Teologi e scienziati a confronto dopo l’intervento di Schönborn. Tanzella-Nitti: «Negli States c’è fondamentalismo ateista». Facchini: «Parlare solo di caso non è scientifico» Galleni: «L’evoluzione è il progetto di Dio»
di Luigi Dell’Aglio
L’arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schönborn, con un intervento sul “New York Times”, entra nel vivace dibattito che divampa in Usa tra creazionisti evangelici e filosofi neodarwiniani. Il cardinale ribadisce che la Chiesa cattolica non ha mai approvato – e mai potrebbe approvare – l’idea che l’uomo sia il prodotto di una “lotteria”. E cita il passo dell’omelia di papa Benedetto XVI in cui si afferma che l’uomo non è il risultato fortuito, cioè senza senso, dell’evoluzione.
Sbaglia enormemente, secondo Schönborn, chi pensa che Giovanni Paolo II abbia riabilitato l’evoluzionismo. Nel discorso tenuto nell’ottobre 1996 alla Pontificia accademia delle Scienze, il papa affermò che la teoria dell’evoluzione poteva essere considerata «più che un’ipotesi», intendendo che la teoria può essere presa in considerazione se si limita a «determinare nei dettagli la storia della vita sulla Terra».
Il passaggio dell’intervento papale, rileva il cardinale di Vienna, va tuttavia interpretato alla luce di quanto affermato dallo stesso Giovanni Paolo II nel Catechismo della Chiesa cattolica: «Il mondo non deriva da una qualche necessità, né da un cieco destino né dal caso. È stato creato dalla sapienza di Dio». Nel suo articolo, Schönborn accusa i neodarwinisti americani di aver presentato non solo papa Wojtyla ma anche l’attuale pontefice Benedetto XVI come “evoluzionisti soddisfatti”.
Il cardinale afferma che questo suo intervento non è stato sottoposto all’approvazione degli organi superiori in Vaticano. Ma aggiunge di aver parlato di evoluzione ed evoluzionismo con il cardinale Joseph Ratzinger «alcune settimane prima che diventasse papa, concordando che era necessaria una dichiarazion e più esplicita circa l’opinione della Chiesa» su questa delicata materia.
Schönborn dice anche che la teoria dell’evoluzione (bandita in Usa dalle scuole in alcuni Stati, su richiesta dei movimenti evangelici creazionisti) può essere insegnata ai ragazzi a condizione che venga presentata come «una delle tante teorie che spiegano la storia della vita sulla Terra».
L’evoluzione è compatibile con la creazione, perché la creazione sta nel fondamento stesso della storia, e dunque anche dell’evoluzione. Non lo è – ed è perciò inconciliabile con la fede – un evoluzionismo che diventa visione filosofica, che estrapola e radicalizza la visione scientifica dell’evoluzione per affermare che dietro l’evoluzione non c’è alcun progetto né intelligenza creatrice: tutto avverrebbe a caso perché nel fondamento di questo mondo e della storia «non c’è nessuno».
Per il professor Giuseppe Tanzella-Nitti, ordinario di Teologia fondamentale alla Pontificia università della Santa Croce, il dibattito su creazione ed evoluzione, così come si è sviluppato negli Stati Uniti, rischia invece di apparire «sterile e non rappresentativo» e di mettere in disordine le carte (e le idee).
«Quanto sta avvenendo in alcuni ambienti americani si spiega con lo scontro fra una interpretazione fondamentalista e letteralista della Scrittura – sostenuta da correnti minoritarie di Chiese riformate – e una visione scientifica, vestita però di radicalismo filosofico. Secondo la prima, Dio avrebbe creato tutte le specie animali una per una; per la seconda, la sola chiave per capire il mondo è vederlo come risultato di trasformazioni casuali, senza alcuna finalità.
È bene dire subito che la fede cristiana (in modo particolare quella che si rifà a una interpretazione della Sacra Scrittura oggi conservata dalla tradizione cattolica, di per sé non letteralista e sempre attenta al contributo della tradizione e della teologia), non ha mai avuto necessità di affermare la creazione immediata delle specie dei vive nti. Sarebbe un’assurdità storica, oltre che scientifica».
Che cosa fare dei fossili che ci descrivono un mondo di viventi diverso da quello che conosciamo? E ci sarebbe stato posto nell’Arca di Noè per tutte le specie di animali? «Il cristianesimo, che ha cercato fin dalle sue origini di mostrarsi rispettoso della ragione, ha già dato una risposta a questi interrogativi. E, per il teologo, i dati scientifici certi sono una fonte di conoscenza tanto quanto la Sacra Scrittura, perché appartengono alla ragione» spiega il teologo.
Perciò il creazionismo (Dio creerebbe tutto simultaneamente) non ha nulla a che vedere con la verità della creazione. Il mondo dipende in tutto da un Creatore, «che lo ha posto in essere con le sue leggi e i suoi tempi, e lo sostiene in ogni istante». Qualsiasi forma non ideologica di evoluzione non potrà mai contraddire questa verità, secondo Tanzella-Nitti. Per svilupparsi ed evolversi, infatti, occorre che il mondo esista, e dunque venga creato.
«Non dimentichiamo poi che evolvere significa letteralmente “lo svolgersi di un rotolo”, ovvero di un libro. Immagine non lontana da quella, di origine prettamente cristiana, della natura come libro scritto da Dio al pari della Scrittura, un libro le cui pagine sarà l’evoluzione, appunto, a dover sfogliare nel tempo».
Quindi – sottolinea il teologo – il fatto che dietro questo mondo ci sia l’intenzionalità creatrice di un Dio provvidente non può essere smontato da alcuna teoria scientifica, ma solo avversato da una posizione filosofica ideologicamente atea. Ergo, fotocopiare il dibattito fra creazionismo ed evoluzionismo per accendere il confronto fra creazione ed evoluzione è semplicemente un non senso. «Le due coppie di termini vogliono dire cose profondamente diverse».
L’intervento del cardinale Schönborn va letto in questa ottica, dice Tanzella-Nitti. «L’arcivescovo di Vienna ribadisce quanto è pacificamente posseduto dalla fede e inattaccabile dalla scienza. La specie biologica umana può tr anquillamente derivare da specie biologiche inferiori, ma sostenere che ciò sia il puro risultato del caso non è ammissibile, per chi crede nella creazione. Per il semplice fatto che il caso e l’assenza di progetto non sono una conclusione scientifica».
E poi va fatta una distinzione tra Darwin e il darwinismo. La posizione oggi attribuita a Darwin (evoluzione in totale assenza di finalità) va probabilmente assai al di là delle intenzioni dello scienziato inglese. Lo stesso Darwin – nota il teologo – al termine de L’origine delle specie (1859), lodava Dio affermando esservi «qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con i suoi diversi poteri, originariamente impressi dal Creatore in poche forme o in una forma sola».
E ancora nel 1860 scriveva al suo amico biologo Asa Gray: «Sono propenso a guardare ad ogni cosa come al risultato di leggi progettuali, e a pensare che i dettagli, siano essi buoni o cattivi, risultino invece da ciò che noi possiamo chiamare caso… Non posso pensare che il mondo, così come noi lo vediamo, possa essere il risultato del caso» [in Francis Darwin, Life and Letter of Charles Darwin, London 1887, p. 312].
Anche secondo il paleoantropologo dell’università di Bologna, Fiorenzo Facchini, si porta fuori dal terreno scientifico il riduzionismo di chi nega un disegno generale dell’evoluzione, «che non può essere negato, perché è suggerito dall’osservazione delle cose, anche se sul piano empirico non si possono dimostrare i modi in cui si è realizzato». Darwin ha individuato nella selezione naturale un modello interpretativo.
Ma molti scienziati, che pure sono evoluzionisti convinti, non ritengono sufficiente il modello fondato sulle mutazioni genetiche e sulla selezione operata dall’ambiente. Secondo loro non può spiegare la formazione delle grandi direzioni evolutive realizzatesi in tempi piuttosto brevi. Potrebbe aver giocato un concorso di mutamenti genetici e ambientali favorevoli allo sviluppo della vita, fino alla comparsa dell ‘uomo.
Ciò che può apparire casuale risponde a un disegno superiore, “presente nella mente di Dio”. Il punto nodale è : chi sta prima di tutto? Dio non può ridursi né a un orologiaio che dà la carica né a uno spettatore di eventi a lui estranei. «Dio vuole il mondo, lo guida e lo sostiene con proprie leggi e meccanismi, secondo i suoi progetti» afferma Facchini.
Ma che cos’è l’evoluzione per la scienza? Una ricostruzione, il risultato di una ricerca storica, «altrettanto provata quanto l’esistenza dell’Impero romano», sostiene il professor Ludovico Galleni, che all’università di Pisa è ordinario di Zoologia ed evoluzione biologica. La Bibbia racconta la storia dell’umanità in movimento «verso l’Alleanza, la Redenzione e la Salvezza»; l’evoluzione ci mostra come la materia e la vita si muovano verso la complessità, lo sviluppo del cervello e poi l’uomo. E i due cammini tendono a fondersi insieme. Galleni sostiene addirittura che l’evoluzione, se correttamente intesa, non è un attacco alla teologia perché anzi paradossalmente fornisce la chiave di volta per capire meglio il progetto di Dio sull’uomo. Ma dov’è il punto delicato della teoria?
Quando, nelle sue formulazioni ideologiche, finisce per presentare come casuale il rapporto tra mutazione e selezione. Mutazioni e selezione, due catene di cause, si congiungono. Per i filosofi atei (non per gli scienziati in quanto tali) della schiera neodarwinista, l’incontro avviene per caso (Jacques Monod dirà che l’uomo è un numero fortunato, uscito nella lotteria della vita); per gli scienziati credenti, per esempio per il genetista Dobzansky, che pure era un seguace di Darwin, «l’evoluzione è il muoversi verso la città di Dio».