di Franco Cardini
NELLE recenti polemiche a proposito della bandiera italiana, mi ha consolato un fatto interessante: pare che si sia ricominciato a prestare ai simboli l’attenzione che essi meritano. Certo, può essere ormai poco importante stabilire se davvero nel verde adottato dalla Repubblica cisalpina per far da sostituto al blu in una bandiera che da vicino ricalcava quella francese vi sia stata o meno un’ispirazione massonica: ma, da un punto di vista di consapevolezza storica, la cosa ha pure un suo rilievo.
Non vi turba forse un po’ il fatto che l’aquila austriaca porti ancora fra i rostri la falce e il martello, specie se paragonate la cosa con la rapidità con cui il regno di Spagna ha cancellato dalle sue insegne l’aquila di san Giovanni, le frecce e il giogo, tutti simboli collegati con il franchismo o compromessi con il falangismo (i due termini non sono sinonimi) per quanto avessero un mezzo millennio di storia? E non vi turba il legame — che obbiettivamente esiste – fra il garofano rosso dei socialisti italiani e quello che era fino a pochi mesi fa il simbolo più diffuso del comunismo della Germania orientale, anche se per il Psi qualche anno fa l’adozione del garofano significò lo sganciamento dalla falce e martello?
E non vi siete mai neppure una volta soffermati a notare come esista un dialogo cromatico – scandito dai tre colori rosso, bianco e azzurro – tra Inghilterra, America e Francia? E come nella tradizione tedesca dell’ultimo secolo la polemica tra i colori rosso-bianco-nero e rosso-giallo-nero sia violenta, e – nata come contesa tra Asburgo e Hohenzollern nella leadership sulla Confederazione tedesca – si sia evoluta come confronto fra due anime della Germania, una autoritaria e una democratica?
Mesi fa. al Politecnico di Milano, notai che i Cattolici popolari usavano festoni tricolori bianco-giallo-azzurri, e pensai che essi avevano accoppiato i colori vaticani con i colori di Maria. Fui assicurato che invece si trattava di colori casuali, scelti perché stavano bene insieme. Non me ne convinsi.
Difatti, i simboli non sono mai casuali. Ad esempio, avrete notato che sulle ambulanze ormai la croce (rossa, verde, azzurra o di altro colore: nei Paesi musulmani si usa la mezzaluna rossa) non c’è più. Essa è stata sostituita da un disegno a forma di asterisco azzurro, una specie del risultato della sovrapposizione di una I a una X. Ne risulta un disegno che non è lontano dal chrismon bizantino, il monogramma di Gesù Cristo; ma che ha tutt’ altro significato. Mi dicono che in America quel disegno ha molto successo presso gli ebrei, perché il suo aspetto di stella a sei raggi ricorda la stella di David e i suoi colori, il bianco e l’azzurro, sono gli stessi di Israele.
Se gli ebrei americani pensano questo, sono lieto per loro: ma debbo segnalare non solo che si contentano di poco, ma che rischiano di cadere in una spiacevole e pericolosa gaffe. In effetti, quel segno in apparenza innocuo ha un’antica tradizione runica. Esso è il risultato di due lettere sovrapposte, dal disegno identico ma l’una uguale all’altra rovesciata. Si tratta delle due rune dette «della vita» e «della morte» (la seconda è celebre da quando è divenuta l’emblema del movimento antiatomico e più in generale pacifista)
Il lato che gli ebrei americani potrebbero trovare spiacevole è che quei simboli venivano abitualmente usati dai servizi medici e assistenziali nazisti.
Non temete. Non intendo affatto dedurre che il nuovo simbolo delle ambulanze sia qualcosa di nazista. Esso proviene comunque da una tradizione americana e nordeuropea che ci è estranea; ed è impiegato sistematicamente e scientemente per obliterare la croce. Un altro tassello del mosaico della scristianizzazione del mondo e del nostro immaginario. Sappiate ciò, e vigilate.