più ancora alla stessa tenuta sociale dell’istituto familiare. Per non parlare del fatto che il DDL prevede espressamente la possibilità di adozione – anche se per ora limitata ai figli dell’altro partner. Inoltre con la liberalizzazione della fecondazione eterologa ciascuno potrà ordinare su internet i suoi figli e farli adottare all’altro a tutti gli effetti di legge.
E quando la famiglia italiana imploderà sotto il peso dei continui attacchi, non basteranno 20 leggi di stabilità a risanare il bilancio della previdenza sociale. Con buona pace del premier, del Partito Democratico e degli italiani.
2) L’Italia della famiglia secondo Renzi
Dando un’occhiata al testo unificato del DDL (ddl nn. 14-197-239-314-909) sulle unioni civili che il governo si appresta ad emendare per poi farlo proprio ci sarebbe da mettersi a ridere, se non ci fosse da piangere… Il governo Renzi dunque – in barba all’art. 29 della Costituzione – ha deciso di modificare radicalmente l’istituto della famiglia – proponendo ai cittadini ben tre opzioni, a seconda del proprio gusto e delle proprie inclinazioni.
La prima continuerebbe ad essere la famiglia fondata sul matrimonio ma – badate bene – col divorzio breve gli impicci derivanti dal fatidico “si” potrebbero esser sbrigati nel giro di sei mesi, meno di quel che serve per prenotare una TAC.
Sarebbe poi previsto al secondo posto il “patto di convivenza” originariamente aperti anche agli etero ma che il Governo – per ragioni di bilancio – si appresta a concedere solo alle coppie omosessuali, posto che ove venissero aperti a tutti avremmo seri rischi per la tenuta dell’INPS. Ai due “pattisti” – rigorosamente gay – verrebbero esplicitamente attribuiti tutti i diritti e tutti i doveri discendenti dal matrimonio, ivi compresi i benefici fiscali, la reversibilità della pensione e l’assegno di alimenti in caso di cessazione del vincolo.
Interessante l’art. 12 che recita “La parte del patto di convivenza è considerata genitore dei figli nati in costanza del patto o che si presumano concepiti in costanza di esso”. Quindi tutti i figli nati da fecondazione eterologa di uno dei due “pattisti” – gay o lesbo che siano – sarebbero automaticamente riconosciuti come figli anche dell’altro convivente con buona pace di Adinolfi e del suo “Voglio la mamma”.
Oltre al danno anche la beffa se pensate che il “patto di convivenza” gay ha una durata di default doppia rispetto al matrimonio, visto che a norma dell’art. 6 – a meno di scioglimento consensuale “tutti gli effetti del patto di convivenza sono protratti per un anno dalla data di presentazione della domanda di cessazione”.
Al terzo posto infine, last but not least, abbiamo dall’art. 21 in poi il caravanserraglio delle cosiddette “convivenza di fatto”, riconosciute e regolate dall’ordinamento pubblico, e accessibili a tutti, ma proprio a tutti, senza neppure limiti di numero. Due o più persone, triangoli, ammucchiate, famiglie poligamiche etc. potranno veder riconosciuto pubblicamente il loro amore e potranno beneficiare di alcuni diritti, quali l’obbligo alimentare, la successione nel contratto di locazione oppure il diritto di abitazione nella casa avita.
La domanda si fa d’obbligo: Mr. President, a quando il riconoscimento delle relazioni con animali senzienti?