Articolo pubblicato su il Giornale
5 marzo 2004
di Massimo Introvigne
Che cosa c’è dietro le bombe lanciate contro gli sciiti in Irak? Le vecchie faide fra sciiti e sunniti sono solo parte della storia, e anche la griglia di lettura che vede gli sciiti – cioè il sessanta per cento degli iracheni – divisi in «moderati» e «fondamentalisti» non è sufficiente.
Si possono distinguere tre correnti del mondo sciita iracheno. La prima, conservatrice, è «pre-khomeinista», cioè non accetta la peculiare impostazione di Khomeini del rapporto fra religione e politica, e ritiene l’islam sciita compatibile con una pluralità di regimi, purché siano garantite la libertà religiosa, il ruolo delle gerarchie sciite e alcuni valori di carattere morale.
Principale esponente di questa corrente era l’ayatollah ‘Abdul Majid Khoi (1962-2003), figlio del «grande ayatollah» (cioè della massima autorità del mondo sciita) ‘Abdul Qasim Khoi (1905-1992). Appena rientrato da Londra – dove era stato un interlocutore cruciale per Blair nel corso della guerra – Khoi è stato assassinato a Najaf. Si ritiene che le sue idee esercitino una certa influenza sull’attuale «grande ayatollah» ‘Alî Sistani, già allievo di suo padre e guida morale delle manifestazioni degli sciiti che chiedono elezioni in tempi rapidi.
L’ala fondamentalista «radicale», guidata da Mukhtada al Sadr, figlio di quell’ayatollah Mohammed Baqir al-Sadr (1935-1980) assassinato da Saddam e che è stato a suo tempo uno dei principali ideologi della rivoluzione iraniana, è in crescita specialmente tra i giovani, chiede per l’Irak un regime rigorosamente khomeinista, ed è con ogni probabilità responsabile dell’attentato contro Khoi.
Nell’area fondamentalista, ma «neo-tradizionalista» e decisamente ostile al terrorismo, si colloca la maggior parte dello SCIRI (Supremo Consiglio della Rivoluzione Islamica in Irak). Anche questo gruppo è legato all’Iran, ma adotta un’interpretazione meno dogmatica del khomeinismo. Pure il leader dello SCIRI, l’ayatollah Mohammed Bagher al-Hakim (1939-2003) – anche lui figlio di un «grande ayatollah» – è stato ucciso il 29 agosto 2003, in un attentato in cui sono morte oltre ottanta persone, ed è stato sostituito dal fratello ‘Abdulaziz al-Hakim.
Assieme all’altro partito fondamentalista Da‘wa (sciita, ma con una rilevante componente minoritaria sunnita), che si era a suo tempo distinto per un maggiore attivismo nei tentativi di rovesciare il regime di Saddam, anche attraverso attentati terroristici, lo SCIRI potrebbe essere in grado di conquistare la maggioranza (con l’eccezione delle zone curde del Nord) nelle future elezioni irachene.
È inutile sognare per l’Iraq democratico una maggioranza «laica» o «progressista», che non c’è nell’elettorato sciita a sua volta maggioritario nel paese. Il meglio che l’Occidente si può aspettare da future elezioni – che possono essere rimandate, ma non evitate né controllate – è l’emergere di una coalizione di fondamentalisti «neo-tradizionalisti» e di conservatori religiosi.
Perché questa coalizione non si formi, e l’alternativa sia fra i fondamentalisti radicali e il caos, l’ala più estrema del fondamentalismo iracheno – e la rete internazionale di al Qaida – stanno lanciando le loro bombe.