Il Covile anno XVI n.896 – 3 aprile 2016
Beati i popoli che hanno eroi quando ce n’è bisogno
Ufficiale: Comandante sono in trappola. Ripeto. Sono in trappola.
Comandante: Per favore ripetete e confermate.
Ufficiale: Mi hanno visto. Tirano da tutte le parti. Sono bloccato. Chiedo l’evacuazione immediata.
Comandante: Richiesta d’evacuazione accettata.
Ufficiale: Per favore sbrigatevi, mi restano poche munizioni. Sembrano dappertutto. Non posso resistere a lungo. Per favore sbrigatevi.
Comandante: Confermato. Tratteneteli. Continuate a rispondere. Andate in una posizione sicura. L’appoggio aereo arriva. Date le vostre coordinate.
Ufficiale: (fornisce le coordinate)
Comandante: (il Comandante ripete le coordinate) Confermate.
Ufficiale: Confermato. Per favore sbrigatevi. Ho poche munizioni, mi stanno accerchiando, i bastardi.
Comandante: Dodici minuti all’evacuazione. Tornate in una posizione sicura. Ripeto. Tornate in una posizione sicura.
Ufficiale: Sono vicini. Sono accerchiato. Forse è la fine. Dite alla mia famiglia che li amo tanto.
Comandante: Tornate alla linea verde. Continuate a sparare. I rinforzi stanno arrivando con dietro il supporto aereo.
Ufficiale: Negativo. Sono circondato. Sono tanti, i bastardi.
Comandante: Dieci minuti, tornate alla linea verde
Ufficiale: Non posso. Mi hanno accerchiato e si avvicinano. Vi prego sbrigatevi.
Comandante: Andate alla linea verde. Ripeto, tornate alla linea verde.
Ufficiale: Eccoli, arrivano. Vi chiedo un attacco aereo. Per favore. Sbrigatevi, questa è la fine. Dite alla mia famiglia che li amo e muoio combattendo per il nostro paese.
Comandante: Negativo, tornate sulla linea verde.
Ufficiale: Non posso. Comandante, sono circondato. Sono già qui. Non voglio che mi prendano e mi mettano in mostra. Sto chiedendo un attacco aereo. Derideranno me e questa uniforme. Voglio morire con dignità e che tutti questi bastardi muoiano con me. Vi prego è la mia ultima volontà, conduca l’attacco aereo. In ogni caso, mi uccideranno.
Comandante: Si prega di confermare la richiesta.
Ufficiale: Arrivano. E la fine, comandante, la ringrazio. Dite alla mia famiglia e al mio Paese che li amo. Ditegli che sono stato coraggioso e che mi sono battuto fino a quando non potevo più fare nulla. Abbiate cura della mia famiglia; vendicate la mia morte. Addio comandante, dite alla mia famiglia che le voglio bene.
Comandante: (nessuna risposta, ordina l’attacco aereo.)
E la trascrizione del dialogo per radio tra -l’ufficiale russo Alexander Prokkorenko e il suo comandante. Il 24 marzo 2016, circondato da jihadisti a Palmira, Siria, il venticinquenne ufficiale delle forze speciali ha richiesto di bombardare la sua posizione, al fine di non essere catturato dai nemici e portarli con sé nella morte. La missione del giovane «lupo» era quella di identificare le postazioni nemiche del califfato in vista dell’offensiva dell’esercito siriano. Alexander riceverà il titolo di Eroe della Russia, la più alta onorificenza del Paese. Era sposato da un anno e mezzo e la moglie Ekaterina è in attesa del primo figlio. Non sapeva che il marito fosse uno specnaz né che combattesse in Siria. Alexander, proveniente da una famiglia di militari — anche i fratelli appartengono ai corpi speciali — si era arruolato appena conclusi gli studi, entrando all’Accademia Militare di difesa aerea delle Forze Armate della Federazione Russa. In un mondo i cui i media diffondono le immagini di «crisis actors» Alessandro risplende non solo per il suo eroismo, ma per la sua verità.
* * *
È qualcosa di antico, e di eterno, nella vicenda di Alexander Prokhorenko e nelle sue ultime parole, e credo sia questo il motivo della commozione e degli elogi di cui è stato fatto oggetto dai militari, ma non solo, di tutto il mondo. Un antico e un eterno specificamente maschili: coraggio, dovere, dignità, sacrificio, onore, sono virtù (dal latino Vir — uomo) che in occidente stiamo dimenticando. Abbiamo deciso di gettarle nel sacco dei rifiuti del così detto patriarcalismo sessista e maschilista, in favore del pensiero debole e di un pacifismo assoluto e imbelle.
Cantiamo ogni giorno le lodi di un femminile che ci immaginiamo inclusivo, accogliente, pacifico, restio a prese di posizioni nette, ferme ed anche dure quando occorra, ma alla fine dobbiamo ammettere tutti (uomini e donne), che abbiamo perduto la cosa più importante per una società che voglia essere anche comunità.
La virilità cerca il dramma, è pronta ad accoglierlo […] innesca il cambiamento, o viceversa ripristina l’ordine quando la normale routine non è più sufficiente. La virilità è l’ultima carta da giocare prima di cedere alla rassegnazione,
scrive H. C. Mansfield nel suo libro Virilità. Il ritorno di una virtù perduta, Rizzoli, 2006. Di fronte agli attentati terroristici del fondamentalismo islamico in Francia e in Belgio, l’Occidente ha rivendicato il proprio stile di vita, la libertà di uscire di casa, di riunirsi per ascoltare musica o andare a teatro o al ristorante. Tutte abitudini piacevoli, senza dubbio, ma in nome delle quali nessuno mai si sognerà di rischiare la propria vita. Per farlo è necessario avere valori forti, proprio quelli che la modernità rifiuta; e infatti lascia il compito ai robot e ai droni.
Non credo affatto che in Occidente non esistano più uomini come Prokhorenko, ma solo che la società è non è più orientata a fare sbocciare quelle virtù e favorirne la pratica. E quando crede di farlo spesso le distorce.
Di Alexander Prokhorenko mi ha colpito l’aspetto di ragazzo normale, sorridente, financo un po’ goffo nell’uniforme che appare troppo ampia: nulla a che vedere con Rambo ed esibizioni muscolari insomma, ma forza prima di tutto interiore. Soprattutto, però, rimangono impresse le sue ultime parole: «dite alla mia famiglia che le voglio bene», dense di significati.
Il pensiero corre immediatamente allo struggente incontro fra Ettore e Andromaca sulle mura di Ilio, prima del duello mortale con Achille. Andromaca implora il marito di non lasciarla sola col piccolo figlio Astianatte, ma Ettore, che pure ama teneramente entrambi, non può acconsentire, perché è il suo destino di uomo che si deve compiere. Non però in nome di un dovere astratto, freddo, impersonale, e ancora meno per senso di hybrìs. Piuttosto per responsabilità e amore verso la sua comunità, e in definitiva anche verso la sua stessa famiglia.
L’una e l’altra, la comunità e la famiglia, non sono entità staccate, separate, che vivono di vita propria indipendentemente l’una dall’altra o peggio in reciproca concorrenza o contraddizione. Ettore sa che se non adempisse al suo dovere pubblico, non saprebbe più adempiere neanche a quello privato, non sarebbe più veramente in grado di dare alla moglie ed al figlio quello che un marito e un padre è chiamato a dare. Ed in fondo anche la stessa Andromaca, pur nel dolore, ne è consapevole, allo stesso modo di Penelope nei confronti di Odisseo.
Il guerriero, il marito e il padre Ettore sono un tutt’uno, l’una funzione si fonda sulle altre e tutte insieme fanno di un maschio un uomo integrale definendosi reciprocamente. Per questo Ettore è l’eroe forse più luminoso del poema omerico e dell’intero Occidente. «Dite alla mia famiglia che le voglio bene», sono parole che fanno meditare anche in altro senso. L’uomo è chiamato alla guerra, al dovere, all’ubbidienza, al segreto, al rischio, al pericolo, all’onore, dentro di se’ ha l’avventura e l’erranza. Ma nel momento estremo, comunque e ovunque accada, prima e oltre a tutto questo ma non in contraddizione, l’ultimo umanissimo pensiero è per gli affetti privati, i più intimi e personali: la giovane moglie, il figlio in arrivo.
Come se la morte restituisse alle cose il loro ordine naturale: non la vita in funzione della guerra, ma la guerra in funzione della vita. E per questo, credo, che la vicenda del giovane uomo Alexander Prokhorenko, ha destato tanta ammirazione e commozione. Noi siamo ormai individui moderni, sofisticati, emancipati, liberati, ma sentiamo ancora immensa, segreta nostalgia per quello che stiamo lasciando perire in noi, e oscuramente capiamo che se tutte le virtù antiche evocate dalla vicenda di Alexander Prokhorienko saranno definitivamente perdute, tutto sarà perduto, e la nostra civiltà morirà.
(A. E.)
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Bisogna anche dire una cosa certo incredibile, ma vera: sono morti vincendo. infatti quelli che sono i premi di vittoria per gli uomini valorosi, libertà ed eroismo, entrambi toccano in sorte ai caduti. […] di coloro che muoiono gloriosamente nelle guerre nessuno potrebbe dire che sono stati sconfitti: infatti, per fuggire la schiavitù, scelgono una morte gloriosa.
Licurgo. Elogio dei caduti di Cheronea.