Abstract: Adozioni gay e l’ordinamento giuridico italiano. E’ discutibile l’ emendamento approvato il 30 marzo 2022 dal Parlamento Europeo inserito al n. 10, alla proposta di Risoluzione sullo Stato di diritto nell’Ue che «condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali».
NT+Diritto – Sole24Ore 31 Marzo 2023
Filiazione omogenitoriale, le istanze del Parlamento UE
trovano fondamento nell’ordinamento italiano?
di Giancarlo Cerrelli*
La Risoluzione del Parlamento Europeo che ha condannato l’Italia
Il Parlamento Europeo ha approvato il 30 marzo 2022, per alzata di mano, in plenaria a Bruxelles, un emendamento, inserito al n. 10, alla proposta di Risoluzione sullo Stato di diritto nell’Ue che «condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali».
Il Parlamento Europeo, si legge ancora nell’emendamento, «ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989; esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia; invita il Governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione».
La Risoluzione è priva di conseguenze giuridiche per l’Italia
Come è noto la risoluzione è un atto privo, in linea generale, di efficacia vincolante per i destinatari, peraltro, su una materia riservata a ogni Stato membro, qual è il diritto di famiglia.
Come mai riteniamo tale risoluzione ingiustificata?
Per ciò che proveremo a spiegare di seguito, facendo un breve excursus dei fatti accaduti, che hanno propiziato la risoluzione e rendendo, inoltre, evidente come la Circolare del Ministero dell’Interno e quella del Prefetto di Milano sono da annoverare quali atti dovuti
Esaminiamo il perchè. Come riportato in un nostro precedente articolo (La filiazione omogenitoriale tra il rispetto dell’ordine pubblico e il miglior interesse del minore ) il Prefetto di Milano, su indicazione del Viminale, ha diffidato, nei giorni scorsi, con circolare, il Comune meneghino a non trascrivere gli atti di nascita di provenienza straniera in cui figurano come genitori i membri di una coppia omosessuale.
La Circolare del Ministero dell’Interno
Il Prefetto di Milano, invero, ha semplicemente dato seguito alla Circolare del Ministero dell’Interno del 19 gennaio 2023, n. 3/2023 , che, aveva comunicato a tutti i Prefetti italiani e agli Enti interessati, l’orientamento da tenere – dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, n. 38162, del 30 dicembre 2022 – circa la trascrivibilità in Italia di provvedimenti giudiziari stranieri e di atti di nascita formati all’estero, che indicano quale genitore il padre d’intenzione del bambino nato da gestazione per altri.
Il Ministero dell’Interno con la Circolare n. 3/2023 ha, infatti, opportunamente, dato comunicazione a tutti i Prefetti – pregandoli di farne stato, a loro volta, a tutti i Sindaci d’Italia – su quale comportamento tenere a seguito dell’importante sentenza della Cassazione n. 38162/2022, circa le suddette trascrizioni; a tal uopo, nel contenuto della Circolare è stata inserita la parte della sentenza della Cassazione, che detta le regole in materia, avente il seguente tenore:
“la pratica della gestazione per altri, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; ciò esclude la automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero, e “a fortiori” dell’originario atto di nascita, nel quale sia indicato quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, oltre al padre biologico, anche se l’atto di nascita è stato formato in conformità della “lex loci”; che, nondimeno, anche il bambino nato ricorrendo alla gestazione per altri ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale, e che l’ineludibile esigenza di assicurargli i medesimi diritti degli altri bambini è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 de/1983, in quanto, allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, l’adozione rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello “status” di figlio, al legame di fatto con il “partner” del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita.”
La Circolare Ministeriale ha, in conclusione, intimato ai destinatari di dare “puntuale ed uniforme osservanza degli indirizzi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni Unite negli adempimenti dei competenti uffici“.
La Circolare del Prefetto di Milano
In tale ottica, il Prefetto di Milano ha comunicato doverosamente le indicazioni del Ministero e per mezzo di una Circolare diretta al Sindaco di Milano, ha precisato che:
“alla luce del divieto per le coppie composte da soggetti dello stesso sesso di accedere a tecniche di procreazione medicalmente assistita, il solo genitore che abbia un legame biologico con il nato può essere menzionato nell’atto di nascita che viene formato in Italia. Parimenti esclusa è la trascrizione di atti di nascita formati all’estero riconducibili alla fattispecie della maternità surrogata“.
La Prefettura ha, dunque, anche esteso il divieto di trascrizione dell’atto di nascita di bambini nati all’estero per mezzo di fecondazione assistita e riportante due donne come genitori; ciò è stato deciso «in ragione dell’assenza di indicazioni normative», tuttavia, la Prefettura ha chiesto, in merito, un parere all’Avvocatura dello Stato.
Le proteste del mondo LGBTIQA+ e la disobbedienza dei sindaci
Il provvedimento del Prefetto ha innescato, come è noto, proteste da parte del mondo LGBTIQA+ e anche da parte di alcuni Sindaci di importanti Comuni italiani, che hanno deciso di “disobbedire” “procedendo, nell’esclusivo interesse dei minori, alle trascrizioni integrali dei certificati di nascita costituiti all’estero con due mamme non riconducibili a una gestazione per altri“. Tali proteste sono state portate fino a Bruxelles, per propiziare la detta risoluzione del Parlamento Europeo.
A questo punto, sorgono due punti di domanda:
- è conforme alla legge e alla giurisprudenza la decisione dei sindaci disobbedienti?
- qual è la tutela da dare ai figli nati dal desiderio di persone dello stesso sesso?
La maternità surrogata è contraria all’ordine pubblico
Non c’è alcun dubbio che, come abbiamo già ribadito qui , essendo la pratica della maternità surrogata – come afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38162/2022 – contraria all’ordine pubblico, lo è, pertanto, anche, la trascrivibilità automatica del provvedimento straniero di attestazione della genitorialità avente origine da una maternità surrogata; infatti, è riconosciuto il carattere di norma di ordine pubblico internazionale all’articolo 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 , che considera fattispecie di reato ogni forma di maternità surrogata, con sanzione rivolta a tutti i soggetti coinvolti, compresi i genitori intenzionali.
La Cassazione, infatti, nella sentenza a Sezioni Unite n. 38162/2022, specifica che in tal modo “si pone l’esigenza di salvaguardare i principi ispiratori dell’ordinamento giuridico italiano in una materia di rilevante sensibilità sul piano etico, che mette in gioco il valore fondamentale della dignità umana, alla quale è preordinato il divieto di ricorso alla maternità surrogata posto da una legge della Repubblica. Nella gestazione per altri non ci sono soltanto i desideri di genitorialità, le aspirazioni e i progetti della coppia committente. Ci sono persone concrete. Ci sono donne usate come strumento per funzioni riproduttive, con i loro diritti inalienabili annullati o sospesi dentro procedure contrattuali. Ci sono bambini esposti a una pratica che determina incertezze sul loro status e, quindi, sulla loro identità nella società.”
La sanzione penale di cui alla L. n. 40 del 2004, articolo 12, comma 6, esprime per tali motivi l’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento attribuisce alla surrogazione di maternità; pertanto, la L. n. 40 del 2004, articolo 12, comma 6, esprime l’esigenza di porre un confine al desiderio di genitorialità ad ogni costo, che pretende di essere soddisfatto attraverso il corpo di un’altra persona utilizzato come mero supporto materiale per la realizzazione di un progetto altrimenti irrealizzabile.
Parafrasando le affermazioni della Suprema Corte, è possibile, dunque, sostenere, che non ogni desiderio può diventare diritto, se lede la dignità dei più piccoli.
La condanna della maternità surrogata da parte del Parlamento Europeo e dalla Corte europea dei Diritti Umani
Dopotutto la condanna di “qualsiasi forma di maternità surrogata a fini commerciali” era stata espressa anche dal Parlamento Europeo nella propria risoluzione del 13 dicembre 2016 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione Europea nel 2015, ma anche dalla Grande Camera, il massimo organo giurisdizionale della Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza depositata il 24 gennaio 2017 (CASE OF PARADISO AND CAMPANELLI v. ITALY – ricorso n. 25358).
In tale sentenza la Grande Camera ha stabilito un principio importante, ossia la competenza esclusiva degli Stati nel fissare le regole sull’attribuzione di effetti giuridici ai legami tra genitori e figli. Con la conseguenza che, in forza di tale competenza, nell’ambito del proprio potere di apprezzamento, lo Stato può decidere di tutelare solo i vincoli frutto di legami biologici o di adozione, escludendo ogni riconoscimento per i rapporti derivanti dalla pratica dell’utero in affitto.
La trascrizione dei certificati di nascita costituiti all’estero con “due mamme non riconducibili a una gestazione per altri” trova fondamento nel nostro ordinamento?
Se come abbiamo notato non sorgono problemi interpretativi sul divieto di trascrizione di atti di nascita formati all’estero riconducibili alla fattispecie della maternità surrogata, rimane da valutare, alla luce della legislazione vigente e della giurisprudenza, se la “disobbedienza” di quei sindaci che hanno deciso di “trascrivere integralmente i certificati di nascita costituiti all’estero con due mamme non riconducibili a una gestazione per altri” trova fondamento nel nostro ordinamento.
È da evidenziare in primo luogo che il diniego di riconoscibilità del rapporto di genitorialità omosessuale deve essere vagliato alla luce non solo delle norme dettate dall’ordinamento dello stato civile, le quali non consentono di indicare altra figura genitoriale, oltre alla madre, che non sia il padre (cfr. art. 250 c.c.), ma anche di quelle di diritto internazionale privato: il D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 7, infatti, esercitando la delega del comma 28, lett. b), L. n. 76/2016, sulle unioni civili, non ha espressamente previsto alcuna modifica in merito e nemmeno per quanto concerne la L. n. 218/1995, cosicché è inibito alla Pubblica Amministrazione di provvedere alla richiesta di riconoscimento di atti di nascita, o di provvedimenti formati all’estero, vietando, altresì, qualsiasi comportamento discrezionale dell’ufficiale di stato civile.
L’ufficiale di stato civile è vincolato alla legge nella tenuta dei registri
La giurisprudenza di legittimità, d’altra parte, è ferma nell’escludere che possa in Italia formarsi un atto di nascita contente l’indicazione di due madri. L’ufficiale di stato civile, infatti, è vincolato alla legge nella tenuta dei registri, cosicché non può darsi corso alla redazione di un atto di nascita che menzioni due madri, poiché tanto le leggi in materia di p.m.a. (art. 5 l. 104/2004.) quanto le norme dello stato civile (implicitamente, ma chiaramente) postulano che una sola persona ha diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita.
Le Corti vietano forme di genitorialità svincolate dal rapporto biologico
Secondo la Cassazione è, infatti, legittimo il diniego dell’ufficiale di stato civile di rettificare il certificato di nascita di un minore con l’indicazione di entrambe le madri in quanto non è consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità, svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio oppure riconosciuto. La Legge n. 40 del 2004 non consente un’interpretazione estensiva con riferimento ai soggetti che possono accedere alle tecniche di p.m.a., essendo escluso il ricorso alle predette tecniche alle coppie omosessuali (cfr. Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Ordinanza 4 aprile 2022 n. 10844 ).
Corte Costituzionale: la famiglia ad instar naturae è il “luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato
Anche la Corte Costituzionale si è espressa in tal senso, dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 20, l. 20 maggio 2016, n. 76 e dell’art. 29, comma 2, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, censurati per violazione degli artt. 2, 3, commi 1 e 2, 30 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 24, par. 3, CdfUe, agli artt. 8 e 14 Cedu e alla Convenzione sui diritti del fanciullo, nella parte in cui non consentono la formazione di un atto di nascita in cui vengano indicati come genitori due donne tra loro unite civilmente e che abbiano fatto ricorso (all’estero) alla procreazione medicalmente assistita.
La scelta operata dal legislatore, infatti, sottende l’idea, non arbitraria o irrazionale, che una famiglia ad instar naturae — due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile — rappresenti, in linea di principio, il “luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato, e tale scelta non viola gli artt. 2 e 30 Cost., perché l’aspirazione della madre intenzionale ad essere genitore non assurge a livello di diritto fondamentale della persona.
A sua volta, l’art. 30 Cost. non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli e la libertà e volontarietà dell’atto che consente di diventare genitori non implica che possa esplicarsi senza limiti. Inoltre, la circostanza che esista una differenza tra la normativa italiana e le molteplici normative mondiali è un fatto che l’ordinamento non può tenere in considerazione, né diversamente rilevano le richiamate fonti europee, poiché sia la CdfUe sia la Cedu, in materia di famiglia, rinviano in modo esplicito alle singole legislazioni nazionali e al rispetto dei principi ivi affermati. (cfr. Corte Costituzionale Sentenza 4 novembre 2020, n. 230 ).
La Cassazione afferma che “una sola persona ha diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita”
La Cassazione ha, peraltro, ribadito, che nel nostro ordinamento, una sola persona ha diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita, in virtù di un rapporto di filiazione che presuppone il legame biologico e/o genetico con il nato; pertanto, il divieto di doppia maternità si applica agli atti di nascita formati o da formare in Italia, a prescindere dal luogo dove sia avvenuta la pratica fecondativa. (cfr. Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 3 aprile 2020 n. 7668 ).
È da annoverare anche un’altra sentenza della Corte Costituzionale che ha evidenziato che la L. n. 40 del 2004, prevede che alle tecniche di procreazione medicalmente assistita possano accedere soltanto coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, non consentendo, dunque, l‘accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali . (cfr. Corte cost., 23 ottobre 2019, n. 221 )
La giurisprudenza delle Corti
La giurisprudenza delle Corti è unanime nell’affermare che non è accoglibile la domanda di rettificazione dell’atto italiano di nascita tesa ad ottenere l’indicazione, in qualità di madre del bambino, non solo di quella che lo ha partorito, ma anche della donna a colei legata da stabile relazione affettiva
È da rilevare, comunque, che la costante giurisprudenza di legittimità afferma senza equivoci e in modo granitico, che qualora il minore sia nato in Italia e concepito mediante l’impiego di tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo praticate all’estero, non è accoglibile la domanda di rettificazione dell’atto italiano di nascita tesa ad ottenere l’indicazione, in qualità di madre del bambino, non solo di quella che lo ha partorito, ma anche della donna a colei legata da stabile relazione affettiva, poiché in contrasto con l’art. 4 c. 3 della L. n. 40 del 2004 che esclude il ricorso alle tecniche di PMA da parte di coppie dello stesso sesso, non essendo consentite, al di fuori dei casi previsti dalla legge, forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto ( cfr. Cass. n. 7668/2020, Cass. n. 8029/2020 , Cass. n. 7413/2022; Cass. 10844/2022; Cass. 6383/2022).
Anche la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha affermato che una legge nazionale che riservi l’inseminazione artificiale a coppie eterosessuali sterili attribuendone una finalità terapeutica non può essere considerata fonte di una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle coppie omosessuali, rilevante agli effetti degli articoli 8 e 14 CEDU: ciò, proprio perché la situazione delle seconde non è paragonabile a quelle delle prime. (cfr. Corte E.D.U., sent. 15 marzo 2012, Gas e Dubois c. Francia ).
La sentenza della Cassazione n. 2332/2021 ha, inoltre, precisato che la legge n. 76 del 2016, pur riconoscendo la dignità sociale giuridica delle coppie formate da persone dello stesso sesso, non consente comunque la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore, poiché dal rinvio alle disposizioni sul matrimonio, contenuto nell’articolo 1 comma 20 la L. n. 76 del 2016, restano escluse, in quanto non richiamate, proprio quelle che regolano la paternità, la maternità e l’adozione legittimante.
Interessante anche il recente e ben motivato decreto del Tribunale di Arezzo del 10 novembre 2022 qui commentato che a conclusione di un giudizio promosso da due donne, che avevano fatto richiesta, che fosse esteso ad entrambe lo “status di madre” di due gemelli, ha affermato che “la mamma è una sola“, così prevede la legislazione vigente, pertanto, sull’atto di nascita non possono essere indicate due mamme, ma, soltanto colei che ha partorito il figlio.
Quale tutela ai figli nati dal desiderio delle persone dello stesso sesso?
Se, pertanto, da una parte, non rileva l’aspirazione della madre intenzionale ad essere genitore [perché] non assurge a livello di diritto fondamentale della persona (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 230/2020), resta, tuttavia, da esaminare, quale tutela dare ai figli nati dal desiderio delle persone dello stesso sesso.
È preliminarmente da evidenziare che l’ordinamento dello stato civile non consente di indicare altra figura genitoriale, oltre alla madre, che non sia il padre (cfr. art. 250 c.c.), pertanto, in tali casi la Suprema Corte in materia, ha ribadito l’orientamento costante, chiarendo che l’indicazione della doppia genitorialità non è da ritenersi necessaria a garantire al minore la migliore tutela possibile, atteso che, in tali casi, l’adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico e ciò alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost. n. 79 del 2022 (cfr. Cass. 22179/2022 ). E ciò anche nel caso in cui la compagna della partner sia madre “intenzionale“, essendosi limitata a prestare all’estero il consenso alla procreazione (eterologa) della madre, sia nella ipotesi in cui ella abbia anche donato l’ovulo e sia dunque legata al figlio da un rapporto genetico (cfr. Cass. n. 6383/2022).
Il miglior interesse del minore e il suo diritto alla bigenitorialità
A questo punto non rimane altro che valutare se l’intento dei “sindaci disobbedienti” a promuovere “l’esclusivo interesse dei minori” per mezzo delle trascrizioni sia fondato.
Come è noto il miglior interesse del minore è il principio cardine su cui si basa il diritto di famiglia. Collegato a tale principio vi è il diritto del minore alla bigenitorialità.
In tale prospettiva sono i due genitori, anche se non uniti in matrimonio, che hanno il dovere, prima che diritto, di istruire, educare e mantenere i figli ex art. 30 comma 1 Cost., e questi due genitori sono la madre ed il padre.
La Corte Costituzionale, sent. n. 230/2020 ha, infatti, sostenuto che una famiglia ad instar naturae — due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile — rappresenti, in linea di principio, il “luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato.
La genitorialità, infatti, è, secondo il nostro ordinamento, una dimensione di ruoli e di ruoli differenti, i quali, ai sensi del comma 2 art. 29 Cost., sono ordinati sulla eguaglianza morale e giuridica proprio perché differenti.
La genitorialità delle coppie same sex è conforme al principio della bigenitorialità?
In tale prospettiva, è necessario chiederci se anche la “genitorialità” nelle coppie same sex sia conforme al principio della bigenitorialità. Se il nostro ordinamento pone dei limiti al riconoscimento tout court della omogenitorialità è per il fatto che essa implica sempre e necessariamente la presenza di un terzo soggetto: a due donne deve aggiungersi un uomo, a due uomini deve aggiungersi — quanto meno — una donna.
Se pertanto il nostro ordinamento ha stabilito che alle tecniche di fecondazione assistita non possano accedere persone dello stesso sesso è per il fatto che, in tal caso, sarebbe leso il migliore interesse del minore, di qualsivoglia minore, perché ab origine lo priva o della mamma o del papà, ledendo il suo diritto fondamentale alla doppia figura genitoriale complementare e differente.
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