Tradizione Famiglia Proprietà n.69
giugno 2016
Il “socialismo del secolo XXI” latinoamericano sta crollando, paese dopo paese, ripudiato da quello stesso popolo che esso affermava di servire. Enigmaticamente, però, una certa sinistra cattolica si ostina nell’appoggiarlo. È come se qualcuno fosse così stregato dalla propria fidanzata, che vi resta abbracciato anche dopo la sua morte prematura…
di Julio Loredo
Come in un domino, il “socialismo del secolo XXI” latinoamericano sta crollando, paese dopo paese, ripudiato da quello stesso popolo che esso affermava di servire. Stufi di tanta miseria, corruzione e agitazione sociale, i latinoamericani stanno mandando a casa, per vie elettorali, i vari regimi “populisti” fino a ieri sbandierati come l’onda del futuro. I commentatori parlano di un”‘ondata conservatrice” che percorre il continente.
L’attuale panorama latinoamericano è, dunque, assai chiaro, eccetto che in un punto fondamentale, che resta enigmatico come l’effigie di Giza: l’appoggio che, nonostante tutto, una certa sinistra cattolica si ostina a dare a regimi ormai moribondi, o già morti e in putrefazione. È come se qualcuno fosse così stregato dalla propria fidanzata, che vi resta abbracciato anche dopo la sua morte prematura…
Il perfetto compagno di viaggio
La fiammata rivoluzionaria degli anni 1960-1980, che portò l’estrema sinistra al potere in alcuni paesi latinoamericani, aveva contato sull’appoggio decisivo della cosiddetta “Teologia della liberazione”. Questa non faceva segreto delle proprie intenzioni: instaurare il socialismo e il comunismo ovunque possibile, mascherandolo da “Regno di Dio sulla terra”. A volte come protagonista, a volte come compagno di viaggio, il movimento della Teologia della liberazione partecipò a tutte le cause rivoluzionarie dell’epoca, apportandovi l’importante supporto dei cattolici.
Nel l’avversare l’ordine tradizionale, si associava poi la cosiddetta “Teologia del popolo”, di matrice argentina. Pur rigettando il marxismo, questa teologia proponeva tuttavia schemi ugualitari e rivoluzionari che poco si discostavano da quelli proposti dalla sua più nota “cugina”.
Nel 1984, un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede condannava esplicitamente la Teologia della liberazione. Poco dopo, il crollo del socialismo reale, con il contestuale abbandono del marxismo, portò questa corrente a un lungo declino. Ovunque cominciarono a trionfare schemi del tutto opposti, producendo un benessere generalizzato e facendo sì che diversi Paesi latinoamericani potessero accedere alla categoria di “potenze emergenti”. L’America Latina sembrava aver esorcizzato i demoni del socialismo populista
Una nuova stagione rivoluzionaria
Allo scoccare del nuovo secolo, però, l’ascesa di Hugo Chàvez in Venezuela, di Fernando Lugo Paraguay, di Luiz Inàcio “Lula” da Silva e poi di Dilma Rouseff in Brasile, dei coniugi Kirchner in Argentina, di Rafael Correa in Ecuador, di Evo Morales in Bolivia, di Daniel Ortega in Nicaragua e altri, fece balenare il miraggio di una nuova stagione rivoluzionaria nel continente. Evitando la parola “comunismo”, si cominciò a parlare di “populismo”, di “bolivarianismo”, di “socialismo del secolo XXI”. E la sinistra cattolica cominciò di nuovo a esultare.
Questi regimi non nascondevano la loro predilezione per la dittatura marxista cubana, che nel frattempo era passata dalle mani di Fidel Castro a quelle del fratello Raul.
Coincidenza o meno, anche la Teologia della liberazione ebbe un’inaspettata risurrezione in ambienti di Chiesa, perfino altolocati. Si cominciò a parlare dello “sdoganamento” di questa corrente rivoluzionaria, al punto che padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha potuto dichiarare: “Ormai la Teologia della liberazione è entrata a far parte della vita della Chiesa”
Il sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, ritenuto il “padre fondatore” della Teologia della liberazione, è stato ricevuto due volte in udienza da Papa Francesco, e ha avuto l’onore di presentare i suoi ultimi libri in Italia insieme a diversi cardinali della Curia Vaticana.
Il “fattore Francesco”
Ha contribuito senz’altro alla nuova stagione, anche se un po’ tardivamente, l’elezione, nel marzo 2013, del primo Papa latinoamericano, che non nasconde le sue simpatie per le correnti populiste, specie per il peronismo argentino.
Nel primo anno del suo pontificato, quasi tutti i leader della sinistra latinoamericana, compreso Raúl Castro, sono stati ricevuti in udienza, con non pochi segni di cordialità e vicinanza, fatto ampiamente glossato dagli organi di propaganda dei vari regimi. L’argentina Cristina Kirchner, per esempio, è stata ricevuta ben tre volte.
Nell’ottobre 2014, organizzato dal Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e col deciso sostegno di Papa Francesco che vi partecipò, si è tenuto in Vaticano un “Incontro mondiale dei Movimenti popolari”, con l’intervento di movimenti populisti latinoamericani ed europei. L’Italia era rappresentata dal Centro sociale Leoncavallo. Ospite d’onore, il presidente boliviano Evo Morales, figura di riferimento del cosiddetto “socialismo indigeno”, con cui il Pontefice ha avuto un incontro amichevole. E lui, lo ricordiamo, che pochi mesi dopo regalerà al Pontefice un Crocefisso con la falce e il martello.
Nel suo intervento, Papa Francesco esortò i presenti: “Andate avanti con la vostra lotta, cari fratelli e sorelle! “.
Uno degli organizzatori, il brasiliano Joào Pedro Stédile, leader del Movimento dos Sem-Terra, di orientamento marxista, dichiarò: “Il Papa ha dato un grande contributo con un documento irreprensibile, più a sinistra di molti di noi. Noi marxisti lottiamo insieme al Papa per fermare il diavolo del capitalismo”. Stédile si augurava che dall’incontro in Vaticano potesse nascere “uno spazio internazionale dei movimenti popolari nel mondo “.
Pochi mesi dopo, durante un viaggio in America del Sud, Papa Francesco fece tappa a Santa Cruz de la Sierra, Bolivia, per partecipare di nuovo al “Incontro mondiale dei Movimenti popolari”. E anche questa volta esortò i militanti della sinistra: “Continuate con la vostra lotta! “. Più di un commentatore ha manifestato la preoccupazione che questi interventi potessero essere interpretati come un tentativo di far rivivere la sinistra populista, già allora in crisi
“Non so cosa dire… “
Il tentativo, però, sembra non aver portato i frutti agognati. La barca della sinistra populista latinoamericana ormai fa acqua da tutte le parti. E l’ondata conservatrice si fa sempre più forte.
Di fronte al crollo del progetto populista – orfano di appoggio popolare – la reazione della sinistra cattolica è stata di aggrapparsi ai regimi moribondi. Per esempio, fra i pochi a difendere a spada tratta il traballante governo del Partito dei Lavoratori in Brasile, vi è il teologo della liberazione fra Betto. In Perù, il movimento della Teologia della liberazione ha appoggiato la candidata della sinistra, Verónika Mendoza, arrivata solo al terzo posto alle recenti elezioni politiche, staccata da più di venti punti dai due candidati del centro-destra.
Più recentemente, Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, uno degli ultimi populisti rimasti in carica, è stato invitato in Vaticano per tenere una conferenza sull’enciclica “Centesimus Annus” di Giovanni Paolo II. Ha dovuto interrompere la visita in fretta e furia, a causa del terribile terremoto che ha colpito il suo Paese proprio mentre era a Roma. Per ora, Papa Francesco sembra disorientato. Nel viaggio di ritorno dall’America del Sud, un giornalista colombiano gli ha rivolto una domanda piuttosto diretta. Ecco lo scambio:
Giornalista: In questa occasione vorrei farLe una domanda particolare. E un argomento specifico che ha a che fare con un cambiamento politico in America Latina, compresa l’Argentina, il Suo Paese, nel quale c’è ora il signor Macri dopo dodici anni di “kirchnerismo”. Il continente sta cambiando. Che cosa pensa di questi cambiamenti e della nuova direzione della politica latinoamericana, del Continente dal quale Lei stesso proviene?
Papa Francesco: Io ho sentito qualche opinione, ma davvero di questa geopolitica, in questo momento non so cosa dire, davvero. Davvero, non so. Perché, ci sono problemi in parecchi Paesi su questa linea, ma davvero non so perché come è incominciato, non so perché. Davvero. Che ci sono parecchi Paesi latinoamericani in questa situazione un po’ di cambiamento, questo è vero, ma non so spiegarlo.
I veri amici del popolo
“I veri amici del popolo sono i tradizionalisti “, scrisse Papa s. Pio X. “I veri amici del popolo sono gli anti-populisti “, potremmo dire noi. Ovunque il popolo – quello vero – sta rigettando il socialismo del secolo XXI. Saprà la sinistra cattolica cogliere i segni dei tempi?
La caduta del “socialismo del secolo XXI”
Argentina: dopo dodici anni di disastroso “kirchnerismo” (prima con Néstor Kirchner e poi con la moglie Cristina), nel novembre 2015 gli elettori argentini hanno scelto il candidato dell’opposizione, Mauricio Macri, con la chiara intenzione di voltare pagina. “La vittoria di Macri sgonfia il populismo – titolava un quotidiano online di Buenos Aires – questo suppone un durissimo colpo al peronismo e al kirchnerismo “.
Venezuela: meno di un mese dopo, il popolo venezuelano voltò le spalle al regime “bolivariano” inaugurato da Hugo Chàvez. In uno storico risultato, l’opposizione riuscì a stravincere le amministrative, passando quindi a controllare con maggioranza assoluta il Parlamento. “Il risultato suppone uno schiaffo monumentale per il presidente Nicolás Maduro – commentava il noto quotidiano di Madrid El País – e suppone un colpo alla rivoluzione bolivariana e al socialismo del secolo XXI, che soffre la sua seconda sconfìtta in due settimane, dopo la vittoria di Macri alle presidenziali in Argentina “.
Bolivia: ancora qualche settimana, ed ecco che il popolo boliviano pronuncerà un “NO” secco al tentativo del presidente Evo Morales, rappresentante del cosiddetto “socialismo indigeno”, di ottenere il quarto mandato consecutivo. Sottomesso a referendum, l’esito è stato sfavorevole a Morales, segnando così l’inizio della fine della sua carriera politica.
Brasile: il Partito dei Lavoratori (PT) aveva preso il potere nel 2003. In appena dodici anni -prima con Luiz Inácio “Lula” da Silva e poi con Dilma Rousseff- il populismo pietista ha ridotto il Brasile da settima potenza economica mondiale a paese in recessione. Facendosi eco alle oceaniche manifestazioni popolari di protesta, il Parlamento ha approvato una procedura di impeachment nei confronti di Rousseff, aprendo così la via per l’estromissione del PT dal potere. “Il PT sta morendo – ha scritto un opinionista brasiliano – la sua fine è vicina”.
Perù: dopo cinque anni di governo di sinistra, il presidente Ollanta Humala ha visto sfumare il tentativo di imitare i coniugi Kirchner, facendo eleggere la moglie come successore. Il primo turno delle presidenziali ha conferito un’ampia maggioranza ai candidati del centro-destra. La concorrente della sinistra, Verónika Mendoza, è arrivata solo al terzo posto, staccata da più di venti punti. Col titolo “Il conservatorismo va dì moda “, un noto giornalista di sinistra ha commentato: “Ci si domanda se non esista l’intento di trasformare il Perù nell’epicentro conservatore più grande dell’America Latina “.
Cile: la presidente socialista, Michelle Bachelet, che aveva promesso una “rivoluzione totale”, ha visto l’indice di approvazione calare al 19%, mentre quello di rigetto è schizzato al 72%. Probabilmente Bachelet finirà il suo mandato costituzionale, ma la sua rivoluzione sembra proprio finita.
Colombia: il presidente Juan Manuel Santos si è imbarcato in una politica di “dialogo” con la guerriglia comunista delle FARC, cercando con loro un accordo che, in pratica, lascerebbe nelle loro mani intere provincie. Questa politica arrendevole nei confronti del comunismo è rigettata dall’80% dei colombiani. L’indice di approvazione di Santos è crollato al 9%, il più basso della storia